Rap & gol, in studio di registrazione con Moise Kean

Una lunga e stretta rampa di scale porta all’ingresso di un bilocale insonorizzato, riflessi di luce illuminano le pareti, un vetro divide le due stanze, entrambe addobbate da strumenti musicali. Tra tastiere, chitarre, microfoni, cuffie, computer e ben tre producer musicali sbuca improvviso e sincero il sorriso dell’attuale centravanti della Fiorentina 5^ in classifica, quello da 14 gol in 21 partite nella prima metà di stagione. Moise Kean si muove nello studio di registrazione come fosse l’area di rigore, come chi sa esattamente dove deve posizionarsi all’interno di quello spazio. E’ a casa, è in una comfort zone assoluta e questo emerge al primo sguardo dal suo linguaggio del corpo. E’ in questa piccola oasi di Montemurlo – provincia di Prato – che ha finito di mixare il suo primo album da cantante. Il disco si chiama “Chosen”, non un tributo a Lebron James ma piuttosto una semi-citazione. “Nella mia zona mi hanno sempre chiamato il prescelto, per loro sono un’icona”, dice con il ghigno di chi ti sta sbattendo in faccia la consapevolezza. Qui e nelle frasi successive il linguaggio è da rapper puro, come se avesse switchato registro vocale adattandolo al contesto. Moise parla di “banger”, di “freestyle”, di “barre”, di “beat”, puro dizionario della musica rap e degli ambienti underground. La stessa parola “zona”, utilizzata poco prima, è molto ricorrente nel linguaggio della musica di strada. Ed è da lì che Kean viene. Il ragazzo solitamente timido e – diciamolo – anche non particolarmente prolisso, che parla mal volentieri di calcio nei postpartita davanti alla telecamere, lascia spazio ad un rilassato 24enne che racconta in modo naturale la sua passione. “Quando ero piccolo con i miei amici nella zona facevamo tutto il tempo questo, calcio e musica. Per esempio: due giocavano una partitella 1 vs 1 e altri due si mettevano lì di fianco a fare freestyle sul beatbox. Poi ci invertivamo. Passavamo così gran parte delle nostre giornate, era la nostra vita quotidiana”. Le due cose – calcio e musica - sono unite e separate allo stesso tempo per Moise. Il bomber che arriva allo stadio ascoltando trap e dopo i gol balla il griddy, esultanza ispirata dal wide receiver dei Vikings Justin Jefferson, è lo stesso che nel suo album in 11 canzoni non parla mai di calcio, neanche per un secondo. Davanti al microfono, con la base sotto, Moise Kean diventa KMB . E KMB ci tiene a tenere le due cose ben separate. Piuttosto all’interno del suo sound porta altri pezzi di vita. Dal beat di un vecchio pezzo afro , che gli faceva ascoltare mamma Isabelle, ivoriana, a influenze americane di alcuni dei suoi rapper/trapper preferiti, tutti provenienti dagli States. Prima di pubblicare l’album però, Kean si è confrontato con qualcuno di molto più vicino: Shiva. E’ stato il rapper milanese da milioni e milioni di stream infatti a dargli la spinta decisiva per far uscire la sua musica. Un album che Kean ha iniziato a scrivere da giocatore della Juventus, durante uno dei periodi più difficili della sua carriera. A Torino – dove tornerà da avversario il prossimo 29 dicembre con la maglia della Fiorentina – Kean ha sofferto tanto nella passata stagione, conclusa con 0 gol e appena 650 minuti giocati. “Avevo grandi aspettative al mio ritorno alla Juventus, ma ci sono state tante scelte che non mi sono piaciute e che mi hanno tirato giù di morale. Mentalmente non c’ero più ma nonostante fossi nella squadra in cui sono cresciuto nessuno mi ha aiutato a uscirne, me la sono dovuta cavare da solo”. E’ in quel momento che la musica è diventata un rifugio per Moise, una compagna fedele di ogni giornata, un suono capace di riempire il silenzio senza diventare mai rumore. Anche in quei momenti è nato “Chosen”, disco da undici tracce che parte con un’altra citazione, un’intro dal nome “I Was Born a Winner” che riprende un vecchio pezzo reggae di Freddie McGregor e sul quale Kean ha voluto la voce di un capitano di volo che chiede ai suoi passeggeri di allacciare le cinture in vista di un viaggio: il viaggio nella sua musica. “Scrivo spesso in aereo le mie canzoni, durante i viaggi con la squadra. In quei momenti immagino come sarà il posto dove atterreremo e questo stimola la mia fantasia. Mi piaceva aprire il disco dando questo senso di un viaggio alla scoperta di una parte nascosta di me”. Uno dopo l’altro, ascoltando i pezzi, ci si rende conto che niente è forzato, che il rapporto tra Kean e la musica è molto naturale. Anche guardandolo sul palco nella serata di presentazione dell’album, sembra di vederlo a suo agio come con divisa e tacchetti. Non stona, in tutti i sensi. C’è la chiara percezione che la musica faccia parte di lui. Una passione che Kean ha condiviso negli ultimi anni anche con l’amico Rafa Leao, al momento assente nel primo album ma possibile feat. per progetti futuri ai quali i due starebbero lavorando insieme. Mentre le casse dello studio di registrazione pompano la sua musica, Moise Kean, seduto di fianco a uno dei suoi producer, si fa trascinare dal sound bisbigliandone i testi. Osservandolo ci si rende conto di una cosa complicata e semplice allo stesso tempo: è felice. Ed è questo che deve uscire da quello studio, con la spinta più potente possibile, per cercare di abbattere di slancio uno dei tanti clichè del calcio. Calcio e musica possono coesistere. Un calciatore professionista può coltivare una passione extracalcistica senza che questo influisca sulle sue prestazioni. Bisogna fare uno step mentale e accettarlo. Oggi il mondo di Kean racconta della prima doppia cifra raggiunta in carriera in Serie A grazie al gol segnato contro l’Udinese e nello stesso mese – dicembre – dell’uscita del suo primo disco da cantante. Oggi Kean ha segnato 14 gol in 21 partite con la Fiorentina ed è il terzo miglior marcatore della Serie A con 10 gol, dietro Thuram e Retegui a 12. Oggi sembra tutto così perfetto da far sì che il suo impegno sulla musica passi quasi inosservato. Ma domani potrebbe non essere così. Domani potrebbero arrivare di nuovo periodi difficili, digiuni o infortuni, circostanze cicliche nella carriera di un calciatore. E’ in quei momento che bisognerà rimanere lucidi e capire che la colpa di tutto ciò difficilmente potrà essere della musica. Talmente lucidi da rendersi conto che – al massimo, come già successo – la musica potrà aiutarlo a trovare la via d’uscita dal buio. “Perché se c’è una cosa che ho imparato è che dopo il buio c’è sempre la luce. E io sapevo che sarebbe arrivato il mio momento”. Un bagliore viola tra rap & gol, festeggiato a passo di griddy.

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