Come si para un calcio di rigore

Non è mai stato un elemento su cui mi sono soffermato troppo, fino a ora. Ma pensandoci e valutando l’evoluzione di un portiere, mi sono reso conto di un dettaglio. O meglio, di un aspetto: il rigore è quasi unico. Perché pararlo può essere dovuto alla fortuna una, massimo due volte. Altrimenti non è e non può mai essere casuale: ci sono nozioni, preparazioni, studio. E soprattutto ci sono poche situazioni che condizionino davvero il tiro dell’attaccante e la reazione del portiere. È unico, il rigore, perché è una delle pochissime situazioni veramente 1 contro 1. Ed è unico, il rigore, perché non può esserci la folata di vento che devii la palla, o il rimbalzo che faccia cambiare traiettoria, o il comportamento di un altro giocatore che magari nasconde la visuale del tiro. No: attaccante e portiere. Punto. Quasi come in una bolla, in cui a incidere può essere al massimo la tensione del momento. Ed è lì che un portiere si mette alla prova. E uno come Milinkovic-Savic queste prove sa vincerle. L’abbiamo raccontato anche al Club: quando giocavo nel Chievo Verona, il mio preparatore dei portieri era Claudio Filippi, lo stesso di Maignan, che come pararigori è tra i migliori in Italia. Con Filippi sono riuscito a neutralizzare 5 rigori consecutivi, perché c’era un lavoro preparatorio dietro notevole, soprattutto considerata l’epoca. Non è un mistero, adesso il database è molto più ricco rispetto a un tempo: c’è possibilità di avere accesso a video da più angolature, ci sono le statistiche, le analisi che permettono di avere una conoscenza pressoché totale dei giocatori, anche se sono stati affrontati poche volte. Un portiere adesso arriva alla partita senza troppe sorprese: è preparato e in maniera molto approfondita. Con Filippi, facevamo un lavoro non solo di studio statistico ma proprio comportamentale. Le nostre riunioni tecniche coinvolgevano me e gli altri miei compagni in porta, vedevamo come il rigorista della squadra che dovevamo affrontare batteva il rigore: qual era la soluzione preferita, quante volte l’aveva adottata prima della gara contro di noi. Pensiamo a questo: se sei sullo 0-0 e quel rigore ti può far svoltare, tendenzialmente tiri dove sei più sicuro; se invece il risultato cambia ma non in maniera così tanto decisiva, magari provi soluzioni diverse. Noi studiavamo tutto questo e insieme decidevamo che cosa fare, se fosse capitata l’occasione. Non è nulla di straordinario, forse, ma dà la consapevolezza e aumenta la sicurezza. Se poi il portiere segue quanto ha studiato o preferisce comunque il suo istinto, quello è ancora un altro discorso. Milinkovic parla di istinto, per esempio. Ma anche l’istinto si allena molto. Il giocatore del Napoli per esempio ha questa grande capacità di rimanere fermo e non facilitare il compito dell’avversario: capita spesso che un portiere si muova con qualche secondo di anticipo rispetto al tiro dell’attaccante. E se il rigorista è bravo, riesce a spiazzarlo. Milinkovic-Savic ha meno bisogno di fare questo tipo di movimento anticipatorio, perché è alto e molto potente: può permettersi di aspettare una frazione di secondo in più per riuscire a coprire comunque l’angolo. La sua è una dote naturale, che abbina all’istinto e alla preparazione. Prendiamo il rigore di Morata: lo spagnolo lo batte male, ed è pacifico. Ma Milinkovic sapeva che l’attaccante l’avrebbe guardato per cercare di spiazzarlo, lui lo aspetta e in qualche modo induce l’avversario all’incertezza, facendogli calciare un rigore banale. Un rigore che in Serie A non puoi permetterti di battere così. Se prendiamo in considerazione quello di Dybala contro il Milan, il risultato è ancora diverso: anche l’argentino non calcia bene e non riesce ad angolare come vorrebbe, ma in quel contesto si è fatto anche male e probabilmente questo ha inciso sul risultato finale. È forse uno dei pochissimi condizionamenti esterni di cui si scriveva poco sopra. Tra Morata e Milinkovic, invece, il condizionamento arriva solo e soltanto dal portiere, che è stato bravo a far mancare all’avversario il riferimento. E questo non è solo istinto, ma studio. È tecnica, mista a preparazione. È bravura e capacità di essere protagonista al momento giusto. È la naturale bellezza di rimanere dentro quella bolla del rigore ed emozionare a ogni parata. A Milinkovic questo riesce molto bene. Ed è uno spettacolo.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

Come si para un calcio di rigore

Luca Marchegiani