Il gregario del Team Sky è in maglia gialla e potrebbe soffiare il Tour de France al suo capitano Chris Froome, che è alla ricerca di una storica doppietta dopo la vittoria del Giro d'Italia
Chad Haga è un ciclista statunitense diventato celebre sui social con il suo racconto oversimplified del Tour de France su Twitter. L’ironia di Haga risiede nel linguaggio utilizzato nei tweet, che si basa su alcuni termini fondamentali che vengono ripetuti spesso: tutto si muove sugli aggettivi che di volta in volta vengono assegnati al soggetto “guy” (ragazzo). Un “remarkable guy” è uno che ci prova sempre, i “top guys” (al plurale) sono gli uomini di classifica mentre il “top guy” (al singolare) può riferirsi, a seconda del contesto, o al leader della classifica generale o, più semplicemente, a Chris Froome. Non è un codice fisso ma si sta cementificando pian piano, tappa dopo tappa. Per chi segue dall’inizio i suoi racconti oversimplified è facile e divertente comprendere il messaggio.
Ultimamente, però, persino la narrazione semplificata di Haga ha finito per complicarsi perché adesso con il termine “top guy” si inizia a fare riferimento anche a Geraint Thomas, nome che di certo non era fra i più accreditati dal grande pubblico in vista di quest’ultimo Tour de France.
Eterno secondo
Thomas è un ciclista gallese del Team Sky che ha passato la sua intera esistenza sportiva a far da gregario a Chris Froome, compito che ha svolto a tratti egregiamente, spesso in maniera perfetta da ultimo uomo. Certo, a volte è crollato in alcune tappe in cui sarebbe stato meglio non crollare, ma Thomas ha sempre svolto il suo lavoro con dedizione e devozione.
Thomas però in questi anni non si è limitato a questo, e ha lentamente cercato di trovare una strada che non prevedesse Chris Froome. Mentre il suo capitano si allenava per preparare i suoi impegni estivi, Thomas ha quindi provato a trasformarsi in un uomo da Classiche del Nord. Ma la sua ambizione si è scontrata con la dura realtà del pavé e i risultati sono stati magri: una vittoria ad Harelbeke nel 2015 e un 7° posto alla Roubaix del 2014. Poco davvero.
Thomas ha quindi iniziato a puntare sulle brevi corse a tappe, che fin dall’inizio sembravano più adatte alle sue caratteristiche tecniche e fisiche. E infatti i risultati sono arrivati quasi subito: nelle ultime tre stagioni Thomas ha vinto due edizioni consecutive della Volta ao Algarve, poi la Parigi-Nizza, il Tour of the Alps (ex Giro del Trentino per i più nostalgici) e, giusto un mese fa, il Criterium del Delfinato (oltre a numerosi altri piazzamenti sparsi: un secondo posto al Giro di Svizzera, un terzo e un quinto alla Tirreno-Adriatico).
Certo, Thomas ha dovuto scontrarsi anche con i suoi limiti. Con la tenuta fisica nelle tre settimane, innanzitutto, che è sempre il grande scoglio quando si parla dei grandi giri. Ma anche la sfortuna - come nel caso del Giro d’Italia 2017, quando fu abbattuto da una moto ai piedi del Blockhaus - e ovviamente con i suoi doveri di gregariato per Chris Froome, con cui corre dai tempi del Team Barloword.
Fatto sta che ad oggi il suo miglior risultato in una grande corsa a tappe è il 15° posto del Tour de France 2015, eguagliato l’anno dopo, sempre al Tour. Risultati che, a 32 anni, non fanno certo di Geraint Thomas uno dei favoriti per la vittoria di quest’anno.
Le carte in mano a Thomas
Eppure, Geraint Thomas adesso è maglia gialla e non sembra intenzionato a mollare neanche di un centimetro. L’ha conquistata sulle Alpi vincendo due tappe consecutive, a La Rosiere e in cima all’Alpe d’Huez, e ora ha un vantaggio di 1’39” su Chris Froome e di 1’50” su Tom Dumoulin. Primož Roglič, in quarta posizione, ha invece un ritardo di 2’48”. Più indietro gli altri “top guys” come Romain Bardet (3’21”) e Nairo Quintana (4’23”).
Una situazione delicata e al tempo stesso interessante per Geraint Thomas che, alla vigilia dei Pirenei e della temutissima terza settimana, può iniziare davvero a pensare di vincere il Tour de France. E qualche motivo per crederci davvero ce l’ha, in effetti.
Bisogna dire innanzitutto che i suoi due principali rivali per la vittoria finale, cioè Froome e Dumoulin, sono reduci dal Giro d’Italia, dove chiusero rispettivamente primo e secondo a soli 46” di distanza l’uno dall’altro. Questo getta un’ombra non indifferente sulla loro tenuta fisica nell’ultima settimana, resa meno preoccupante solo dal fatto che quest’anno c’è stata una settimana in più del solito fra Giro e Tour.
Quelli più indietro in classifica generale sembrano avere ancora meno chances: Roglič è un’incognita, Bardet è fermo a cronometro e per ora non è sembrato in grado di fare la differenza in salita, Quintana e Landa sono bloccati dalle difficilmente interpretabili logiche di squadra della Movistar.
E poi c’è il percorso: se il trittico alpino era tutto sommato ben disegnato e molto duro, le tappe pirenaiche non sembrano in grado, sulla carta, di essere così decisive come si potrebbe pensare. L’unico arrivo in salita è piazzato in una tappa dal chilometraggio molto basso (65 chilometri) e le tre tappe di montagna sono intervallate da una frazione per velocisti. In questo scenario è difficile pensare che la capacità di recupero e le doti di resistenza degli atleti possano rivelarsi così decisive. Certo, stiamo comunque parlando della terza settimana del Tour de France, ma è un percorso che poteva senz’altro essere più complesso.
L’unico arrivo in salita dei Pirenei
Questo non significa necessariamente che non saranno tre tappe altamente spettacolari, ma semplicemente che il tracciato è più favorevole del solito per chi, come Geraint Thomas, non è solito tenere bene nelle tre settimane. Senza contare che prima dell’arrivo a Parigi ci sarà una cronometro, per quanto atipica, di 31 chilometri.
I primi quattro della classifica generale attuale sono ottimi interpreti delle corse contro il tempo, indubbiamente. Dumoulin è il campione del mondo in carica, Roglič è medaglia d’argento e negli ultimi anni ha spesso dominato le prove a cronometro a cui ha preso parte. E Froome non ha certo bisogno di presentazioni, visto il suo curriculum.
Anche Thomas, però, in questo ambito non è certo uno sprovveduto. Nell’unica prova a cronometro corsa da capitano in una grande corsa a tappe, al Giro d’Italia dell’anno scorso, Thomas si piazzò al secondo posto, battuto solo da Tom Dumoulin dal quale accusò un ritardo di 49” in 39,8 chilometri. Una cronometro abbastanza simile a quella che chiuderà il Tour de France di quest’anno e che quindi lascia aperti ampi margini di vittoria per il gallese del Team Sky.
Il rapporto con Froome
Forse l’incognita più grande che aleggia sulla testa di Thomas è proprio il suo rapporto con Froome e le gerarchie in casa Sky. Non è così assurdo pensare che il gallese stia iniziando a pensare di vincere davvero e che quindi Froome sia un po’ infastidito da questa situazione di classifica. E alla fine non sarebbe nemmeno una situazione così sgradita al Team Sky, che, nel caso in cui la condizione fisica di Froome non regga, si preserverebbe così le proprie possibilità di vittoria affidandosi all’eterno gregario (certo, non bisogna dimenticare che la prospettiva migliore per il Team Sky rimane l’ingresso trionfale nella storia del ciclismo con la storica vittoria da parte di Froome della doppietta Giro-Tour).
Thomas continua a ripetere che l’importante è che la squadra vinca
Al di là della volontà dei singoli attori, comunque, il copione definitivo verrà scritto dalla strada che porterà il gruppo a Parigi. E se quindi Chris Froome non può davvero aver paura di un suo gregario, deve però averne di se stesso e della sua condizione fisica. I suoi scatti sull’Alpe d’Huez hanno fatto male agli avversari ma non hanno fatto davvero la differenza che ci si aspettava e ora la situazione è parecchio ingarbugliata.
Anche all’esterno del Team Sky c’è chi dovrebbe iniziare a temere sul serio Geraint Thomas. Un po’ perché finora, a parte Roglič sullo strappo di Mende, nessuno è mai riuscito a staccare in salita il duo britannico della Sky. Un po’ perché entrambi hanno nella cronometro un’arma micidiale nelle loro mani.
Nairo Quintana, in quella stessa cronometro al Giro d’Italia dell’anno scorso, prese 2’53” da Dumoulin e 2’04” da Thomas. Ciò significa che dovrebbe mangiare alla maglia gialla più di 6 minuti in salita per poter anche solo sperare di vincere il Tour. Lo stesso discorso vale per Romain Bardet che nella cronometro dello scorso anno al Tour de France accusò un ritardo da Froome di 1’57” in soli 22,5 chilometri.
A meno di sorprese eclatanti, i primi tre della classifica generale attuale sono correttamente considerati i principali favoriti per la vittoria. Per gli altri, è giunto il momento di decidere da che parte stare. Se continuare a correre per un piazzamento o se provare seriamente a far saltare in aria la corsa.
Intanto, Geraint Thomas si gode la sua maglia gialla, e forse anche il sogno di vincere, finalmente, un grande giro.