Il giorno in cui iniziò Zanetti, senza ancora saperlo, cambiò la storia dell'Inter

La cornice è la vera opera d’arte, non il dipinto. Ma ecco la scena: immersi in due completi – beige, con cravatte fantasiose, diciamo così – che oggi farebbero impallidire Enzo Miccio, due ragazzini argentini appena sbarcati in Italia tengono in mano una sciarpa nerazzurra. È il 5 giugno 1995, sono i due nuovi acquisti dell’Inter di Massimo Moratti. Il primo, il dipinto, quello a cui tutti – giornalisti e tifosi – dedicano le attenzioni, si chiama Sebastian Rambert. Arriva dall’Argentina con la fama del bomber, ha solo 21 anni ma con la maglia dell’Independiente ha già fatto vedere di cosa sia capace. Lo chiamano "Avioncito", Aeroplanino. Come si dice in questi casi: predestinato. Il secondo, più defilato, è un colpo "di contorno". Ventidue anni da compiere ad agosto, si chiama Javier Zanetti, è un terzino, forse un’ala, difficile dirlo perché praticamente nessuno l’ha mai sentito nominare. I cacciatori di autografi non sono certo lì per lui, così come le domande dei giornalisti si concentrano più sul suo compagno di viaggio. La storia ci insegnerà che lui, la cornice, il contorno, era la vera opera d’arte. Vai a pensare, in quel momento, che un giorno diventerà, in ordine sparso: capitano, bandiera, recordman di presenze e di decine di altri primati nerazzurri, eroe di un Triplete, proprietario di una maglia – la numero 4 – ritirata dal club, vicepresidente. Comprato quasi per caso, con un cambio di rotta frutto di una folgorazione/intuizione dei Moratti padre e figlio, Massimo e Angelo Mario, in questo caso. "Mettevo su le videocassette del campionato argentino”, racconterà anni dopo proprio il presidente nerazzurro. “Iniziammo a seguire Ortega, segnalato da Giovanni Branchini. Né Zanetti né Rambert, bensì Ortega. Seguendo lui, però, vidi delle partite in cui giocava questo Zanetti e mandai Suarez in Argentina a guardarlo da vicino”. Segue chiamata dell’ex campione e dirigente nerazzurro a casa Moratti per chiedere se debba veramente procedere con l’acquisto , e Moratti che dopo aver svegliato il figlio nel cuore della notte per un ultimo summit davanti al videoregistratore, dà il via libera: “Compra il 4!”. Facile intuire cosa ci avesse visto, in quell’umile esterno che sgroppava su e giù per la fascia forte di un paio di gambe di marmo, o comunque fatte dello stesso materiale di cui son fatti i capelli, impossibili da smuovere. Ci sono giocatori che rubano l’occhio con un dribbling sinuoso, un passaggio illuminante, un tiro dalla traiettoria impensabile. Zanetti – e sarà così anche nei suoi 19 anni in campo a San Siro – strappava applausi ogni volta che sradicava il pallone a un avversario e iniziava la sua progressione inarrestabile sulla fascia. Come un "Tractor". Meno nobile dell’Avioncito, ma sempre affidabile. Il 5 giugno Milano è sorpresa da un temporale estivo, mentre sulla Terrazza Martini, al quindicesimo piano del grattacielo in Piazza Diaz, vengono presentati i primi due acquisti della presidenza Moratti, che aveva preso in mano l’Inter a febbraio. Il campionato si è concluso il giorno prima, con i nerazzurri capaci di strappare l’ultimo posto buono per andare in Coppa Uefa grazie a un 2-1 sul Padova con gol di Delvecchio al 90’. L’aria è fresca, frizzante, non solo per la pioggia. C’è voglia di ripartire. Ad accogliere i due nuovi a Palazzo Martini c’è una schiera di leggende nerazzurre: Facchetti, Suarez, Mazzola, Angelillo. C’è anche Bergomi, il capitano, che ha appena firmato il rinnovo per altri due anni. Passaggio di consegne tra capitani storici, ma ancora non possiamo saperlo. Come detto, non c’è gente in fila per l'autografo di Zanetti. Ancora più clamoroso quello che accade quando si presenta in ritiro. Arriva non proprio con la valigia di cartone, ma quasi. Ha una busta di plastica in mano, dentro ci sono le sue scarpe da calcio: non lo riconosce nemmeno il custode. Proverà a darsi un tono facendosi un regalone: il Bmw, la sua prima macchina acquistata una volta giunto all'Inter. "Pensavo di aver esagerato, pensavo mi prendessero per un montato", racconterà. "Poi sono arrivato ad Appiano e la mia era la macchina più brutta". Tornando alla foto, quella foto, i due ragazzini argentini tengono in mano una sciarpa nerazzurra. Ma tra i due è Zanetti quello con lo sguardo più risoluto. Rambert sembra quasi spaesato, finito nel quadro per caso. Sulla sciarpa nerazzurra c’è scritto: “Esserci da protagonisti”.

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Vanni Spinella