Il circo rossonero di Sergio Conceição: il Milan tra errori e orrori

Se è vero che errare è umano, è certamente ancora più vero che perseverare nell’errore, per non dire orrore, sia caratteristica prettamente diabolica. In tutti i sensi. Anche sportivi. E il Diavolo rossonero, apparentemente senza pace, ci è ricaduto ancora, anche a Torino, anche dopo la batosta dell’eliminazione in Champions per mano di un Feyenoord rimesso e orfano di Gimenez. Doveva valere come una finale la sfida contro i granata, o almeno così l’aveva caricata Conceicao alla vigilia, è stata l’ennesima partita caratterizzata da errori pacchiani, non da Milan, definiti da “circo” dallo stesso allenatore portoghese. Un mese, dal 29 gennaio in terra croata al 22 febbraio in terra granata, costellato da inammissibili orrori personali che hanno sicuramente indirizzato e forse anche compromesso gran parte della stagione: Gabbia che inciampa sul pallone regalando il gol del vantaggio di Baturina alla Dinamo Zagabria e Musah che in 7 minuti si becca due gialli, rossoneri battuti all’ultima di Champions e costretti allo spareggio col Feyenoord; in Olanda la paperissima di Maignan che non controlla un tiro apparentemente innocuo di Paixao dopo 2 minuti; nel ritorno di San Siro la sciagurata follia di Theo Hernandez, che lascia in 10 un Milan in vantaggio e padrone del campo per ritrovarlo al termine della partita tramortito e fuori dalla Champions; infine, la tragicomica frittata Maignan-Thiaw, che spalanca le porte alla vittoria del Torino e consegna l’impressione di una squadra definitivamente scollegata, quasi stordita, priva di nervo, incapace di reagire, colpita dalla quarta sconfitta della seconda gestione portoghese della stagione. Conceicao al termine della partita ha tirato fuori nuovamente la carta dell’orgoglio, già giocata con scarso successo nei giorni scorsi, difendendo le sue scelte , ma la sensazione è che l’allenatore non sia ancora riuscito a trovare una quadra di un cerchio che, in realtà, da quanto è sgangherato sembra più un ovale. Nonostante la rivoluzione di gennaio e l’arrivo di un attaccante che il Milan non aveva da tempo , la vocazione offensiva, almeno sulla carta, del nuovo schieramento dei rossoneri non sembra aver portato alcun beneficio, se non per gli avversari. Leao, abulico e svogliato, non riesce più a incidere e in campionato è reduce da tre partite di fila con soli 45 minuti giocati, Theo Hernandez sembra un fantasma, Fofana, equilibratore decisivo della prima parte di stagione, è scomparso dal campo, mentre Reijnders, retrocesso sulla linea dei due mediani, non riesce più a dare il suo apporto sotto porta; Joao Felix è leggerino e incostante, e anche Pulisic sembra essere stato irrimediabilmente risucchiato in questo vortice di negatività, come dimostra il rigore sbagliato contro il Torino. Il tutto, tradotto in numeri, riporta un quadro ancora più inquietante: Conceicao, l’uomo chiamato per dare nerbo e carattere ai rossoneri, ma che finora a Milano ha portato solo comportamenti eccessivi e roboanti ha fatto peggio di Fonseca, l’allenatore gentiluomo mal visto dalla piazza ma capace di almeno due capolavori tattici in stagione . Dopo le prime 15 partite giocate Conceicao ha due sconfitte in più e una vittoria in meno, una media punti peggiore , meno gol segnati e più gol subiti. Di certo non quello che si aspettavano dirigenti e società, che però continuano a dare fiducia al portoghese bis, graziato anche dai tanti errori individuali in teoria non direttamente imputabili all’allenatore. La Champions, alla fine dei conti, dista solo 6 punti e ancora non è, quindi, missione disperata, ma a Conceicao e al suo Milan ora serve una vera svolta, probabilmente anche tattica. "Voglio dire una cosa con il cuore”, ha promesso il portoghese dopo il Torino. “Oggi non è finita la stagione, noi siamo qua, forti abbastanza per chiudere la stagione al quarto posto. Starò a Milanello a lavorare giorno e notte, non mi frega niente, farò ore e ore per qualificarci in Champions". Vedremo se basterà a questo Diavolo. L’importante è che torni a fare le pentole e la smetta di perseverare. Ci vuole spettacolo, certo, ma non quello del circo.

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