Lukaku protagonista? Sì, ma trasformato: l'altro capolavoro di Conte

L’hanno inseguito tanto. Eccome se l’hanno inseguito. Romelu Lukaku è stato un po’ il tormentone della scorsa estate di calciomercato del Napoli, forse perché legato a quel doppio filo che non soltanto lo univa a Conte, ma al futuro di Osimhen. Poi, a fine agosto, De Laurentiis aveva deciso di rompere gli indugi: il nigeriano comunque non era ancora partito, ma il belga doveva assolutamente arrivare. Così almeno aveva chiesto l’allenatore, che alla fine si era visto accontentare una delle sue richieste principali. Per tutta l’estate Lukaku si era promesso ai campani: aveva seguito una tabella di lavoro specifico per farsi trovare un po’ più pronto . Ma sapeva benissimo che il suo ritorno in Italia avrebbe significato con Conte una sola cosa: sperare di convincere di nuovo. Sperare nello scudetto. Conte-Lukaku di nuovo insieme. Il binomio perfetto per una vittoria che più che perfetta ha il sapore dell’essere sensazionale. Trionfale, forse anche di più rispetto a quella dell’Inter della stagione 2020/2021: quella squadra era troppo più forte rispetto alle altre, lo scudetto avrebbe solo potuto perderlo. Quest’anno, invece, tenendo anche in considerazione le parole di Conte di tutta la stagione, la squadra ha compiuto un miracolo. E Lukaku? L’attaccante è stato diverso. Vuoi per la squadra che gli ruotava intorno , vuoi per la preparazione comunque tardiva, vuoi per qualche richiesta diversa da parte del suo allenatore. Vediamo meglio nel dettaglio, aiutandoci con i dati di Soccerment. Prima di tutto, osserviamo la doppia Spiderchart, che sembra proporre un confronto almeno visivamente impietoso. Il Lukaku da scudetto dell’Inter ha avuto un impatto decisamente diverso: molti più expected goal, molti più tocchi nell’area avversaria, molte più minacce a campo aperto . Una differenza sostanziale? Il primo Lukaku nerazzurro aveva un minor numero di expected goal rispetto ai tiri prodotti ; il secondo Lukaku nerazzurro, quello che probabilmente ha vissuto la sua annata migliore in assoluto, era stato devastante anche sotto questo aspetto, perché devastante era stata tutta l’Inter . Sotto un aspetto il Lukaku in maglia azzurra è stato più decisivo: i colpi di testa. E c’è un motivo ben preciso. Lo spiegano queste due heatmap: quella a sinistra rappresenta l’attaccante nell’anno dello scudetto nerazzurro, quella a destra è su dove si è posizionato in questa stagione. Il livello di stile di gioco è cambiato rispetto alla funzione: è passato dall’essere più facilmente definibile come mobile finisher, cioè una punta mobile che svaria di più anche in fase di rinifitura, a un numero 9 più classico. Della serie: ‘Stai in area, ci servi più lì’, a dimostrazione di quanto il gioco di quell’Inter fosse più corale rispetto a questo, più sporco, ma non meno efficace del Napoli. Cosa è cambiato? Il compagno di reparto: con Lautaro, Lukaku svariava di più e partiva soprattutto dalla destra; a Napoli, il belga ha dovuto necessariamente stare più al centro, anche per favorire le incursioni di McTominay. Una condizione nuova, diversa, che ha portato l’attaccante ad adattarsi. E lo dimostra anche quest’ultima grafica, che presenta un confronto tra la prima parte di stagione , rispetto alla seconda . Si nota subito come Conte avesse già pensato questo tipo di ruolo più centrale: l’incidenza dei colpi di testa è bene o male sempre stata la stessa, così come il numero degli expected assist. L’attaccante, banalmente, stava lì e così si doveva muovere. Nel corso delle partite, però, sono aumentati i tocchi nella trequarti avversaria. Che, guarda un po’, coincidono nel momento in cui McTominay ha cominciato a segnare con maggiore regolarità. Ecco, nulla è stato casuale, e alla fine lo sforzo di De Laurentiis di fine agosto al buio , è stato ripagato. Cosa manca in questo computo? I gol. Nell’anno dello scudetto, Lukaku aveva chiuso a ben 24. Una cifra alla quale non si potrà nemmeno avvicinare alla fine di questa stagione, pur essendo comunque riuscito ad alzare la coppa. Ed è il bello di questo suo ritorno con Conte. Dove non serviva segnare per tornare a vincere.

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