Antonio Conte, l'inventore della BBC è tornato alla difesa a 4

Cosa si può fare in 4680 giorni? Cambiare idea, per esempio. L’ha fatto Antonio Conte, che dopo quasi 13 anni di fedeltà a una visione ne ha improvvisamente abbracciata un’altra, tornando “alle origini”. Qualche attimo di titubanza, giusto il tempo di controllare per bene e contarli, poi la certezza in tutti noi: “Hey, Conte gioca davvero con la difesa a 4!”. Vedendo il suo Napoli schierato così, sabato scorso contro la Juventus, il pensiero è corso a quel 29 novembre 2011 di 4680 giorni fa, in cui al contrario l’aveva abbandonata, diventando un fedelissimo della difesa a 3. Curiosamente, sempre di una sfida tra Juve e Napoli si trattava. Diversi, però, i panni che vestiva Conte, all’epoca “solo” un allenatore che aveva appena portato in Serie A il Siena, un grande ex a cui veniva affidata la Vecchia Signora dopo i flop di Ferrara, Zaccheroni e Delneri. Urgeva ripartire, nell’estate 2011, e Antonio Conte sembrava la persona giusta, forte di un’idea coraggiosa che aveva in testa: il 4-2-4. Roba da Brasile ’58. Che Conte fosse uno già capace di farsi fare un mercato su misura lo si intuisce quando quella rosa viene imbottita di esterni, pronti a essere sfiancati e cambiati di continuo. Arrivano Liechsteiner, Elia, Estigarribia e Giaccherini – la metà di loro destinati a non lasciare alcun segno in bianconero – che si aggiungono ai già presenti in squadra: Chiellini, De Ceglie, Grosso, Motta, Krasic, Pepe. Esterni bassi e alti: l’importante è che ce ne siano a sufficienza perché con il 4-2-4 ne occorrono quattro alla volta, due davanti e due dietro. Passa quasi in secondo piano l’arrivo di Arturo Vidal, che paga il fatto di essere un centrocampista centrale: due le caselle a disposizione in campo, con Pirlo e Marchisio che vengono prima di lui. Il 4-2-4, più spesso 4-4-2, dura 11 giornate, e con ottimi risultati: 7 vittorie e 4 pareggi, Juve imbattuta in vetta dove duellerà con il Milan di Allegri. Ma Conte si arrovella, come su un cubo di Rubik in cui risolvi una faccia e ti accorgi di averne smontata un’altra. Se inserisce Vidal, che nel frattempo si è rivelato il prototipo del suo centrocampista ideale, deve rinunciare a Marchisio. E poi Chiellini: se gioca al centro rende di più, ma così è necessario sceglierne due tra lui, Bonucci e Barzagli. Ci dev’essere una soluzione… Come le più grandi scoperte, dalla Coca-Cola alla plastica, il 3-5-2 di Conte nacque quasi per caso: ma in fondo era un approdo naturale, quella Juventus sembrava progettata per giocare a quella maniera. Tre centrali di altissimo livello, e perché allora scegliere?, tre centrocampisti che si integrano alla perfezione, ognuno con caratteristiche uniche e specifiche, e anche qui: perché scegliere? La soluzione: giocano tutti. Restano un paio di posti sulle corsie laterali, e a contenderseli saranno quei sette o otto classificati come esterni, in una lotta per la sopravvivenza che vedrà soccombere subito Krasic ed Elia , Grosso e Motta . La mela di Newton casca sulla testa di Conte alla vigilia di Napoli-Juventus: deve affrontare Walter Mazzarri, il gran visir della difesa a 3. I più eleganti dicono che, per fronteggiarlo ad armi pari, Conte “si mette a specchio”. Mazzarri trova una sintesi più brutale: “Mi ha copiato”, dirà, ma in fondo dovrebbe vederlo come un attestato di rispetto, se si è adattato solo per lui. Ad ogni modo, finisce 3-3 con la Juventus che recupera quando era sotto 3-1 al 70’: prima Estigarribia e poi Pepe per un esaltante pari finale che convince Conte di aver risolto il suo personale cubo. Quel giorno nasce la BBC, sigla sinonimo di imperforabilità che ci porteremo dietro per quasi un decennio di scudetti. E Conte se la porterà dietro anche in Nazionale, da Ct, ché a un’invenzione così è difficile rinunciare. Bonucci, quello più portato a impostare, nel mezzo, e Barzagli e Chiellini, che all’epoca non si chiamavano ancora “braccetti”, a ringhiare e a far la guardia sugli attaccanti avversari. Anche una volta passato all’Inter – dopo la Nazionale e il Chelsea – non abbandonerà mai la Chiesa della difesa a 3, forte di una linea – Skriniar-De Vrij-Bastoni – che non avrà una sigla musicale come la BBC ma che si fa rispettare e porta a uno scudetto vinto con la miglior difesa. Ecco dunque il motivo dello stupore nel vedere il cambio d’abito del Napoli di Conte, anche lui nato a 3 e poi rimodellato, stavolta “specchiandosi” nel 4-2-3-1 di Thiago Motta. Una soluzione che permette a Di Lorenzo di continuare a fare il terzino alla sua maniera, senza rinunciare alle sgroppate in campo nemico; consente di inserire nello scacchiere uno come McTominay, addirittura sulla trequarti, “alla Koopmeiners” contro la Juventus; autorizza l’uso di due esterni più un centravanti , che diventano tridente puro quando ci si ricompatta nel 4-3-3, addirittura 4-4-2 in fase di non possesso. Ma soprattutto la difesa. In linea: Di Lorenzo-Buongiorno-Rrahmani-Olivera. Solida, rocciosa. L’esatto contrario di quello che verrebbe fuori se volessimo trovare anche a lei una sigla: Di BuRrO. Ma non lo dite a Conte, altrimenti torna a 3...