I retroscena degli 8 folli giorni di Conceiçao al Milan. Tra tachipirine, sigari e regole

Fino al 70esimo minuto della semifinale contro la Juventus il nuovo Milan di Sergio Conceicao aveva già quasi pronte le valigie. Troppo pochi 5 giorni per preparare una partita, figurarsi una a eliminazione diretta contro una delle migliori squadre del campionato. Poi qualcosa è svoltato, così come nella finalissima contro i 'cugini' dell'Inter. Stavolta, invece che dal 70esimo come nella semifinale, la scossa è arrivata all'inizio del secondo tempo, quando la squadra si trovava già sotto di due gol. Lavorando soprattutto sulla testa , ripartendo per forza di cose dalle certezze, traducibili con il terzetto Pulisic, Theo, Leao. Dire che la stagione del Milan abbia già svoltato è forse troppo, ma in 8 giorni Sergio Conceicao ha portato luce sulle ombre rossonere. In poche mosse, il Milan è ripartito. La destinazione è ancora sconosciuta, ma intanto in bacheca c'è una coppa in più. Il cinquantesimo trofeo della storia del Milan. A prescindere da come andrà da qui a giugno, Conceicao ha già scritto un piccolo record, ripescato dagli archivi storici del club. È infatti l’allenatore del Milan che ha impiegato meno tempo per vincere un trofeo: all'ex Porto sono bastati 8 giorni per mettere la Supercoppa in bacheca. Battuto il primato societario che resisteva dalla stagione 1978/1979, quando Nils Liedholm vinse lo Scudetto al primo anno della sua seconda esperienza sulla panchina rossonera. Già, strana la tempistica: Conceicao il 30 dicembre sbarcava al Prime di Linate, volo diretto da Porto. Otto giorni dopo è sbarcato al Prime di Malpensa, stavolta da Riad, dopo aver battuto Juve e Inter. In rimonta. Un volo Porto-Milano-Riad-Milano tutto d'un fiato, con una Supercoppa in mano però. “E per fortuna che Conceiçao aveva la febbre, altrimenti chissà quanti televisori avrebbe rotto”. Parola del ‘plenipotenziario’ Zlatan Ibrahimovic, che ha regalato un piccolo spezzone di quello che è successo nell’intervallo della semifinale contro la Juventus. Poco importano i malanni, in campo si deve dare tutto. Da 6 giorni Conceicao ha la febbre altissima: lui, così come mezzo spogliatoio . Gli occhi lucidi dopo il triplice fischio di Sozza erano lì, a favore di telecamera, ma chissà che non fosse anche un effetto dell’influenza. Il dottor Mazzoni, medico del club, l’ultimo giorno era in difficoltà perché avevano finito le scorte di Tachipirina che avevano portato in Arabia Saudita. Mai avrebbero potuto pensare a un'epidemia così corposa. Con il senno del poi il suo "Sto facendo la conferenza stampa con 39° di febbre" si prende una piccola pagina di storia del club. Il tono è stato chiaro fin dal primo giorno, le regole anche. ‘Regime’ Conceicao. Pochi fronzoli. La sera del 31 dicembre i rossoneri sono arrivati da Milano all'hotel di Riad alle 23 locali . Cena e tutti in camera. C’era moltissima tensione, nessun brindisi, nessun countdown di mezzanotte, nessun motivo per festeggiare. Il capodanno 'italiano' ogni membro della squadra l’ha trascorso nella propria camera, probabilmente al telefono o in videochiamata con le proprie famiglie. Festeggiamenti rimandati alla sera dell'Epifania, quando il Milan ha sollevato la Supercoppa. Allenamenti duri. Spesso doppi. Le riunioni tecniche sono state fatte post cena: 21.30 come minimo. E di almeno un’ora. Con tutta la squadra. Per provare a sfruttare ogni istante. Una full immersion per entrare nella testa dei suoi, consapevole del poco tempo per lavorare sul campo. Niente giochi, svaghi e PlayStation. E oggi la squadra è come se dipendesse dal nuovo allenatore, che ha indicato una nuova strada. Meno legata alla tattica, e più legata al coraggio e alla testa. Impossibile trascurare l’aspetto caratteriale. La squadra sentiva evidentemente l’esigenza di un allenatore autorevole. Da quanto è filtrato in questa prima settimana Conceicao è autorevole, ma non autoritario, differenza sottile ma fondamentale. Ha messo delle regole, le sue regole. E ha tutta l'intenzione di farle rispettare. Probabilmente era la scelta che la dirigenza avrebbe dovuto fare a giugno per il post Pioli, anziché scegliere Fonseca, un allenatore caratterialmente simile a Pioli. Conceicao è lo 'shock emotivo' che sarebbe servito fin da subito, arrivato in ritardo ma appena in tempo per un trionfo da record. Nel suo primo discorso alla squadra nella palestra di Milanello, il pomeriggio del 30 dicembre, poche ore prima di partire per l'Arabia Saudita, ha detto: “Piacere, sono Sergio Conceicao. Sono qui per vincere, non per crearmi nuovi amici”. Una mentalità simile a quella di Ibrahimovic, se così si può dire: i risultati prima di tutto. Detto, fatto.

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