L'addio al Papa, la confusione del Milan, il futuro della Roma e di Conte: il breviario

SERGIO SCONCERTAO Ricordo una partita giocata in un campionato amatoriale, quando decidemmo nello spogliatoio, tra il primo e secondo tempo, di rientrare in campo con un uomo in più. Fu la battuta di qualcuno di noi, perennemente immersi nella goliardia, a innescare il progetto criminoso. In gran silenzio tornammo in campo in 12, sperando che nessuno se ne accorgesse. E nessuno se ne accorse, né arbitro, né avversari. Dopo pochi minuti colsi questo dialogo: – oh ma il 7 chi lo piglia, è sempre solo – e che ne so, io c’ho il 9 – se vado sul 7, allora te piglia il 10 che è s’infila continuamente dentro l’area – se io piglio il 10 vai sul te sul 14 che è appena entrato – ma il 14 fa l’ala, e con l’11 son sempre in due – porca put… ci dobbiamo organizzareeeee. Ecco quando ho visto Sottil schierato terzino destro, con susseguente caos, ho ripensato a quella scena. Solo che il Milan non giocava in 12, tutt’altro. L’ALLENATORE CHE VERRÀ Ho immaginato, per l’anno che verrà, il nuovo ufficio di Ranieri a Trigoria. Poltrona in pelle anni 50, Eames Lounge Chair, elegantissima su basamento in legno di noce , con relativo appoggia piedi, coordinato e lussuosissimo, lampada da terra Arco, prezioso oggetto di design progettato dai fratelli Castiglioni, foto di famiglia dentro cornice argentata di Valadier su scrivania in legno di mango vanile marrone scuro, liscissima e super filante. Alle pareti, gigantografie dei tre allenatori che hanno vinto lo scudetto in giallorosso, Schaffer, Liedholm e Capello con relativi presidenti, Bazzini, Viola e Sensi, insieme ai tre giocatori più rappresentativi delle rispettive epoche, Amadei, Di Bartolomei e Totti. Nell’angolo una macchinetta del caffè dorata, con a fianco una vera e propria collezione di piccole cialde di tutti i gusti, dalla vaniglia al cioccolato forte. A fianco di questo meraviglioso angolo di vita, goduto dall’imperatore Claudio, un piccolo sgabuzzino con all’interno, in posizione isolata al centro del pavimento, una minuscola piantina dai fiori gialli e rossi. La piantina sta sfiorendo, attende un po’ di acqua dal prossimo allenatore della Roma. IL MOGOL DEL FONDOSCHEINA “Come può uno scoglio arginare il mare” se io, “cervo a primavera”, ci finisco contro, distratto ed acrobatico, cimentandomi in “un tuffo dove l’acqua è più blu”? E come puoi tu ascoltarmi con la chitarra in mano, mentre tra lo sconcerto generale, canto “canzoni stonate” magari dentro “un grande magazzino una volta al mese”? E a che serve cambiare le gomme dell’auto quando sono così bravo a “viaggiare evitando le buche più dure”? E dove vorresti che ti portassi con la mia “motocicletta 10hp, tutta cromata” seppur “mi son scordato di te”? Sono soltanto alcune frasi, estrapolate e messe a caso, tra le mille canzoni scritte da Mogol per il grande Battisti, oppure Morandi o Cocciante, o altri ancora. Prodigi senza tempo, frutto di un talento innato a scrivere testi anche senza grandi significati . Mogol, intervistato sul Corriere, parla delle sue creazioni come farebbe un pittore delle sue opere, anche se l’arte non si spiega, si fa. Un po’ come il mestiere di allenatore, che se lo spieghi rischi l’incidente, “l’abuso al fondoschiena”, per dirla con la prosa di Antonio Conte, il Mogol delle metafore incresciose. ADDIO CON RICONOSCENZA Nel calcio sarebbe stato un centravanti di manovra, fuori dagli schemi, pronto ad aiutare la squadra o a tirare forte in porta per un gol. Ha smontato la retorica di tante partite della Chiesa, facendosi amare anche dai laici. E’ stato un Papa eccezionale vicino a tutti, senza alcuna distinzione. Per questo ci sentiamo orfani, in attesa di un’altra fumata bianca che meno bianca ci sembrerà.

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Alessandro Bonan