L'Arabia fenice del Napoli di Conte

Perdersi e perdere. È successo già troppe volte e sempre in trasferta. Sette volte fin qui. Sette nelle ultime nove giocate. Napoli fragile, travolto. Spiazzante. Eppure in fondo riconoscibile. Essì perché cala l’intensità, la gamba si fa pesante, si abbassano i livelli fisici e mentali. E serve personalità, mestiere, l’attitudine al possesso, la capacità di capire il momento. Di interpretarlo e anche subirlo eventualmente, ma limitando i danni. Per riprendersi poi la partita. E farla sua, da grande squadra. Da Campioni d’Italia. Storie già viste. E raccontate. Il quarto d’ora di scomodo. L’impossibilità di fare di più a Manchester. In dieci si è fatta subito proibitiva. Le sei reti prese ad Eindhoven e che hanno fatto la storia: mai tante se ne era sobbarcate Conte e il Napoli in Europa, in 100 anni. E così le ‘ballerine’ di Torino. Sulle punte e molli. E Bologna. Il week end col morto che Conte proprio non voleva accompagnare. E da lì lo sfogo. I giorni delle inquietudini e dei dubbi, dei pensieri di ogni tipo e del faccia a faccia del cambiamento. Lui e la squadra. “Non accadrà mai più” Così doveva essere, così si erano promessi. E così è stato a Roma. L’autorevolezza dello scudetto, all’Olimpico. Solidità, compattezza e spirito. Ma poi ecco Lisbona, la Champions. E quel maestro marpione di Mourinho. E subito dopo anche Udine. E un nuovo crollo. La stanchezza, l’emergenza che restringe le scelte e le idee. E le possibilità di venirne fuori, di essere quel che ci si aspetta. Soprattutto in mezzo al campo. Senza Anguissa, De Bruyne, Gilmour e di fatto Lobotka , non comandi, non governi, non gestisci il pallone. Non hai il potere. Ancor più se trovi una squadra che ha fisicità e energie in più. E la forza per assaltarti. Il progetto di inizio stagione era diverso, ed era tecnico e tattico: Conte cercava equilibri e qualità. La convivenza che era la soluzione. I ‘Fab four’ contemporaneamente in campo. La bellezza schierata insieme, valorizzata e anche un po’ ostentata. Il meglio che c’era lì dove si fanno le squadre e la partita. Dove si decide. Ma dei quattro, al Friuli, c’era solo McTominay; e pure sfinito. Opaco. Ai limiti e coi muscoli quasi in panne. Piegato su sé stesso: è sempre iconico, Scott. Napoli ancora sconfitto. E neanche più primo in classifica. ‘Fuori’ di testa. Un altro Napoli. Due Napoli. Padrone di casa e da record al Maradona; nel suo stadio; unica squadra imbattuta nel 2025 e con la striscia di risultati utili consecutivi più lunga d’Europa. Ma poi ospite e anche maltrattato in trasferta. E succedeva anche un anno fa, nelle ultime giornate. Però c’era la ferocia che compensava, la voglia di andare oltre le difficoltà e le distanze. Che è la speranza per Riyad. A cui Lukaku, tornando tra i convocati, darà ulteriormente peso. Sei ore di volo e due di fuso. Il viaggio più lungo che c’è. Però la Coppa è super e vale un pezzetto di stagione. Ripartire subito e rinascere in trasferta. L’Arabia fenice.

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L'Arabia fenice del Napoli di Conte

Francesco Modugno