Lazio, non 6 da scudetto. Ma c'è un alibi...

Se la partita contro i nerazzurri doveva dire se un upgrade alle ambizioni e agli obiettivi fosse possibile, la risposta è stata netta e inequivocabile. Non è stata certo costruita per questo, ma risultati, rendimento e classifica qualche ‘pensiero stupendo’ lo aveva fatto venire dalle parti di Formello. E invece la notte contro l’Inter si è trasformata nella peggior sconfitta casalinga nella storia del club. All’Olimpico, la Lazio aveva costruito fin qui le proprie fortune: 9 vittorie e 2 pareggi. Davanti ai propri tifosi i biancocelesti erano imbattuti da 17 partite, l’ultimo ko a marzo contro l’Udinese, la partita che portò alle dimissioni di Sarri. Tre le poche note liete della serata, l’ideale abbraccio dello stadio ai giocatori a fine partita. Non certo per la prestazione ma per il percorso fatto fin qui. Già, perché i 90 minuti contro l’ex Inzaghi vanno dimenticati in fretta. Non sempre la sostanza conta più della forma, perché perdere contro l’Inter può essere nell’ordine delle cose. Ma incassare sei gol lo è un po’ di meno. Non sposta di una virgola quanto di straordinario fatto fin qui dalla Lazio e non offusca il lavoro di Baroni ma sarà materia di analisi per l’allenatore. Un approfondimento iniziato già nell’immediato postpartita e proseguito anche nel giorno di ripresa a Formello. In esame soprattutto quei 12 minuti a cavallo dei due tempi in cui la sua squadra si è sciolta. Ha ceduto di schianto; non era mai successo. Il crollo non è stato tattico - la scelta degli uomini e il sistema di gioco sono marginali - ma mentale: basti vedere come la Lazio è rientrata in campo nella ripresa. Il linguaggio del corpo diceva molto; il quarto gol incassato ne è il manifesto. Alibi nessuno ma qualche attenuante a Baroni andrebbe data: l’uscita dal campo di Gila prima del tracollo; l’ingresso a freddo di Gigot , anche lui poi costretto a chiedere il cambio; nella ripresa ha dovuto adattare Marusic nel ruolo di centrale poiché Romagnoli era out, come Vecino. Soprattutto il forfait dell’uruguaiano è stato pesantissimo, almeno per il piano gara che aveva in mente l’allenatore. Il retroscena Il retroscena è che Baroni ha sperato fino all’ultimo di avere il centrocampista a disposizione perché avrebbe voluto sfidare l’Inter cambiando sistema di gioco. Un attaccante in meno, un centrocampista in più e squadra disegnata in campo con 4-3-3. Con Vecino avrebbe fatto così, ma il cambio di sistema rimarrà attuale in vista della trasferta di sabato a Lecce. Baroni proverà a ripartire proprio da una delle piazze che gli ha permesso di fare il grande salto: ora è lassù in Italia e in Europa non per caso. Non può una partita scalfire le certezze costruite con merito in quattro mesi. E tra le tante virtù mostrate c’è anche la grande capacità dei biancocelesti di sapersi rialzare: è già successo dopo ognuno dei 4 ko stagionali prima dell’Inter; anzi le strisce positive o le vittorie più esaltanti sono arrivate proprio dopo i passi falsi. Ricordate? 4 vittorie consecutive dopo la sconfitta Firenze, addirittura 7 dopo la Juventus, i due successi contro il Napoli e ad Amsterdam dopo la frenata di Parma. Baroni può ripartire da qui.

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Matteo Petrucci