E se alla fine Gasperini restasse all'Atalanta?

Scollinata con successo la trasferta di San Siro, l’ultimo tratto di campionato dell’Atalanta - eccetto l’incrocio casalingo con la Roma - sarà in discesa, dovendo affrontare Lecce, Monza, Genoa e Parma. Tutte squadre dal dodicesimo posto in giù. Solo un peccato di presunzione potrebbe complicare il cammino dei bergamaschi, che hanno già lasciato tanti punti per strada contro avversarie della parte destra della classifica e hanno imparato la lezione. Superato brillantemente il contraccolpo psicologico generato dallo scontro diretto perso con l’Inter, adesso ci sono tutti i presupposti per consolidare il terzo posto e mettere in cassaforte quello che a Bergamo rivendicano, orgogliosamente, come il vero scudetto: la qualificazione alla Champions League. Sarebbe la quinta volta in sette anni: ormai una piacevole abitudine, ma non per questo un traguardo scontato per una realtà come Bergamo. REWIND. Ma se invece alla fine tutto dovesse rimanere così? Dopo il botta e risposta Gasperini-Percassi risalente a fine febbraio negli ultimi due mesi a Bergamo è lievitata la convinzione che l’avventura dell’allenatore fosse arrivata ai titoli di coda. Dove andrà Gasp? Chi arriverà al suo posto? sono le domande più inflazione del popolo nerazzurro, smarrito e spaventato dalla prospettiva di perdere il condottiero del ciclo d’oro. Come se il suo addio potesse sciogliere la magia che ha trasformato l’Atalanta in una big, rimescolando le gerarchie del calcio italiano e consolidandone lo status, anche in Europa, anno dopo anno. Qualche suo seguace ha addirittura ridisegnato il logo dell’Atalanta con il profilo “dantesco” di Gasp al posto della Dea. Un po’ troppo, per i puristi… Lui ringrazia e va avanti per la sua strada. “Ci sono ancora tanti punti da conquistare. Dobbiamo tornare in Champions, questo è il traguardo che mi sono prefissato di raggiungere a tutti i costi” è la frase con cui ha risposto a chi, dopo la vittoria sul Milan, gli domandava se il raggiungimento di “quel” traguardo potrebbe suggerirgli di rivedere i suoi piani futuri. La società è sempre stata chiara: c’è un contratto in essere che lega allenatore e club fino al 30 giugno 2026. D’accordo, è buona usanza non cominciare mai la stagione con un allenatore in scadenza, per dare più forza all’allenatore stesso e al progetto. Ma nel caso dell’Atalanta la forza di Gasperini è radicata nel ciclo che ha costruito e nei giocatori valorizzati. E tra persone di buon senso, abituate al dialogo da tanti anni, un punto d’incontro si può trovare anche a stagione avviata. All’ordine del giorno c’è anche il futuro del direttore sportivo, Tony D’Amico, a Bergamo da tre stagioni e ancora legato all’Atalanta da due anni di contratto. Piace al Milan, che lo corteggia sottotraccia da settimane. E l’arrivo a Zingonia di John Murtough, ex direttore sportivo del Manchester United, destinato ora a ricoprire la carica di “director of global development” alimenta il sospetto che D’Amico possa davvero andarsene. Anche se l’ipotesi che un club solido e abituato a pianificare come l’Atalanta perda in un colpo solo allenatore e direttore sportivo non sembra verosimile. L’unica certezza è che il futuro a Bergamo si scriverà solo dopo il 25 maggio, ultima giornata di campionato, quando Gasp avrà condotto la nave in porto. Ancora una volta.

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E se alla fine Gasperini restasse all'Atalanta?

Massimiliano Nebuloni