I retroscena del ritorno di Sarri alla Lazio: tutt'altro che una sorpresa

Non escludo il ritorno. Dirlo oggi che il Sarri-bis è già ufficiale non fa più notizia. La notizia semmai è un’altra: è da mesi che la Lazio e Sarri questo ritorno non le escludevano di certo, anzi. Perché quel sofferto passo indietro di 15 mesi fa aveva lasciato sia all’allenatore che al club un senso di incompiuto, qualcosa rimasto in sospeso. E un po' come se da Formello il vecchio-nuovo allenatore non fosse mai realmente andato via. Lui e i suoi collaboratori non hanno mai smesso di seguire i biancocelesti a distanza, continuando ad avere contatti con i ‘fedelissimi’. Con Lotito nei giorni dell’abbandono qualche frizione c’è stata ma mai si è arrivati realmente alla rottura; col ds Fabiani invece confronti, consigli e riflessioni sono stati frequenti. E così qualche mese fa è nata l’idea del numero 2 del club di sondare il terreno circa l’eventualità di un clamoroso ritorno. Quindi, l’apertura di Sarri, la condivisione con una parte dello spogliatoio, una sorta di referendum esplorativo da cui è uscita la fumata bianca. Ha vinto il sì: riportare Sarri a Roma sarebbe stata cosa gradita. Nessuno probabilmente lo ammetterà mai ma il destino di Baroni era segnato da tempo e anche il diretto interessato lo aveva percepito. Per trovare l’accordo non è servito neanche rivedersi di persona. Tra Lotito e Sarri è bastata davvero solo una telefonata. Intesa economica trovata sulla base di un biennale, con opzione per il terzo anno da 2,5 milioni di euro a stagione, più ricchi bonus legati alla qualificazione alla prossima Europa: 500mila euro per l’Europa League, 1 milione per la Champions. Sul resto invece si sono confrontati a lungo allenatore e ds. Perché la domanda chiave che accompagnerà Sarri e ne determinerà le fortune o meno nella sua seconda avventura è semplicemente una: cosa trova di diverso 15 mesi dopo quel passo indietro? Di sicuro, un altro spogliatoio e la battuta di Lotito ha reso bene l’idea: “Ho un’impresa di pulizie e stavolta ho fatto pulizia”. All’epoca, il presidente parlò addirittura di un Sarri tradito da qualche senatore. Non fu effettivamente così ma con qualche big di allora i rapporti si erano deteriorati, la squadra non lo seguiva più. Tante volte in stagione le dimissioni le aveva minacciate per provare a riaccendere un gruppo che si stava spegnendo. Poi dopo il ko con l’Udinese dell’11 Marzo 2024, il 16esimo su 39 partite stagionali, lo ha fatto davvero. Ora però c’è un altro ambiente dentro Formello, i ribelli sono partiti, lo spogliatoio è meno inquieto. Il tecnico ha superato quei problemi familiari che lo avevano provato e segnato, ha ritrovato entusiasmo e slancio e riparte da una Lazio probabilmente con meno qualità ma più giovane e più facilmente plasmabile. Rimanere senza Europa non è certo un bene ma almeno gli permetterà di lavorare di più sul campo. Poi però c’è il mercato. Il “famigerato” mercato. Non la causa di tutti i mali, ma di sicuro quello che è stato terreno di scontro e di incomprensioni, soprattutto nell’anno della Champions. Sarri sa dove torna, conosce bene il modus operandi e le strategie del club ed è consapevole che quelle non cambieranno. Ha ricevuto però garanzie sulla costruzione della Lazio che verrà, spera che le promesse estive non siano scritte sulla sabbia. Non servono rivoluzioni ma 4-5 acquisti mirati. Uno o due terzini, una mezzala, un esterno d’attacco, forse un nuovo centravanti titolare. Sempre a patto che nessuno dei pezzi pregiati lasci Roma. Difficile. Perché il budget è limitato. Per fare mercato uno o due sacrifici potrebbero essere necessari. Gli incedibili non esistono più, le offerte verranno pesate e valutate. Senza gli introiti garantiti dall’Europa proseguirà l’opera di ringiovanimento della rosa e l’ulteriore taglio del monte ingaggi, già ridotto del 20% nell’ultima stagione. E allora, visti i precedenti, ancor prima dei risultati sarà il mercato la vera prova di tenuta tra Sarri e la Lazio.

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Matteo Petrucci