A questa Juventus manca la passione

Partiamo da un dato, che dimostra come la realtà sia tutta rovesciata. La Juventus che dovrebbe vincere, che era nata, secondo le parole di Comolli di inizio stagione, per vincere, non vince. Perché si è arenata quasi da subito intorno a una serie di punti interrogativi che non ha mai risolto davvero. Ma il dato, prima di tutto: la squadra fa tantissimo possesso palla. Anzi, la Juventus praticamente fa solo possesso palla: tra campionato e Champions League, se si esclude la gara contro l’Inter, i bianconeri hanno sempre più la palla degli avversari. Ma è un possesso completamente sterile, privo di verticalizzazione, di coraggio, di corsa, di grinta. Di idee. Tudor non sta riuscendo a trasmettere ai suoi giocatori quella grinta che invece dovrebbe essere nella sua natura. Gli attaccanti toccano pochi palloni, giocano quasi sempre spalla alla porta e non sono messi nella condizione di segnare. E non sono d’accordo sul fatto che si dica che l’allenatore li abbia alternati troppe volte: anche Van Basten faticherebbe in queste condizioni. Prendiamo David: contro il Como, ha avuto praticamente un’occasione sola e ha segnato. Anche se il gol gli è stato annullato. Non è solo una questione di modulo, il problema è generale e riguarda soprattutto la mentalità. Il gol di Nico Paz, per esempio, si sarebbe potuto evitare se l’atteggiamento fosse stato diverso: sono mancati la grinta, la voglia di recuperare certi palloni, la cattiveria e l’agonismo necessari per fare in modo che una squadra con delle qualità, perché questa Juventus di qualità ne ha davvero, possa davvero diventare vincente. Al momento, i bianconeri si aggrappano alla verve di Yildiz, che da solo però non può di certo risolvere le partite. E se lui non si accende, non si accende nessuno. Il turno di Comolli La passione è alla base di tutto. Se manca quella, i risultati non arrivano. Se non viene trasmessa da chi comanda, non viene percepita da nessuno. E allora c’è un problema. A inizio stagione, Comolli è stato chiaro: questa Juventus avrebbe dovuto lottare per vincere a ogni livello. La sensazione che però fosse incompleta c’era ed è stata confermata: ora ci aspettiamo che sia lui a guidare le scelte, che sia lui a far capire quale direzione prenderà questa squadra. Che rispetto all’anno scorso è peggiorata. Il gruppo di Thiago Motta aveva dei forti limiti, ma aveva anche una sua identità e a inizio campionato era comunque attaccata alla parte alta della classifica. Spesso giocava dei tempi davvero eccellenti, con idee chiare, applicate nel modo giusto. Il tracollo è avvenuto a marzo, dopo la Coppa Italia contro l’Empoli e soprattutto la partita contro l’Atalanta: lì il giocattolo si è rotto e non si è più riusciti a ripararlo. Le responsabilità erano anche dell’allenatore, senza dubbio, ed è stato giusto prendere dei provvedimenti. Ma allora si era nella seconda parte della stagione, e le cose iniziavano a essere più definite. Ora siamo a ottobre: è un po’ troppo presto per pensare che sia già tutto concluso. Anche se è vero: a quella parola, ‘vincere’, ora si potrà pensare davvero poco. Nonostante a Torino sia e continui a essere l’unica cosa che conta.

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A questa Juventus manca la passione

Michele Padovano