La missione di Coppitelli: "Scopro giovani e mi vesto come loro"

Occhio azzurro che guarda lontano, barba sempre curata, capello perfetto. Il paragone che stiamo per fare non è casuale: c’è un qualcosa di Farioli in Federico Coppitelli, che con la Casertana si sta di nuovo mettendo alla prova in Serie C. Nelle giovanili di Torino e Lecce, Coppitelli ha lavorato e plasmato davvero tanti campioni di oggi e, forse, di domani. Anno dopo anno, le sue foto e quella sua espressione sembrano sempre identici. “Qualche capello bianco però c’è”, ride. Non gli crediamo nemmeno troppo. Mister, il suo ritorno in Italia è per sposare il progetto della Casertana. Siete in un girone complicatissimo, ma siete al quinto posto anche grazie al 3-1 di sabato scorso alla Cavese. Siete sorpresi? “È stato un anno di rifondazione, dopo una stagione non esaltante. Nel calcio non è mai facile ripartire e soprattutto ormai è difficilissimo pensare di farlo dal primo giorno con tutti gli effettivi: c’è chi è arrivato all’ultimo, chi è partito più tardi del previsto. Abbiamo lavorato per costruire la squadra il più velocemente possibile: il nostro è un arricchimento costante, giorno dopo giorno. Bisognava essere pronti sùbito e i risultati ci sono venuti incontro” Ma non ci ha risposto… “Perché è una domanda troppo difficile! Io penso che la nostra squadra abbia dei valori, con la società si è cercato di imbastire un progetto che tenesse conto di circa 18 giocatori più o meno dello stesso livello. Abbiamo un’identità, un gioco che possiamo cambiare di volta in volta. E questo, quindi, non è sorprendente. È sorprendente il fatto che ci siamo riusciti così in fretta. L’avvio è stato difficile, ma abbiamo fatto dei punti che ci hanno permesso di stare tranquilli e di ridare entusiasmo alla piazza: ne sentivamo il bisogno. Caserta ha una tifoseria molto accesa e appassionata, regala una grande spinta” Guardiamo la sua carriera: giovanili della Roma, giovanili del Frosinone, giovanili del Torino con cui ha vinto una Coppa Italia e una Supercoppa Primavera, giovanili del Lecce con cui ha vinto un campionato. Nel mezzo, un’esperienza all’Imolese e quella dello scorso anno, in Croazia, all’Osijek. Ma la sua carta di identità dice che ha appena compiuto 41 anni. Si reputa ancora un giovane? “D’età sì, mi piace pensarmi giovane. Mi vesto ancora da ragazzo ogni tanto ! Ma ho maturato davvero tanta esperienza e molto deriva dai 10 anni che ho fatto nei settori giovanili. Sono state stagioni molto intense. Non so quanto ripetibili” In senso assoluto? “Sì” Parla in riferimento alle seconde squadre? “Esattamente. Ma senza che passi come una critica, perché non è così. Negli ultimi due, tre anni, con le squadre B si sta forse perdendo un po’ di competitività in Primavera, che a volte diventa una sorta di terza squadra. Di certo, le Under 23 sono delle ottime tappe per la crescita dei giocatori: hanno modo di scendere in campi difficili, con tifosi al seguito, cosa che anche agli addetti ai lavori permette di capire presto se un giocatore sia davvero pronto per una Serie B o una Serie A. Penso a Vavassori dell’Atalanta: lo conosco da 5 anni, ma un conto è quando affrontava il mio Lecce Primavera, un conto è vederlo adesso, come si comporterà a Caserta. Il problema, per così dire, è forse l’ambiente un po’ protetto in cui i ragazzi crescono: i nostri Leone, tra i prospetti di primo livello del Sassuolo, o Di Tommaso, che è in prestito dalla Lazio, hanno comunque a che fare con pressioni diverse. Ma le riflessioni sul settore giovanile richiederebbero ore e ore di intervista…” Proviamo a riassumerle? “In Italia di sicuro diamo meno spazio. Lo si dice ed è così: spesso dirigenti e allenatori devono pensare alla partita della domenica o rischiano il posto. Faccio un esempio: se sono in odore di esonero, difficilmente schiero un portiere di 17 anni, che deve avere la possibilità di sbagliare. C’è anche un mondo sommerso dei settori giovanili, in cui gli staff cambiano e a volte si perdono risorse importantissime. Poi è anche vero che probabilmente un po’ di talento manchi e su questo bisogna lavorare. Bisogna anche saperlo scegliere, il talento: a Lecce c’era un maestro come Corvino, che aveva deciso, dopo una stagione, di chiamare un mio ragazzo dalla Primavera in prima squadra, senza che prima avesse mai fatto un solo allenamento con i più grandi. Aveva capito che era forte, era pronto a proteggere lui e l’allenatore che l’avrebbe schierato, anche di fronte alle critiche più feroci. Quel ragazzo era Dorgu” Il più forte che ha allenato? “Forse no, ma sicuramente quello che è emerso di più. Di giovani ne ho avuti tanti, e sarebbe ingeneroso non citarli tutti. C’è chi può ancora dare tantissimo: Frattesi, Scamacca, Luca Pellegrini, Alessandro Buongiorno, tra gli altri. A Lecce ora si sta apprezzando il valore di Berisha, un altro giovane molto, molto talentuoso” Da allenatore si sperimenta molto, soprattutto con i giovani. Qual è stato il suo più interessante? “Quello che ho fatto su me stesso. E in questo senso, mi ha aiutato molto la mia esperienza in Croazia dello scorso anno. Lavorare lì mi ha permesso di ampliare la visione sulle cose che spesso davo per scontate, come l’importanza del giorno di riposo, dell’alimentazione, della variazione quotidiana degli allenamenti. Andare fuori dall’Italia mi ha fatto crescere davvero molto, penso abbia dato un’accelerata al mio percorso” Come mai? “Perché sono uscito un po’ dal mio guscio. Abbiamo giocato in Serie A, fatto la Conference League: sono stato in partite, penso a quella con l’Hajduk Spalato, in cui allo stadio c’erano circa 60mila persone. L’Osijek è una società modernissima: ha un centro sportivo di primo livello, un’organizzazione da top club. Spesso si tende a pensare a questi come campionati minori, nulla di più falso: parliamo di una lega di alto livello, si impara moltissimo. Nel corso dell’anno, la proprietà è cambiata e sono state prese altre scelte. Ma sono stati 10 mesi bellissimi” Il cui risultato adesso vuole far vedere a Caserta. Con che obiettivo? “Quello di continuare a divertirci, con l’ambizione di voler lasciare il segno ma mantenendo sempre la giusta umiltà. Siamo in un girone terrificante: Catania, Salernitana, Benevento, Cosenza, Crotone, Foggia, Trapani… giudicate voi! Noi vogliamo mantenere questa classifica, ma soprattutto il mood positivo. D’altra parte, la mentalità è tutto. E se si vuole cambiare qualcosa, bisogna partire da qui”

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Valentino Della Casa