Pioli-Fiorentina, ricominciare senza essersi mai lasciati

Se potesse disegnare il quadrilatero della sua vita, uno dei quattro vertici oltre a Parma , Forte dei Marmi e Milano , sarebbe certamente Firenze. Sei anni da giocatore, due da allenatore, sorrisi e lacrime, dolori e abbracci, giornate leggere e notti pesanti. Adesso un nuovo capitolo. Una storia che più che cominciare, ricomincia. Perché legame e ricordi sono troppo forti con quel posto in cui Stefano Pioli ha cambiato per la prima volta la sua pelle, incidendoci sopra per sempre iniziali e numero di quel ragazzo che ogni giorno vive dentro di lui. DA13, il tatuaggio ben visibile sul polso sinistro, il primo della sua vita al quale poi avrebbe fatto seguito lo scudetto numero 19 della storia rossonera, il primo vinto da Pioli in carriera. “I valori che aveva Davide li portiamo dentro di noi e cerchiamo di trasmetterli a tutti” aveva detto Pioli lo scorso 4 marzo, collegato in diretta dall’Arabia con Sky Sport 24 nel giorno del settimo anniversario dalla morte di Davide Astori. Perché ogni volta che c’è stata la possibilità di parlare di Davide, lui non si è mai tirato indietro, anzi. Ha sempre cercato di esserci, in ogni modo, da ogni luogo, per soffiare via la polvere dai ricordi con la delicatezza e il rispetto che lo contraddistinguono. Da allenatore della Fiorentina Pioli ha affrontato e gestito quelli che senza dubbio possiamo definire come i mesi più difficili della sua carriera. Era il marzo del 2018 quando in quella città dove anni prima era stato figlio, arrivando appena ventiquattrenne per un percorso di 5 anni in maglia viola, si ritrovò ad essere padre, di un gruppo scioccato dalla perdita di un fratello più che di un compagno di squadra. Un fratello che proprio lui aveva eletto a capitano, all’inizio di quella stagione, nel ritiro di Moena, annunciandolo al microfono in una piazza piena di tifosi fiorentini. “È stata subito immediata la sensazione di aver trovato un capitano vero, un capitano forte, un capitano responsabile, un capitano presente e soprattutto un capitano sorridente” ci ha detto a marzo durante quella diretta dall’Arabia. Quel capitano che quando arrivava la mattina passava davanti alla porta del suo ufficio, sempre prima di tutti, chiedendogli: “Tutto ok mister?”. Da allora è cambiato tanto: proprietà, centro sportivo e ufficio, giocatori. Un mondo nuovo che custodisce comunque con cura quello precedente. È cambiato lui ed è cambiata la Fiorentina, entrambi più maturi. Quella dell’epoca era una squadra di ragazzi giovanissimi che a turno l’allenatore prendeva sotto la sua ala protettrice per qualche indicazione, un’immagine che si ripeteva partita dopo partita. Il rapporto paterno con il gruppo è stato un segno distintivo della sua gestione. Come il dolcevita viola sotto la giacca. Come il gesto del capitano sotto la curva, in memoria di Davide Astori. Con Pioli nel momento più buio quel gruppo di ragazzi trovò la luce nell’unione delle anime, trovò la forza nella compattezza, vincendo sei partite consecutive e tornando a credere nell’Europa. Un percorso finito poi nella stagione successiva, per l’esattezza il 9 aprile 2019, giorno della sconfitta casalinga contro il Frosinone per 0-1, dopo la quale arrivarono le dimissioni di un amareggiato e svuotato Pioli. Poche parole: “questa non è la squadra che conosco io”, prima di allontanarsi, ma senza spezzare il filo. Quel filo sottile, ma visibile, che ha sempre tenuto insieme Pioli e Firenze, nonostante i chilometri di distanza aumentassero, anche negli anni a venire. Perché tra tante cose che sono cambiate, ciò che invece è rimasto sempre uguale è il rapporto con una città che non ha mai dimenticato la sua umanità. Quando a febbraio del 2020 tornò per la prima volta a Firenze da ex, da allenatore del Milan, tra un abbraccio a Benassi e uno a Chiesa, Pioli alzò lo sguardo verso la Fiesole ritrovandosi disteso davanti agli occhi uno striscione che non ha bisogno di spiegazioni: “Uomo vero e grande condottiero. Stefano per sempre uno di noi”. La sua storia con Firenze sta tutta lì, in quelle undici parole che vanno molto oltre gli undici uomini che di volta in volta scendono in campo ai suoi ordini. È per questo che questa storia è diversa. Perché ricomincia senza mai essere finita.

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Pioli-Fiorentina, ricominciare senza essersi mai lasciati

Gianluigi Bagnulo