La Sampdoria in Serie C è una vetrina che si è frantumata in mille pezzi

“Rialzarsi non sarà semplice. Ma è l’unica direzione possibile”. Nelle ultime tre righe del comunicato stampa di mercoledì sera c’è la consapevolezza di quanto grave e pesante sia questa cosa che è successa e un filo, appena un filo, di quella speranza che ci deve essere se si vuole pensare al futuro. La retrocessione della Sampdoria è il mattone che infrange la vetrina della gioielleria che tutti, nove mesi fa, guardavano ammirati. Perché era rimasto Pirlo, dopo tanti problemi ma pure la conquista dei play off della scorsa stagione e tutti avevano pensato che il secondo anno del ‘Maestro’ in panchina potesse essere quello della sboccatura, sua e della squadra. Perché erano arrivati giocatori importanti . Perché la gente aveva risposto con entusiasmo ventimila abbonati. Ma già l’esonero di Pirlo dopo appena tre partite aveva incrinato il cristallo di quella vetrina. Da lì, solo problemi, solo errori: troppi allenatori , troppi giocatori , nessun vero segnale di inversione di tendenza. Neppure l’operazione ‘Sampd’oro’, nonostante l’illusoria vittoria contro il Cittadella, è servita: anche Evani è finito inghiottito dalla balena di questa stagione tutta storta. In settantanove anni di storia questa prima retrocessione in C è una botta fortissima. Giusto vent’anni fa era capitato anche al Genoa - e non era la prima volta per il Grifone - e cadere era capitato anche ad altri grandi del nostro calcio: il Bologna, il Napoli, il Bari, il Palermo ma questa è sembrata da subito, dai tre fischi di Colombo martedì sera a Castellammare di Stabia, una storia diversa. Non una caduta per motivi finanziari, come per le disgraziate compagne di destino appena citate, ma per motivi di campo. Un clamoroso fallimento tecnico. E’ vero, gli infortuni sono stati tanti e molto seri, gli stessi Romagnoli e Tutino su tutti, ma l’impianto della rosa, smontato e rimontato con il mercato di gennaio, era sembrato comunque all’altezza di obiettivi ben diversi. “La stagione è stata segnata da scelte non all’altezza, da errori e da dinamiche che non siamo riusciti a correggere in tempo utile”, dice il comunicato. Un tonfo che fa parecchio rumore. E ora? Ora viene davvero la parte più difficile. Il piano di risanamento pensato dal presidente Matteo Manfredi, con termine la stagione sportiva 25/26, prevedeva una sola opzione: tornare in A. L’ultimo bilancio si è chiuso con un passivo di 40.6 milioni, un rosso in aumento di 10.7 milioni rispetto alla perdita registrata nell’esercizio 2023. Numeri che spaventano adesso che non solo non è arrivata la A ma addirittura bisogna fare i conti con il precipizio della terza serie nazionale e quindi con l’azzeramento, o quasi, dei proventi dei diritti televisivi e la gestione dei pesantissimi ingaggi di allenatori e calciatori sotto contratto. Da parte della proprietà servirà una ulteriore dimostrazione di solidità oltre ad una nuova pronuncia positiva sul nuovo piano che la Samp dovrà presentare al Tribunale di Genova, con il quale esiste un accordo di ristrutturazione omologato nel 2013. O anche l’ipotesi fallimento potrebbe ridiventare reale. “Sappiamo che le parole non colmano la distanza con le aspettative ma rappresentano il primo passo verso un impegno rinnovato”. La società china la testa e annuncia che vorrà ripartire. Comunque. Ma la prima Serie C della storia è un pensiero brutto e lungo che durerà tutta l’estate.

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La Sampdoria in Serie C è una vetrina che si è frantumata in mille pezzi

Daniele Barone