Materazzi: "Questa Inter può vincere la Champions. Mi rivedo in Bastoni e Barella"

Un altro campione del mondo entrato nel trip della bici. Dopo Fabio Cannavaro e Fabio Grosso, è toccato a Marco Materazzi. Dal ‘muro di Berlino’ ai muri, intesi come salite, che circondano Perugia, l’ombelico del mondo di Matrix, che tra un viaggio e l’altro in giro per il mondo - prima in Qatar a seguire il gran premio di Formula 1, poi a Rio per la partita di addio di Adriano, quindi in Arabia come ambasciatore della Lega in occasione della Supercoppa - ci ha regalato qualche spunto. Dalla lotta scudetto alla Champions, con la ‘sua’ Inter sempre in pole position: “In Italia è la squadra più forte, ha più qualità di tutti, ma occhio al Napoli che, oltre a non giocare le coppe, ha un grande allenatore. E l’Atalanta che può essere la mina vagante e ripercorrere le orme del Leicester. Per il resto vedo l’Inter matura anche per vincere la Champions, dopo la finale di Istanbul è consapevole di poter lottare con chiunque”. Nessun paragone con l’Inter del triplete, dove per Materazzi ci sarebbero stati bene in diversi: “Calhanoglu, Barella, Bastoni e Lautaro. L’unico problema con Barella sarebbe stato il numero di maglia , ma Nicolò è bravo, me l’avrebbe lasciato”. E Materazzi nell’Inter attuale? “Non avrei trovato spazio, c’è Bastoni”, scherza, intravedendo il suo erede nel mix tra Barella e lo stesso Bastoni e applaudendo il lavoro di Simone Inzaghi: “La sua vera fortuna è non essere andato a Salerno e aver avuto l’opportunità di allenare la Lazio, visto che Bielsa non ci andò. Ma non ha rubato niente. Ha fatto tesoro di uno scudetto perso e l’anno scorso ha condotto la squadra a vincere la seconda stella in maniera trionfale”. Per l’attaccamento che Matrix ha sempre manifestato, viene spontaneo chiedersi perché l’Inter, che dal suo addio al calcio ha cambiato tre proprietà e altrettanti presidenti, non lo abbia mai coinvolto con un ruolo dirigenziale o di campo. “Io non ho rimpianti e non ne faccio una malattia, mi basta essere tifoso dell’Inter. Ho sempre rispettato le scelte di ogni dirigente. Anche se facendo mente locale mi sarei visto più allenatore, al lavoro sul campo con i più piccoli, per trasmettere i valori dell’Inter”. Non solo Inter, però. La nostra pedalata sulle colline intorno a Perugia è stata il pretesto per allargare il campo ad altri temi, più o meno cari a Marco, che per esempio avrebbe visto bene Del Piero candidato alla presidenza della FIGC. “Non mi dispiacerebbe affatto. Non ho mai distinto se Alex fosse più forte come giocatore o intelligente come persona. Conosce bene il pianeta calcio, potrebbe avere qualche buona idea, ha accumulato esperienze all’estero, ha vissuto in America, ha giocato in Australia e in India, è una bandiera della Juventus, ha vinto tutto. Lo vedrei proprio bene in quel ruolo”. L’ex compagno che lo ha sorpreso di più nei panni dell’allenatore è Gattuso, “ha la stessa fame di quando giocava”, non lo ha sorpreso Ibrahimovic nelle vesti di dirigente: “sta cercando di costruire qualcosa di importante al Milan, spero che ci rimanga a lungo; i risultati diranno se ha fatto bene o male”. E, a sorpresa, tende la mano a Zidane: “Mai più incrociato in 18 anni, poteva capitare alla proiezione del film su Marcello Lippi dove lui era presente, ma io ero in Cina e purtroppo non sono rientrato in tempo, ma gli stringerei la mano senza problemi, perché no? Lo porterei a fare un giro in bici, io con l’elettrica, a lui lascerei la muscolare” scherza, ma non troppo. “Per me comunque non sarebbe stato un problema stringergli la mano anche il giorno dopo , ripensandoci sarebbe stato un bene per tutti”. Sempre sincero, senza filtri, a petto in fuori. Come ai tempi d’oro.

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