Fiorentina, la missione di Zaniolo è quella di farsi voler bene

“L'artista è nulla senza il talento, ma il talento è nulla senza il lavoro”. Lo scriveva più di un secolo fa uno dei romanzieri francesi più apprezzati, Émile Zola. Cognome che in Sardegna, dal 5 luglio del 1966, sarà anche di Gianfranco da Oliena, che a 23 anni duetterà con Maradona e che poi a Londra diventerà per tutti ‘Magic Box’. Quanto talento in quei 168 cm. Inestimabile, così come il lavoro, la dedizione, la consapevolezza che madre natura da sola non basta. Chissà quanto sarebbe stato orgoglioso di lui il suo omonimo nato a Parigi. Di talento, non certo paragonabile a quello dei due Zola, ne aveva e ne ha ancora Nicolò Zaniolo e non sarebbe neanche giusto mettere in dubbio la sua volontà di migliorare, di dare tutto negli allenamenti, di sacrificarsi per crescere Uno che si rimette in piedi dopo la rottura di un legamento crociato e che fa lo stesso dopo essersi rotto anche l’altro a soli otto mesi di distanza, non può essere mai tacciato di scarsa voglia, di pigrizia o di mancanza di carattere. Qualcosa però dovrà pur esserci per spiegare la strana parabola di un ragazzo che prima di esordire da professionista, a inizio settembre nel 2018 venne convocato in Nazionale maggiore da Roberto Mancini. E pochi giorni dopo, senza aver mai sentito il profumo della Serie A, si ritrovò titolare in Champions League al Santiago Bernabeu grazie a Eusebio Di Francesco. Paradossale, per uno che l’Inter aveva quasi regalato alla Roma inserendolo nell’operazione Nainggolan. I migliori anni della sua vita restano proprio quelli, i primi due in maglia giallorossa. Anzi, i 18 mesi che avevano preceduto quel 12 gennaio 2020, il giorno del primo infortunio all’Olimpico contro la Juve. Sono passati poco più di cinque anni e cinque maglie diverse, senza mai trovare pace. Nemmeno a Bergamo, in una società modello, in una squadra che viaggia a mille e che gioca in Champions, con un allenatore capace di far segnare a Lookman 22 gol nell’ultimo anno solare. Gli stessi che aveva realizzato in carriera nei cinque anni precedenti. Dopo un comprensibile rodaggio iniziale, anche Nicolò Zaniolo sembrava avesse imboccato quel sentiero luminoso. Sempre entrando dalla panchina, si era sbloccato a Stoccarda a inizio novembre, per poi ripetersi due volte in campionato. Da ex contro la Roma segna il gol che chiude la partita, pochi giorni dopo a Cagliari firma l’unica rete del match. È nel post-partita che arriva la doccia fredda. Anziché esaltarlo, Gian Piero Gasperini lo critica: “Non è tollerabile che ogni volta che segna incendi il pubblico avversario, è già la seconda volta che accade. Il Cagliari era tramortito e con la sua esultanza ha riacceso tutto lo stadio”. Più che un indizio, ecco la prova di un feeling mai realmente sbocciato. E per l’ennesima volta Nicolò cambia maglia: Roma, Galatasaray, Aston Villa, Atalanta e ora Fiorentina. È la prima volta che torna in un posto dove era già stato. Altri tempi, la trafila nelle giovanili viola dal 2010 al 2016. Un percorso interrotto con gli Allievi, perché per la Primavera a Firenze non venne ritenuto pronto e costretto per questo ad accasarsi all’Entella. Chissà se Raffaele Palladino sarà capace di riaccendere quell’interruttore. Ritroverà Kean, lui sì che si è illuminato da quando è a Firenze. I due erano inseparabili in Under 21 sei anni fa. A volte fin troppo distratti, come ricorderà l’allora Ct Di Biagio. C’è chi parla di ultima chiamata per Nicolò Zaniolo, a 26 anni sembra davvero una forzatura definirla così, ma di sicuro è il momento di cambiare, di dare una svolta, di guardarsi dentro per capire se in questi anni non si è sbagliato qualcosa. Nessuno ha mai rimpianto Nicolò Zaniolo, nemmeno i romanisti ai quali con un suo gol ha regalato l’unico trofeo degli ultimi 16 anni, la Conference a Tirana. Perché a volte il talento non basta e neanche l’impegno è sufficiente. L’obiettivo, in questa nuova avventura fiorentina, dovrà essere proprio questo. Prima di tutto, farsi voler bene.

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