Sassuolo vuol dire qualità: come i neroverdi hanno dominato il campionato di Serie B

La qualità, innanzitutto. Il Sassuolo ha vinto dominando perché intanto ha messo sul tavolo del campionato l'enorme qualità del suo organico. Il ‘sospetto’ che potesse essere questo l'elemento capace di garantire la differenza c'è stato da subito, sin dalla scorsa estate quando era bastato spendere i nomi dei confermati, intanto, per piazzare i neroverdi in cima a tutte le griglie delle favorite: Toljan, Thorstvedt, Laurienté, Mulattieri. Aspettando il rientro di Berardi. Il dubbio, casomai, era stato quello delle modalità e dei tempi con i quali questi giocatori avrebbero capito le pieghe di un campionato tanto diverso. E poi, naturalmente, c'era da costruire il resto intorno a loro. L'ALLENATORE Decisiva è stata la scelta di Giovanni Carnevali e Francesco Palmieri, il direttore sportivo, di puntare forte su Fabio Grosso. Due anni fa aveva vinto a Frosinone con numeri appena meno importanti rispetto a quelli di oggi ma comunque netti e poi si era concesso un anno sabbatico con il calcio italiano, rifiutando di entrare in corsa al Palermo ma pure allo stesso Sassuolo che lo aveva cercato a gennaio, per accettare invece la chiamata del Lione. Esperienza brutta, sotto tutti i punti di vista. Ma torniamo all’Italia. Con il club rosanero -suggestivo il richiamo della città che lo consacrò all'inizio degli anni 2000 consegnandolo poi alla Nazionale e alla storia- i contatti sono ripresi in estate ma se il Sassuolo ha voluto Grosso, anche Grosso ha voluto fortemente il Sassuolo. Il momento, ora, era giusto. “Una società che ha dei valori che mi rispecchiano molto”, disse il giorno della sua presentazione, a giugno. Rispetto ai suoi primi anni da allenatore, incassando anche qualche brutto cazzotto -i tre esoneri consecutivi di Verona, Brescia e Sion- Grosso sicuramente ha trovato una sua dimensione più matura. Assai formativo il periodo di Frosinone: subentrato a Nesta, un paio di assalti falliti ai playoff e poi il trionfo. Protetto, coccolato e sempre stimolato da una società sana e lungimirante. A Sassuolo ha messo sulla lavagna e poi in campo i frutti di questa crescita: grande gestione del gruppo e un calcio assolutamente propositivo. I 73 gol segnati, 21 dai subentrati, sono quei frutti. Ha costruito una squadra dentro la quale l'amalgama tra i ‘reduci’, forti ma con l'incognita dell'adattamento, e i nuovi è risultata perfetta. La squadra, giusto il tempo di capire il campionato , poi si è messa a volare. L'ICONA Domenico Berardi, da che venne scoperto su un campo di calcetto, ha vestito solo la maglia del Sassuolo, oltre a quella della Nazionale. E, con quella, ha giocato 395 partite, segnato 148 gol, distribuito 106 assist: quindici anni di show e di fedeltà. Tredici mesi fa si era rotto il tendine d'Achille e a ottobre era tornato, subentrando nel secondo tempo della partita contro il Cittadella, assist per il gol del 6-1 di Thorstvedt, così giusto per riannodare i fili. Poi di assist ne avrebbe regalati altri undici e segnato sei gol: lo show può continuare. A ogni fine campionato, da un po', la domanda è sempre la stessa: “Berardi resta al Sassuolo?”. Mimmo compirà 31 anni ad agosto, ha ancora stagioni piene davanti, di sicuro Sassuolo è casa e di sicuro il Sassuolo gli chiederà di restare per allungare la storia. Di nuovo in A, ancora insieme. Bisogna ripartire dalla qualità.

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