Questa Roma può qualificarsi alla prossima Champions League?

Esattamente tre mesi fa, a metà tra il provocatorio e il paradossale , ci siamo esposti in maniera forse un po’ troppo leggera in una riflessione sul reale rischio corso dalla Roma, in quel momento appena passata da Juric a Ranieri, di ritrovarsi invischiata nella lotta retrocessione per tutto il campionato. Era sostanzialmente una provocazione, lo ripetiamo, ma era anche un modo per ragionare sui freddi numeri messi assieme sino a quel momento dalla sgangherata banda guidata dalla fantomatica coppia Souloukou-Juric, per fortuna dei colori giallorossi prima liquidata e poi emigrata, in separata sede, nella lontana e fredda Albione. Nessuno, nemmeno chi scriveva e chi sta nuovamente scrivendo, pensava sul serio che la Roma potesse ritrovarsi fino al termine del campionato in zona retrocessione, ma i 13 punti conquistati nelle prime 14 partite e un calendario che in quel momento nascondeva diverse insidie imponevano quantomeno una riflessione, anche se la rosa e soprattutto il ritorno di Ranieri sulla panchina giallorossa potevano facilmente far pensare al contrario. Ebbene, tre mesi dopo, proprio grazie al meraviglioso lavoro del nuovo padrone di Trigoria, la situazione è totalmente ribaltata e la nuova provocazione deve tendere per forza di cose al vertice opposto della classifica. Per questo, dopo l’importantissima quanto sofferta vittoria contro il Como, ci è venuto spontaneo chiederci: ma la Roma, a questo punto, può davvero qualificarsi per la prossima Champions League? Bella domanda, cominciamo a rispondere. L’analisi delle gesta sportive di una squadra deve per forza di cose correre parallela ai risultati che la stessa raggiunge sul campo, ed è per questo che ci sembra naturale fissare il punto di partenza del ragionamento, nonché implicita giustificazione di questo articolo, sui numeri ottenuti dalla nuova Roma di Ranieri. Al punto in cui eravamo tre mesi fa, i giallorossi avevano racimolato appena 13 punti in 14 partite, meno di 1 a gara. Il nuovo allenatore era già in sella, ma nelle sue due prime uscite si era dovuto arrendere, anche sulla scorta delle macerie che aveva trovato a Trigoria, a Napoli e Atalanta. Il successivo ostacolo, a quel punto vera sfida salvezza, sarebbe stato il Lecce di Giampaolo, anche lui, come Ranieri, subentrato appena due settimane prima sulla panchina dei salentini. Arrivò una vittoria, embrionale sprazzo di una nuova Roma, seguita però dalla sconfitta di Como, ultimo inciampo di un cammino che poi sarebbe stato immacolato. Da quel momento, era il 15 dicembre, 3 pareggi e poi solo vittorie, ben 8. In totale, compresi Lecce e Como all’andata, fanno 30 punti in 13 partite . Dai 13 delle prime 14 la differenza è clamorosa e inquadra alla perfezione l’ennesimo capolavoro dell’allenatore che forse più di tutti ha stupito il mondo pallonaro e che dunque non deve meravigliare nessuno. Da quando è tornato a casa Ranieri sarebbe quarto in classifica, dietro solo a Inter, Napoli e Atalanta, ma se si conta solo il 2025, l’eroe di Leicester guarderebbe tutti dall’alto al basso con ben 5 punti di vantaggio sui nerazzurri di Inzaghi e 3 sulla Juve. Un passo clamoroso, esattamente da due punti di media a partita: se la Roma dovesse riuscire a mantenerlo, i 9 punti che la separano attualmente dai bianconeri quarti sarebbero un ostacolo non così insormontabile. Dunque, primo sì. I numeri appena snocciolati - con forse eccessiva e pedante protervia - indicano chiaramente che qualcosa è cambiato sotto il cielo di Trigoria. O meglio, che l’universo giallorosso sia stato completamente ribaltato. Il nonno buono che tutti i tifosi speravano potesse rimettere le cose a posto ha raddrizzato la baracca e rassettato gli ambienti, riuscendo a dare un senso compiuto a quella banda di monadi calcianti che erano i giocatori della Roma prima del suo ritorno. Unità singole, autonome e isolate, collocate in un contesto tattico sfilacciato, spesso privo di senso, e dominate da uno stato emotivo di continua confusione. Ranieri, ed è questa forse la sua vittoria più grande, ha fatto diventare una squadra questa Roma, che oggi gioca, respira, pensa e agisce nuovamente di comune accordo, secondo un filo logico che partita dopo partita il burattinaio di San Saba modifica ad arte a seconda del contendente di turno, ma che tutti seguono. Sempre. Prima ha rimesso i pezzi principali al proprio posto , poi ha dato una struttura concreta alla squadra, modellata sulle caratteristiche dei giocatori, quindi, per completare l’opera, ha recuperato praticamente tutti i componenti della rosa. Ha dato minuti e spazio, ottimamente ripagati, prima a Baldanzi e poi a Soulé , ha reso Shomurodov più di un’alternativa a Dovbyk , ha rigenerato Cristante dopo i fischi e i fiaschi di inizio stagione, è riuscito persino a far segnare la ‘mascotte’ Saud e a dare un senso alla carriera di Celik , mettendo a posto, anche grazie al sacrificio di Saelemaekers e all’inserimento di Rensch, una fascia destra che da anni è il principale lato debole della squadra giallorossa . Unico parziale dettaglio sfocato di questo affresco di collettiva rinascita, che non escludiamo possa venir col finire della stagione riportato a vive tinte, è rappresentato dall’enigma Lorenzo Pellegrini, il solo al quale Ranieri non è ancora riuscito a ridonare la verve dei giorni migliori, anche se - e qui la parzialità - ha comunque griffato il gol nella partita sempre e comunque più importante della stagione. Per tutti questi motivi, accanto alla voce valore e varietà della rosa bisogna apporre un altro sì. La Roma, con tutti questi uomini ritrovati, può sul serio sperare di arrivare in Champions. Se i numeri possono spiegare qualcosa della struttura generale di una squadra, i dettagli che caratterizzano, i particolari che impreziosiscono, le variabili che fanno impazzire lo schema sono quelli dei singoli giocatori, ma in particolare dei campioni. E la Roma, altra nota a favore di un finale targato Champions, ne ha uno che da tempo non era così in forma, sia fisica che mentale. Paulo Dybala, ovviamente, rinato anche lui e più degli altri sotto la carezza di nonno Claudio, che, come primo atto formale della sua nuova avventura romana, ha voluto subito mettere in chiaro quale sarebbe stato il suo impiego, infischiandosene della famosa clausola rinnovo. “Ai miei presidenti parlo sempre in maniera diretta e questa è stata la prima cosa che ho detto loro. Dybala è di un’altra categoria, fa la differenza e con lui farò come mi pare”. Tradotto: Paulo sempre in campo, ma proprio sempre, con una continuità quasi mai raggiunta prima in Italia. Dal 2 dicembre contro l’Atalanta in casa al 23 gennaio contro l’AZ in Europa League 10 partite consecutive su 11 da titolare , in totale appena 3 panchine e una sola partita saltata nelle ultime 19, ma soprattutto un atteggiamento da leader carismatico oltre che tecnico, un’influenza emotiva sui propri compagni che trasmette consapevolezza e autostima, un temperamento da giocatore totalmente in controllo del suo fisico, della sua tecnica e del suo destino. Impressionante, scrutando oltre i numeri che dicono 6 gol e 3 assist in queste ultime 19 apparizioni, la reazione rabbiosa con la quale ha trascinato i compagni contro il Porto, prologo necessario alle due perle assolute, un gol alla Totti e uno alla Messi, che hanno poi fissato la rimonta. Disarmante la facilità con la quale ha fatto ammonire in sequenza i difensori del Como, prorompente la fisicità espressa nel guizzo su Kempf che ha lasciato in 10 la squadra di Fabregas e facilitato una vittoria che sino a quel momento era molto lontana dal concretizzarsi. Dunque, è la Joya, o meglio questa Joya, il terzo sì a disposizione di Ranieri. Nemmeno fossimo a X Factor siamo arrivati a tre sì, ma per superare il turno e ambire alla vittoria finale nel talent show musicale bisogna riuscire a conquistare l’assenso anche del quarto giudice, che in questo caso potrebbe assumere le sembianze, assolutamente decisive, del percorso europeo parallelo, quello dell’Europa League. Un giudice che potrebbe complicare, ma anche facilitare, a seconda di come si vedono le cose, l’ambizione dei giallorossi di rientrare nell’Europa che più conta. Molte certezze arriveranno presto, dopo il doppio confronto con l’Athletic, anche se, almeno a livello di ragionamento, la risposta potrebbe essere in ogni caso positiva: andare in avanti in Europa League sicuramente rallenterebbe la corsa sfrenata in campionato a causa dello sfibrante doppio impegno, soprattutto dal punto di vista mentale , ma se la Roma dovesse riuscire a superare i baschi, una delle avversarie più quotate per la vittoria finale, a quel punto potrebbe diventare proprio la rotta verso Bilbao la via più breve per tornare in Champions. Anche perché se il calendario domestico dei giallorossi sarà clemente nei prossimi appuntamenti – Empoli, Cagliari e Lecce – sarà invece durissimo nelle ultime otto giornate, nelle quali la Roma incontrerà Juve, Lazio, Inter, Fiorentina, Atalanta e Milan, oltre a Verona e Torino. Insomma, tanti discorsi, sicuramente troppe parole, per arrivare alla fine a dire che cosa? Che la Roma di Ranieri è rinata, è finalmente una squadra, ha ritrovato tutti i suoi uomini, ha un campione mai così in forma e sta correndo come forse nemmeno i tifosi più ottimisti avrebbero creduto possibile. Certamente le imperfezioni restano, la facilità con la quale la difesa spesso si fa infilare in ripartenza e quasi sempre in posizione centrale continua a preoccupare, la classifica, soprattutto dopo la vittoria della Juve contro il Verona, non sorride , le squadre da superare sono tante e il calendario da inizio aprile in poi decisamente impegnativo. La prospettiva delle cinque italiane in Champions potrebbe aiutare, e non di poco, ma alla fine della fiera, nonostante i tre sì e mezzo accumulati in questa prolissa analisi, servirebbe un’altra somma peripezia al mago Ranieri per lasciare al suo successore una Roma attraccata al porto degli yatch più ingombranti. Quelli con le stelle della Champions. Anche se, da vecchio lupo di mare e pregevole intessitore di imprese, non ci stupiremmo se alla fine dovesse riuscirci sul serio e salutare la sua tanto amata col regalo più dolce.

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Michele Mastrogiacomo