Papu Gomez: "Ho trasformato la rabbia in sorriso. Quelle pizze alle 5 con Muriel e Ilicic"

Per leggere questo testo, la parola chiave da tenere in mente è sempre e solo una: ‘sorriso’. E tutto il significato che si porta dietro. Perché non è solo una mimica, non è nemmeno solo una condizione, uno stato d’animo. E soprattutto, non è nemmeno uno schermo da usare quando si è in difficoltà. È un insieme di aspetti, il sorriso. E quando è sincero, è bellissimo. Come quello di Alejandro Gomez. Il ‘Papu’. Essere il Papu Gomez a Padova vuol dire credere in un progetto. “Anche se io preferisco definirla sfida” ci racconta. È sempre sorridente, il Papu, che sa benissimo che uno come lui non può passare inosservato. “Mi hanno dato una grande responsabilità, eh?”. Crediamo di sì. “Ma non è solo una questione di responsabilità: è fiducia che il presidente, il direttore Mirabelli e mister Andreoletti hanno in me, dopo tutto quello che è successo. Voglio essere un esempio in campo per tutti, perché veramente voglio portare il Padova il più in alto possibile. Spero di poter contribuire a far crescere l’entusiasmo che questa piazza si merita”. Il Papu a Padova è richiestissimo: dai tifosi, che appena lo incrociano gli chiedono foto e autografi; ma anche dai giornalisti, che ogni tanto ci provano a chiedergli un’intervista. Quella che concede a Sky Sport Insider avviene prima de ‘L’Originale’, la trasmissione di Alessandro Bonan con Gianluca Di Marzio. A cui l’attaccante ha raccontato delle lacrime con cui ha convissuto quando gli è stata confermata la squalifica di due anni per doping. “Ma non erano solo lacrime”, ci spiega. “C’era anche un sacco di rabbia. Tanta, tantissima rabbia che ho capito di non poter trattenere troppo a lungo. O mi avrebbe fatto malissimo”. E quindi si è concentrato su una cosa sola: “Il calcio. Dovevo tornare a giocare, volevo tornare a giocare. Quella rabbia mi doveva motivare a trovare una luce fuori dal tunnel. O non ne sarei uscito davvero”. Sorride, il Papu. Ora che da quel tunnel è uscito, pensa a quello che potrà dare al Padova. “Sapendo però di non essere quello che ero a Bergamo o a Catania. Non dico meno performante. Solo, diverso”. Perché ogni giocatore ha un suo percorso. Un po’ come gli allenatori. Come Gasperini. “È stata bella quella cena che abbiamo fatto qualche mese fa. Non capitava da tanto tempo…” dice. È stata la cena della riappacificazione, dopo quel litigio che di fatto fece terminare l’avventura nerazzura dell’argentino nel 2021. “Quando ci siamo rivisti, abbiamo parlato di calcio e proprio dei nostri tempi all’Atalanta. Ora è alla Roma e penso stia facendo bene. È veramente un grandissimo allenatore e ha a disposizione una squadra di qualità. Gli serve solo il tempo per poter confermare che la sua rosa è dai primi 4, 5 posti”. E l’Atalanta? “Non invidio Juric”, ammette. “Ogni allenatore che avrebbe ereditato quella panchina, sapeva a cosa sarebbe andato incontro. La squadra sta facendo un po’ fatica a segnare, ma resta molto forte e in qualche modo lavora in continuità con quello che era il passato”. Pizzate notturne E sorride di nuovo, il Papu, pensando a Bergamo. “Ci siamo divertiti, eh?”. A vederli sì, è stato uno spettacolo. Ma qualcosa di particolare, ce la può raccontare? “Fatemi pensare” ride. “Non è facile, avete detto di tutto. Però forse questa non la sapete e ci riporta agli anni della Champions. Per noi è stata un’emozione enorme giocarla, era quasi una festa. E succedeva che dopo le partite, dormivamo al centro sportivo ed eravamo ancora carichi di adrenalina. Non riuscivamo a prendere sonno. Allora ordinavamo una pizza, in piena notte. Eravamo spesso io, Muriel e Ilicic: mangiavamo la pizza e parlavamo fino alle 5 del mattino, perché non riuscivamo a prendere sonno. Avete presente quell’eccitazione, quella voglia di non chiudere una giornata stupenda? Ecco, ci sentivamo così”. Come dei ragazzi, in fondo. Ragazzi cresciuti, che vivono un loro sogno. “Ora le cose sono diverse per me”, ribadisce. “La responsabilità che mi voglio prendere è tanta”. E chiudiamo con la domanda più difficile di tutte: c’è un ‘nuovo’ Papu Gomez? “Ma non potevate farmene un’altra?”. Nemmeno per sogno. “In realtà un giocatore che mi viene in mente c’è: è Dominguez del Bologna. È piccoletto, nasce esterno d’attacco ma gioca anche più in mezzo. È chiaro: siamo diversi, perché io sono cambiato e cresciuto. Ma lui mi piace molto: ha qualcosa in cui mi rivedo”. Sorride ancora, il Papu. Perché è sereno. E sa che ne ha detta una molto forte su un giovane che spera di fare in Serie A quello che a lui è riuscito benissimo. Ai tempi, rabbia non ne provava. Non ne prova nemmeno più adesso. Ed è perfetto così.

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Valentino Della Casa