Società e squadra, è un'Atalanta da scudetto

Dire che l’Atalanta è da scudetto ormai è diventato un luogo comune. Dopo magari non lo vincerà, perché l’Inter comunque va ancora considerata la squadra più forte, più completa, più quadrata, più consapevole della propria superiorità. E perché la serie di vittorie consecutive, adesso siamo a nove in campionato, record eguagliato, è destinata prima o poi inevitabilmente a interrompersi e bisognerà vedere se quando questo succederà vi saranno contraccolpi sulla fiducia e l’autostima del gruppo. E perché non sempre accadrà che la magia dei cambi di Gasperini funzioni sia quando è l’ultimo subentrato a mettere il sigillo su una vittoria , sia quando a determinare il successo è il giocatore che sta per essere sostituito, ma al quale è concessa l’ultimissima azione, l’ultimissima opportunità . Epperò, la sentenza non è più appellabile: l’Atalanta è ormai una consolidata big della Serie A e questa può essere davvero la stagione buona. Con la costante di una invidiabile gestione del club da parte della famiglia Percassi e dei nove anni di lavoro del Grande Gasp, davvero può essere portato al massimo compimento un ciclo eccezionale, in ogni caso destinato, comunque vada a finire quest’anno, a non concludersi. Perché non solo questa squadra è adesso da scudetto, ma è la società, Atalanta Bergamasca Calcio, a essere diventata una società da scudetto: adesso, ma anche nel prossimo futuro. C’è un oggi e c’è ancora un domani. Un ruolo, in questo processo di maturazione, lo hanno giocato pure molti calciatori. Il Papu Gomez, Ilicic e Zapata nel corso degli anni sono forse stati i più amati. Ma altri, per il club, sono stati ancora più determinanti. Qualche nome. Hojlund, Kulusevski, Romero, Gosens, Diallo, Gagliardini, Conti, Castagne, Kessie, Caldara. In ordine di importanza. Economica, non strettamente calcistica. Solo loro dieci hanno portato nelle casse dell’Atalanta, durante l’era Gasperini, 256 milioni, 789mila e 191 euro, giusto per essere precisi: dagli oltre 53 milioni per la cessione del centravanti danese al Manchester United ai quasi 15 per il passaggio alla Juventus dei difensore oggi tornato finalmente a giocare con continuità al Modena, dopo aver combattuto con i tanti infortuni che ne hanno condizionato la carriera. Oltre 256 milioni di sole plusvalenze. Senza contare quanto questi giocatori hanno dato pure in campo, esaltati dagli insegnamenti del loro tecnico e dal gioco della squadra, visto che non tutti, una volta lasciata Bergamo, hanno saputo confermarsi a quei livelli. Ma abbiamo ricordato soltanto le dieci maggiori plusvalenze dell’intera storia del club nerazzurro. In totale, secondo i calcoli di Calcio e Finanza, dal 2010, cioè da quando la famiglia Percassi è al timone della società, è stato sfondato il muro del mezzo miliardo di plusvalenze realizzate grazie alla cessione di giocatori: esattamente 508.260.678 euro. A testimonianza della capacità, confermata anno dopo anno, di scovare talenti grezzi a buon mercato o di formarli direttamente in quello che da tempo è uno dei migliori settori giovanili d’Italia, di farli maturare, di sfruttarne le doti e poi di lasciarli partire, ma a caro prezzo, e senza indebolire il valore della nuova rosa. Grazie a un mix formidabile di professionalità: dalla proprietà al management, dai tecnici del vivaio agli scout, dagli uomini che si occupano direttamente del mercato allo staff di mastro Gasperini. La crescita continua dell’Atalanta, da provinciale, per quanto di fascia alta, ma talvolta costretta a passare dal purgatorio della Serie B, a importante club internazionale, detentore dell’Europa League e protagonista in Champions, non è tuttavia soltanto frutto del Player Trading, come si dice. Nei 14 anni della gestione Percassi e soprattutto negli ultimi 9 anni con Gasperini la progressione è stata formidabile a tutti i livelli. È sempre più forte la squadra. È sempre più solida la società. Nelle scorse settimane ha chiuso in utile il nono bilancio consecutivo. Un record anche questo. Si usa dire che vincere aiuta a vincere. Ebbene, non solo in campo, se si è bravi e lungimiranti amministratori. Vincere aiuta anche a diventare più ricchi. Basta non dissipare in operazioni avventate le nuove risorse che i successi sportivi fanno affluire. Oggi l’Atalanta ha un fatturato di oltre 242 milioni di euro, le plusvalenze nell’ultimo bilancio costituiscono un po’ meno del 30% dei ricavi, la voce principale sono le entrate da diritti tv alimentate dai premi Uefa. Per capire meglio cosa significano questi numeri, vale sottolineare che Fiorentina e Torino, due club che hanno storia e tifoserie più ‘pesanti’, sono ferme rispettivamente a 199 milioni di ricavi la Fiorentina, che negli ultimi anni ha comunque partecipato alle Coppe europee, e a 101 milioni il Torino. Queste nuove importantissime entrate l’Atalanta non le brucia. Basti pensare al fatto che è in piena lizza per il titolo, ed è entrata a far parte delle grandi d’Europa, pur avendo l’ottavo monte stipendi della Serie A. Spendono di più per pagare i giocatori, nell’ordine, Inter, Juventus, Milan, Roma, Napoli, Lazio e Fiorentina. Anche il prossimo esercizio, 2024-25, è previsto possa chiudersi in utile. Tutti i parametri sono eccellenti. Il patrimonio netto del club è di 196 milioni. Dato eccezionale se si considera che il patrimonio netto aggregato dell’intera Serie A è di poco superiore ai 200 milioni. E ancora. In un calcio spesso strozzato dai debiti, il club bergamasco ha una posizione finanziaria solidissima. Gli unici debiti sono quelli contratti per gli investimenti immobiliari. Sì, perché l’Atalanta le sue risorse non le impiega soltanto per comprare e stipendiare i calciatori, ma in questi anni ha pensato anche al futuro e a patrimonializzare la società, investendo circa 120 milioni sullo stadio nuovo e una ventina per rinnovare e ampliare il Centro Sportivo. Nel frattempo è stato il secondo club italiano, dopo la Juventus e prima del Milan, a varare la seconda squadra, la Under 23, prezioso serbatoio di formazione di prossimi titolari o comunque di giocatori che possono poi essere ceduti con grande beneficio per le casse sociali, come da esperienze di tutte le big europee. E non solo. I Percassi hanno compiuto l’ennesimo capolavoro attirando l’interesse di un gruppo di investitori americani, cui hanno ceduto il 55% del club per 275 milioni, mantenendo però il diritto di continuare a gestire la società. Eccco perché lo scudetto, se dovesse arrrivare, a questo punto non sarebbe più una sorpresa. “Vinceremo, vinceremo, vinceremo il tricolor” non è soltanto l’illusorio coro di una notte bergamasca di fine autunno. È un sogno che può diventare realtà. Chiamatela ScuDea.

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