Mattia Pagliuca: "Il nome non pesa e mi piace anche fare il portiere. Ma sono una punta"

L’accento è emiliano di quelli più limpidi e puri possibili. “Sapete, sono cresciuto a Bologna”, esordisce Mattia Pagliuca, che porta un cognome pesantissimo ma che quasi non sembra farci caso. “Sono distrutto”. Perché? Gli chiediamo. “Eh, la Virtus ha perso contro l’Olimpia. E sono pure andato a vedermela nel giorno libero”… Ma sei più giocatore di calcio, o tifoso di basket? “Tifoso? Tifosissimo! Io sono virtussino da quando sono nato!” Non è facile trovare un giocatore, un atleta professionista, così accalorato. “Ma noi a Bologna la sentiamo tantissimo, la passione per la Virtus. Io tifo da quando sono piccolissimo, era mio padre a portarmi sempre al palazzetto: questa passione mi è stata tramandata da lui. Poi nella Virtus giocano tanti giocatori che possono essere da esempio per chiunque: da Edwards a Niang, fino a Paiola. Vedere la Virtus perdere mi fa stare male. A dirla tutta, mi fa quasi stare male più che il calcio” Che però è la tua vita professionale. “Sì. Perché alla fine mi è sempre più piaciuto giocare a calcio che a basket. Anche se ancora adesso se mi capita qualche partita così, tra amici, la faccio più che volentieri. Sapete, d’estate, nei campetti… Alla fine non sono neanche male. Ma il calcio è comunque un’altra cosa” Ci torneremo. Segui altri sport? “Certo, uno in particolare. Il tennis” Sinner? “Sopra tutti, ovviamente. Ma non è nemmeno da chiedere…” Una cosa però te la chiediamo. È facile essere figlio d’arte? “No, perché so benissimo cosa rappresenti questo cognome. Ma so anche di quanto sia orgoglioso di chiamarmi così” Hai scelto di essere attaccante, con un papà portiere. La chiave è forse questa? “Sì, è un aspetto non casuale. Ho scelto un altro ruolo perché mi sentivo di voler fare gol o di aiutare i miei compagni a farli, più che non prenderli. E da piccolo ho provato quasi tutti i ruoli. Ma questa è la mia vita, la mia carriera. E sono fortunato ad avere un padre come il mio, che mi segue ovunque e mi fa sentire tutto il suo sostegno” Quando dici tutti i ruoli, intendi proprio tutti? “Tranne forse il difensore. Ma il portiere l’ho fatto e lo faccio ancora” Davvero? “Sì, in allenamento! Mi piace mettermi in porta alla fine, quando i miei compagni provano i tiri. Faccio anche delle belle parate, tanto che qualcuno resta ancora esterrefatto. Posso dire questo: se un mio compagno in porta venisse espulso, sarei forse uno dei pochi giocatori di movimento a proporsi per andare tra i pali. Pur sentendomi sempre e solo un attaccante” Che ha segnato una rete fondamentale contro l’Alcione. La tua seconda in campionato, dopo un anno praticamente fermo per infortunio. È come una rinascita per te? “Sì. Qualche anno fa mi ero rotto il crociato. L’anno scorso è stato anche peggio: si sono staccati due tendini dietro al flessore, parliamo di 10, 15 centimetri. Mi dovevo operare subito o avrei rischiato di smettere di giocare. Ho avuto paura, ho sofferto, ma non ho mai pensato che la mia carriera si sarebbe interrotta a 22 anni. Mi hanno operato in Finlandia, mi sono rimesso in piedi. Durante un infortunio, capisci tante cose” Per esempio? “La forza di voler continuare. Altri probabilmente avrebbero anche deciso di smettere. E li avrei capiti. È stata una vera sofferenza, anche solo la sedia a rotelle. Rischi di vedere tutto nero” Invece ora sei tornato a giocare. Hai un obiettivo? “Stare bene e aiutare la Virtus a raggiungere la salvezza. Magari giocando anche bene. Mi diverto molto, qui” Ma se parlassimo dal punto di vista personale? “Segnare di testa! Sono alto, mi manca un po’ una bella incornata. E poi ho esordito in Serie A, mi piacerebbe prima o poi tornarci” Te l’ha suggerito anche tuo papà? “No. Lui mi ha sempre consigliato una cosa: l’umiltà e la costanza. Sono le cose più importanti per un giocatore. E lui, che mi segue sempre, me l’ha ribadito più volte. È bellissimo avere un papà così: ti sostiene sempre, sa come aiutarti e sa come intervenire nei momenti di difficoltà. È una grande forza, il suo sostegno. Sono orgoglioso di essere un Pagliuca. Lo ribadisco e lo ribadirò sempre”

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Valentino Della Casa