La bicicletta di Angel

Quella vecchia Graziella arrugginita con cui mamma Diana percorreva i nove chilometri che separavano casa Di Maria dal campo del Rosario Central è stata – in fondo – il mezzo con cui El Fideo ha metaforicamente girato il mondo, pedalata dopo pedalata, titolo dopo titolo, sogno dopo sogno. L’ultimo era quello di chiudere la carriera nella squadra che l’ha cresciuto, il Rosario Central. Per farlo il Fideo si è fidato del suo cuore. Perché dopo aver vinto trenta titoli a livello di club ed essere diventato campione d’America, del mondo e di tutto con l’Argentina, riscattando anni bui di critiche e offese per il suo rendimento con la nazionale, gli restava un solo desiderio: “Essere campione con il Rosario Central, l’unica cosa che mi manca”. Lo ha detto lui stesso durante una conferenza stampa di presentazione in cui si è dovuto interrompere più e più volte Di Maria, tra lacrime e singhiozzi, ricordi e pensieri. La mente è tornata a quella bicicletta con cui la mamma lo portava al campo, quando una carriera così sembrava impensabile. È tornata a tutte le pietre che quella bicicletta ha trovato sotto le sue ruote: la lontananza da casa, le cattiverie della stampa argentina, gli infortuni, le difficoltà, le finali perse, le espulsioni e i rigori sbagliati. A proteggerlo, al suo fianco, c’è sempre stata la moglie Jorgelina, il suo scudo naturale, colonna portante della sua carriera da campione, la donna a cui è stata rivolta ogni esultanza degli ultimi 15 anni, con le mani a forma di cuore, e infine colei che lo ha accompagnato – sostenendolo dentro quel vortice di emozioni – sul prato del Gigante di Arroyito nel giorno del suo ritorno al Central, insieme alle figlie Mia e Pia. Rivoluzione Dopo anni di attesa, i tifosi del Rosario Central, gloriosa squadra per cui faceva il tifo anche il comandante Che Guevara, si sono ritrovati davanti ai loro occhi un angelo in lacrime. Una rivoluzione emotiva. Gli applausi della sala stampa hanno più volte interrotto la conferenza di presentazione del fenomeno argentino, emozionato quasi fino ad essere sopraffatto dal momento, a non riuscire a gestirsi. Un momento per cui Di Maria ha dovuto aspettare un anno in più del previsto. Il ritorno infatti poteva concretizzarsi già l’anno scorso, non fosse che da quelle parti l’amore è talmente forte da potersi trasformare in prigione. Così, in una città che purtroppo da tempo è totalmente in preda al narcotraffico, Di Maria era stato minacciato di morte in caso di ritorno a Rosario, ricevendo un messaggio intimidatorio davanti alla sua casa di campagna. Così aveva rinunciato al suo sogno e scelto di rimanere al Benfica, suo primo club europeo, che proprio dal Rosario Central l’aveva prelevato nel 2007 per 6 milioni di euro. Il ritorno si è però concretizzato un anno dopo. Solitamente 18 anni sono l’età in cui, diventando maggiorenni, si va via di casa. Il Fideo, che è sempre stato diverso da tutti, ha fatto il contrario: 18 anni fuori, prima di tornare. Come se quella bici, ormai sempre più ammaccata, avesse ripreso il sentiero più familiare, danzando tra i ricordi. C’è chi pensa che tornare sia più bello che andare, che faccia riemergere le origini, gli spazi dell’infanzia e di conseguenza la versione più reale e pura di noi stessi. Guardando Di Maria rientrare nello stadio dei suoi sogni da bambino, quel pensiero sembra trovare conferma. La sua faccia è quella di uno che mettendo l’orecchio dentro una conchiglia sente il rumore del mare. Lo stadio – vuoto – sembra pieno. Ci sono i suoni della sua adolescenza. Angel bacia le figlie, abbraccia la moglie. Perché alla fine sta tutto lì, nella semplicità delle cose di sempre: un abbraccio, una bici, due baci. E la vita sembra ricominciare da capo.

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La bicicletta di Angel

Gianluigi Bagnulo