Luiso: "La rovesciata al Milan quasi una maledizione. Oggi giocherei con la sigaretta"

Pasquale, cominciamo dalle radici. Sei nato a Napoli, che bambino eri? “Sì, sono del '69, nato a Napoli ma cresciuto ad Aversa, in provincia di Caserta. Sempre col pallone tra i piedi. Mia madre diceva che c’erano sempre i vicini a bussare per i vetri rotti. Appena finita la scuola, andavo subito in strada a giocare. Era la mia vita” Una passione che nasce in famiglia? “Mio padre ha giocato a calcio a livello dilettantistico. È stato fondamentale per me. Eravamo quattro figli, ma solo io ho davvero preso quella strada. Papà ci credeva tanto. Non c’è più da cinque anni, ma il merito è tutto suo” Tu sei diventato un grande bomber, però non sei nato come centravanti. “No, io partivo da ala, con il numero 7. Giocavo in una squadra dell’associazione cattolica ACLI ad Aversa. Facevamo tornei estivi, campionati amatoriali… poi mi notò l’Afragolese. Da lì è partito tutto. Mi cercavano anche Napoli e Casertana. Però io scelsi l’Afragolese. Prendevo il treno da Aversa, mi fermavo a Casoria. Sul treno c’erano i ragazzi diretti a Napoli col borsone Buitoni... Pensavo: ‘Vediamo dove arrivano loro, e dove arrivo io’. A Sora Claudio Di Pucchio mi ha spostato punta centrale” Hai debuttato in Serie C2 a 16 anni e con il Sora hai fatto praticamente 60 gol in 4 stagioni… “Esatto. Poi l’Afragolese fallì e ricevetti una chiamata da Claudio Di Pucchio, allenatore del Sora in Serie D. Ho lasciato casa, ho vinto due campionati, D e C2, poi la C1… e infine il salto al Torino” Ma in quegli anni avevi pensato a un ‘piano B’? Facevi qualche altro lavoro? “No. Avevo finito la terza media e l’unica cosa che volevo era giocare a calcio. Con la testa di oggi magari avrei preso un diploma, ma all’epoca c’era solo il pallone” Ci spieghi il tuo soprannome ‘il Toro di Sora’? “Qualcuno pensava fosse per il modo di giocare aggressivo. Invece era semplicemente perché venivo da Sora e giocavo nel Toro. Il soprannome è nato così” Dopo Torino, l’esperienza a Pescara e poi Avellino, dove segni 19 gol e ti rilanci. “Sì, è stato un bel rischio. Qualcuno mi disse: ‘Ma lasci il Torino per la B?’. Io volevo giocare. Se fai bene, ti conquisti la Serie A sul campo. Ed è quello che ho fatto” Ti sei fatto notare col Piacenza, soprattutto con quella prima stagione da titolare in Serie A con 14 gol e il famoso gol in rovesciata al Milan. “Quella partita è rimasta nella storia. Vinciamo 3-2. Il gol in rovesciata è stato un mix di coraggio e fortuna: spalle alla porta, prende il palo e va dentro. Dopo quel gol, però, tre mesi senza segnare. Due rigori sbagliati. Sembrava una maledizione! Se non mi fossi fermato, magari me la giocavo con Inzaghi per il titolo di capocannoniere” Ti ricordi le reazioni dei giocatori del Milan? “Mi ricordo Baresi e Costacurta che si mettevano le mani nei capelli e dicevano: ‘Ma che c***o c’ha questo?’. Io mi tolgo la maglia e vado sotto la curva, è stato un momento pazzesco” A Piacenza avete fatto anche un’esultanza ballando della Macarena… “Sì! Un giorno, prima del derby contro la Reggiana, in camera mia e di Lucci abbiamo deciso e imparato a fare quel balletto. Io segno due gol, e via con la Macarena. È rimasta nella memoria di tanti” E tu avevi un’esultanza tutta tua? “Sì, partivo a tremila all’ora e correvo verso la tribuna dove sapevo che c’erano papà e mio fratello. Cercavo sempre il loro sguardo” Dopo la stagione al Piacenza, il Vicenza ti acquista per 6 miliardi di lire. Eppure, si parlava anche di grandi club… "Sì, Lazio, Roma, Napoli, anche il Milan mi avevano cercato. Ma io ero ribelle, nel senso che tutti sapevano che ero un c*******o che voleva sempre giocare. Non volevo fare la quarta punta e stare in panchina. A Milano prendevo 2 miliardi? Sì. Ma a Vicenza giocavo e segnavo. Forse a Milano mi sarei spento. Così invece sono rimasto protagonista” A Vicenza Guidolin ti ha voluto fortemente. “Mi ha voluto lui, hanno speso 6 miliardi più Murgita, che lì era un’icona. Ha costruito una squadra con pochi innesti ma con le idee chiare. È stato un grande” In Coppa delle Coppe con il Vicenza segni 8 gol. Un sogno. Fino a quella semifinale con il Chelsea… “Sì, ho vinto la classifica cannonieri. Ne ho fatti più di Vialli, però alla fine la Coppa l’ha vinta lui. Ho segnato pure a Stamford Bridge, ne ho fatti due in realtà: uno annullato per un fuorigioco inesistente. Oggi col VAR forse saremmo andati in finale. È stata una partita clamorosa. Andiamo in vantaggio, poi ci annullano il gol del doppio vantaggio. Forse abbiamo pagato l’inesperienza. Vialli mi ha rincuorato a fine partita. Io ero incazzatissimo, come tutti” Hai rimpianti nella tua carriera? “Qualcuno dice che potevo fare di più, magari andare alla Roma, alla Lazio, a Milano... è probabile. Però ti dico una cosa: in quest’epoca qua, ci avrei giocato. Senza presunzione. Con la sigaretta in bocca, pure!” Una tua frase rimasta negli annali è: “Se mi crossassero una lavatrice, colpirei di testa lo stesso”. È vera? “Sì, è una frase mia, l’ho detta per scherzo, ma è rimasta. Però è vera: io colpivo tutto” Ora fai l’allenatore, obiettivi? “Ho salvato l’Acerrana in Serie D la scorsa stagione. Ora sono senza squadra. Ho avuto richieste, ma volevo aspettare qualcosa di più importante, magari una Primavera 1 o una Serie C. Ho rifiutato un paio di cose, ma non mi pento. Aspettiamo che partano i campionati, vediamo che succede” Cosa significa per te essere un bomber di provincia? “È bello. Però oggi… dimmi tu: chi sono i bomber di provincia oggi? Non ti vengono in mente, vero? Prima sì: Protti, Hubner, Stellone, Negri… Io facevo 14 gol in A e arrivavo davanti a gente grossa. Oggi non ci sono più quei nomi lì. Ma quando si parla di bomber di provincia, il mio nome esce sempre. E questo mi basta”.

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Luiso: "La rovesciata al Milan quasi una maledizione. Oggi giocherei con la sigaretta"

Andrea Molinari