Perché in Serie A si sta segnando così poco?

È una domanda che – scommetto – sta frullando per la testa a tanti appassionati di calcio, soprattutto nelle ultime settimane. La settima giornata di Serie A è entrata nella storia: i soli 11 gol segnati in 10 partite sono diventati il record negativo del nostro campionato. Sicuramente – poi – avete la sensazione che ci siano un sacco di 0-0 in più rispetto al passato. Ed effettivamente è così. Senza andare troppo indietro, anche l’ultima giornata è iniziata su questi binari: delle prime 8 squadre a scendere in campo, ben 7 non hanno segnato. È sempre più chiaro a tutti: quest’anno si fanno pochi gol. Le partite di Serie A di questa stagione vedono una media di gol segnati di 2,2: per distacco la più bassa delle ultime 8 stagioni. È un dato che ha visto tante oscillazioni, soprattutto nel periodo Covid in cui il calcio era molto diverso, ma mai lontanamente è stato basso come quest’anno. Ed è da notare anche il fatto che sia una tendenza: tolta la stagione 23/24, è dal 2021 che i gol segnati sono in picchiata. Possiamo fare anche un paragone rapido con l’anno scorso: all’11^ giornata del 24/25 avevamo già visto 301 gol, mentre in stagione siamo solo a 244. Che fine hanno fatto questi 57 gol? Sono più di 5 gol “persi” a giornata. Tanti. Ma se il dato dei gol è quello che salta all’occhio più facilmente – per ovvi motivi – c’è tutto un sottobosco di statistiche e dati che ci descrivono ancora meglio la direzione che sta prendendo il nostro calcio . È vero, siamo solo all’11^ giornata, ma è anche vero che siamo già all’11^ giornata, a più di un quarto di campionato con ben più di 100 partite giocate: i dati hanno già un grosso senso. Intanto le occasioni a partita su azione. Quanto calcio vediamo prodotto dalle due squadre in campo, calci piazzati esclusi? Anche qui vediamo un calo di occasioni che rispecchia di fatto quello dei gol segnati. Siamo passati dai 2 xG su azione tondi tondi della stagione 20/21 a un dato di 1,59. Ed è il 10% in meno dello scorso anno. C’è sempre meno capacità di rendersi pericolosi con la palla su azione manovrata. Il dato degli xG su azione va – per forza di cose – analizzato assieme a questo, che in un certo senso è complementare. La percentuale dei gol da sviluppo di palla inattiva è schizzata come non mai: siamo al 39%. Fermiamoci un attimo e ragioniamo: 4 gol su 10 in Serie A arrivano da set-piece, percentuale altissima. E qui ci allineiamo a quello che succede in Inghilterra, dove la produzione su calcio piazzato sta arrivando ai massimi storici, facendo anche storcere il naso a più di un amante del calcio diretto e intenso della Premier League. La massima espressione di questo punto è l’Arsenal: primo in Premier League con il miglior valore della lega per occasioni create da piazzato e con uno dei peggiori dati per occasioni prodotti su azione. Sembra un paradosso, ma è un chiaro indizio su una tendenza che nel prossimo periodo diventerà ancora più forte. Anche perché l’Arsenal è un’eccezione: pensiamo invece alle squadre piccole. Sfruttare i piazzati è – e diventerà sempre di più – un’arma importantissima in quanto molto democratica: è più facile fare gol al Manchester City di turno mentre si difende su azione o portando tanti corpi in area di rigore e buttando palla in mezzo su una punizione o su rimessa laterale? Ho un’idea di ciò che risponderebbe uno come Cuesta, cioè che i piazzati tante volte appianano molte differenze. Tornando alla grafica di cui sopra, abbiamo analizzato i gol, ma anche se prendessimo gli xG – e quindi le occasioni – prodotte su palla inattiva non cambierebbe il ragionamento. Quest’anno la produzione offensiva nelle partite di campionato dipende dalle palle inattive per più del 35% degli xG prodotti per un totale di 0,87 xG a partita arrivati da palla ferma. Sarebbe inutile ribadirlo, lo sapete già: entrambi sono dati record degli ultimi 8 anni. Parliamo ora del gesto tecnico bello per eccellenza: il dribbling. Qui il calo è ancora più drastico del solito: siamo passati dagli oltre 19 della stagione 19/20 ai 12 di quest’anno. Ah, ricordiamo che parliamo di dati a partita, quindi per due squadre. Significa che ogni squadra di Serie A completa 6 dribbling a partita contro i quasi 10 di 5 anni fa. Esattamente come accade in Premier League, questo crollo è dovuto sia a un numero minore di dribbling tentati sia a una percentuale di riuscita minore. Non buonissime notizie, quindi. Vedendo le partite, si intravedono i motivi di questo grafico: nel nostro campionato i giocatori che saltano l’uomo non abbondano. Se consideriamo i dribbling riusciti nei top 5 campionati, troviamo solo 5 giocatori di Serie A nei primi 40 posti: Atta , Saelemaekers , Nico Paz , Giovane e Palestra . Sicuramente non aiuta neanche il sistema di gioco più usato nel nostro campionato, come ricordavano a Sky Calcio Club: da noi ci sono strutturalmente meno ali . Ora la preferenza va a quinti che si inseriscono al momento giusto, più che a giocatori che saltano l’uomo in uno contro uno. L’Inter di Inzaghi ha avuto per anni il dato più basso della Serie A per dribbling riusciti, e abbiamo visto che tipo di calcio è riuscita a esprimere. E quest’anno non è differente: la squadra di Chivu è riuscita a completare solo 50 dribbling, che le valgono l’88° posto nei top 5 campionati , e il 19° in Serie A . E quindi non possiamo stupirci se anche il dato degli ingressi in area è praticamente in costante calo, come il resto. Questa stagione vediamo 7 ingressi in meno a partita in area di rigore rispetto al 19/20. Tutte occasioni potenziali in meno per fare gol, ed è il trend a impensierire: tolta la stagione 22/23 stiamo andando sempre più giù. Le ragioni possono essere molteplici, provo a buttarvene lì una un po’ più tattica. È più facile e immediato allenare la fase difensiva o la fase offensiva? O meglio, qual è la prima cosa della quale si preoccupano gli allenatori del nostro campionato? Ora proviamo a tenere a mente tutte queste considerazioni inserendole nella questione del tempo effettivo. Perché è vero che in campo si fanno meno cose qualitative – come abbiamo visto – ma è anche vero che c’è meno tempo per farle. Nel periodo preso in considerazione, non si è mai giocato meno di quest’anno: il 54,11% dei minuti, una variazione molto importante rispetto alla scorsa stagione, dove si giocava quasi il 57% del tempo. Tradotto: una gara di Serie A dura in media 97’57’’, e se ne giocano 53 tondi tondi. Questa non è questione di stile, è un dato che semplicemente non va bene e non può andare bene. Anche in Premier League il discorso è simile: la stagione 25/26 è la peggiore per distacco degli ultimi 10 anni in questo senso. La palla è in gioco il 54,8% dei minuti. Il risultato è che – sia in Serie A che in Premier – vediamo sempre meno calcio giocato rispetto agli anni scorsi. Tra l’altro in Inghilterra stanno provando ad aggiungere più minuti di recupero alla fine delle partite per provare a combattere le perdite di tempo, ma il risultato – come ci dicono i numeri – non è proprio quello sperato. Se da una parte il tempo effettivo diminuisce, le interruzioni di gioco non aumentano. E quindi, significa che il tempo medio per ogni singola interruzione ha raggiunto un altro picco: siamo a 40’’ per ogni stop di gioco. Che sia una rimessa, un corner, un gol, una sostituzione e simili. Fateci caso, perché 40 secondi è una media. Sembra un dato esagerato – e lo è, per certi versi – ma è reale. E se consideriamo che ogni partita ha tra le 60 e le 70 interruzioni, arriviamo serenamente ai circa 45’ di attesa per la rimessa in gioco del pallone per partita. Questo ragionamento si lega anche a quello sui calci piazzati. Su questo fondamentale c’è sempre più attenzione da parte delle squadre e degli allenatori. Perché dovrebbero affrettarne la battuta? Non sarebbe sensato buttare in mezzo un cross senza sistemarsi e organizzarsi come si deve. Prendiamo l’esempio del Parma nella sfida contro il Milan. Le rimesse laterali lunghe erano battute da Valenti, che fossero a destra o a sinistra: il difensore centrale doveva farsi tutto il campo – da un lato e l’altro – e aspettare che si sistemassero Delprato e gli altri. Naturale “perdere” quei secondi in più. Il risultato? Il Parma ha impiegato 23 secondi di media per battere una rimessa e 27 secondi per battere un corner. Due gesti tecnici che sono – di fatto – diversissimi ma che il calcio sta rendendo sempre più simili nella preparazione, per certi versi. Non è un caso che in Premier League una rimessa impieghi più di 11’’ a essere battuta, contro gli 8’’ dell’anno scorso. Ecco, il calcio — non solo quello italiano — sta andando in una direzione ben precisa: più studiato, più controllato, più razionale. Ma anche più lento, più spezzettato, forse pure più prevedibile. È il prezzo di un gioco che ha scelto di ottimizzare al massimo ogni dettaglio, anche a costo di perdere un po’ di istinto. Più intenso? Più brutto? Più noioso? Questo decidetelo voi. Di certo, però, si gioca sempre meno. E questo, in un gioco che vive di gioco, è un paradosso che merita di farci pensare.

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Luca Mastrorilli