Van Basten è stato il miglior numero 25 della storia del calcio

La maglia del Milan numero 9 con il nome “Van Basten” scritto sopra non è mai esistita. Ma la cosa più strana è forse un’altra. L’unica maglia rossonera personalizzata del Cigno olandese fu quella con il 25. La memoria, lo sappiamo, può giocare brutti scherzi. Spesso viviamo di convinzioni radicate su chissà quali elementi, finché non scopriamo che si tratta solo di illusioni. Chiariamo subito, Van Basten con il 9 del Milan sulla schiena l’abbiamo visto tutti, non è stato un’allucinazione collettiva. Solo che quella maglia non era “solo sua”. Nell’epoca delle casacche non ancora personalizzate, la 9 andava a uno degli undici in campo e così se non era MVB a indossarla poteva finire sulla schiena di un altro: Virdis preferibilmente, ma anche Massaro o Donadoni. Insomma, la "Van Basten 9" rossonera siamo tutti convinti di averla vista ma in realtà non c’è mai stata. La "Van Basten 25" invece sì. Anche se per due mesi. Anche se mai indossata. Forse nemmeno mai stampata. Ma ufficialmente è esistita. Questi i fatti. Nell’estate 1995, seguendo l’esempio della Football Association inglese che già la utilizzava , viene adottata anche in Italia la numerazione fissa sulle maglie dei calciatori. Dall’1 al 99, a ognuno il suo, e cognome stampato sopra al numero. Nascono le maglie personalizzate, con conseguente spinta al merchandising dei club. È giugno quando le squadre sono chiamate a rendere nota la numerazione ufficiale che vorranno adottare in stagione. In quel mese, giusto per fare alcuni esempi di casacche entrate poi nel mito, si stampano per la prima volta la 4 nerazzurra di Javier Zanetti, la 10 della Juve di Del Piero e quella blucerchiata di Mancini, la 9 viola di Batistuta, la 11 di Signori alla Lazio. E non mancano alcuni “errori” storici: Francesco Totti ha il 20 alla Roma , mentre il primo 10 “ufficiale” della storia del Napoli sarà Fausto Pizzi. Pippo Inzaghi è alla sua prima stagione in A: al Parma ha un 16 che sa poco di bomber, mentre il 9 è finito sulla schiena di Massimo Crippa. E il Milan? Franco Baresi alza un braccio e fa suo il 6. Diventerà ufficialmente il suo marchio. Paolo Maldini lo imita con il 3. Ma la 9 del Milan non è di Van Basten. Marco Van Basten ha saltato completamente le ultime due stagioni, la sua ultima apparizione in campo risale alla finale di Champions persa contro l’Olympique Marsiglia: 26 maggio 1993. Pochi giorni dopo, il 3 giugno, è finito sotto i ferri del dottor Martens, che gli apre per la quarta volta la caviglia destra nel tentativo di rimediare ai precedenti errori del collega Marti. Subito dopo Van Basten sposa in stampelle la sua Liesbeth e torna a sperare. Quello che accade nei due anni successivi l’ha sintetizzato bene lo stesso Van Basten nella sua autobiografia, “Fragile”: “Sono stato dappertutto, medici, fisioterapisti, agopuntori, lettori dell'aura, medium, podologi, ipnoterapisti, pranoterapisti... Chi più ne ha più ne metta. Ho avuto una serie infinita di consigli in campo medico, alternativo e magico. Ma nessuno ha saputo alleviare il dolore. Tutti hanno cercato di aiutarmi, con tanta buona volontà. Tranne due chirurghi che si credevano un po' troppo importanti. E giocavano a fare Dio”. Un tifoso del Milan offre la propria cartilagine per un trapianto, nessuno vuole arrendersi all’idea di non rivederlo più danzare in campo. Meno di tutti Berlusconi e Galliani, che anche nell’estate 1995 – con Van Basten in infermeria da due anni – credono, o forse vogliono credere, ancora in un suo miracoloso rientro e a giugno non solo lo inseriscono in rosa, ma gli assegnano anche il numero di maglia. Ovviamente il Milan si è tutelato sul mercato: sono arrivati George Weah e Roberto Baggio , e probabilmente Berlusconi li sogna in un tridente con il suo Marco. La scelta del numero personalizzato regala altre piccole chicche in casa Milan. Marco Simone fa valere la sua anzianità e mette le mani sul 23: il giovane Massimo Ambrosini è appena approdato a Milanello e dovrà attendere prima di poter omaggiare il suo idolo Michael Jordan. Lentini prende un “cruyffiano” 14, Paolo Di Canio il 7, Boban il 20 che è il classico “ripiego” di chi è 10 inside. Ed eccoci a Van Basten: il suo 25 dura appena due mesi. A giugno la compilazione della lista e ad agosto – il 17 – la conferenza con l'annuncio del ritiro, seguita il giorno dopo dal giro di campo per salutare il pubblico di San Siro prima di un Trofeo Berlusconi: jeans, camicia rosa, giacca “di renna” scamosciata. Chissà se se l’era scelto proprio lui, quel 25. Un 25 aveva segnato il suo gol più bello di sempre nella finale degli Europei vinti con un improbabile 12 dell’Olanda sulla schiena. Un altro 25 ne aveva fatti quattro in un colpo solo al Goteborg in Coppa dei Campioni . Venticinque erano stati i gol che l’avevano portato al titolo di capocannoniere nella stagione 1991/92, l’ultima giocata al massimo del suo splendore. Oggi possiamo dirlo senza timore di offendere nessuno: il 25 più nobile del calcio è stato Marco Van Basten.

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