La doppietta al Giro, la famiglia e la parità di genere: Elisa Longo Borghini si racconta

Pedalare e scrivere la storia. Lo fa Elisa Longo Borghini, corritrice di UAE Team ADQ, che nel 2024 e nel 2025 ha vinto il Giro d’Italia. “A me sembra solo di andare in bici”, ci ha detto, ma ascoltandola parlare capiamo che fa molto di più. ‘Andare in bici’ per lei significa lavorare su se stessa, non accontentarsi mai e sfidarsi, come atleta e come persona. È una persona semplice – “mi basta poco per essere felice” – ma ha un talento speciale. È legata alla sua famiglia, ama quello che fa, è curiosa rispetto al mondo che la circonda e lotta per quello in cui crede. Senza fare polemiche, ma con fermezza. Senza scomporsi, sempre con il sorriso e determinazione. In bici, come nella vita di tutti i giorni. Elisa, dobbiamo iniziare dai complimenti, perché ha appena ottenuto un risultato straordinario: ha vinto per la seconda volta consecutiva il Giro d’Italia, che emozione è stata? Ci sono state differenze tra la vittoria del 2024 e quella di quest’anno? “Grazie davvero per i complimenti. Il Giro del 2025 è stato è stata veramente emozionante, così come lo è stato quello del 2024. Sono stati due Giri completamente differenti tra loro. Nel 2024 la vittoria è arrivata un po' come una sorpresa, ho vinto la cronometro iniziale e poi mi sono difesa per tutto il Giro. Per questo Giro, invece, ci siamo preparati come squadra al meglio, avevamo questo come obiettivo stagionale e volevamo vincerlo, o quantomeno cercare di ottenere il massimo risultato in quanto a performance. Quest’anno avvertivo un pochino più di pressione non da parte della squadra ma proprio di noi atlete, perché volevamo fare bene. Per quanto mi riguarda, mi sono messa un po’ di pressione da sola perché c'era una squadra dedicata completamente a me e alla classifica generale e volevo fare bene”. Dopo la tappa di Monte Nerone, una delle più dure e decisive del Giro, ha detto “Ho fatto casino, come sempre”. Riesce a essere ironica e a sorridere sempre o è più una difesa di fronte ai momenti intensi? “In qualche modo riesco sempre a essere ironica e per questo devo ringraziare tantissimo mio marito, perché mi ha insegnato molto a prenderla un pochino più sul ridere. Io sono una persona perfezionista e precisa, mentre Jacopo, pur essendo anche lui un perfezionista, riesce a prendere le cose un pochino più alla leggera rispetto a me. Da quando l'ho conosciuto mi ha aiutato molto a lasciarmi andare un pochino. Ma comunque mi vengono anche abbastanza spontanee le battute, non è che le devo ricercare, mi vengono fuori dal nulla. Quella nello specifico è stata semplicemente una reazione spontanea a una domanda che mi hanno fatto”. Ha già parlato del senso di responsabilità che sente verso le sue compagne di squadra ma il ciclismo è uno sport particolare: si corre da individui ma il successo arriva attraverso la squadra, lei come bilancia l’ambizione personale con la responsabilità verso le sue compagne? “Penso che il ciclismo sia forse lo sport più ‘crudele’ in questo senso, perché è uno sport di squadra però alla fine viene premiato solamente uno. A volte è davvero crudele come situazione, so che è una brutta parola però è effettivamente così. Io cerco sempre di coinvolgere le mie campagne e di essere di supporto per ripagarle per il lavoro che fanno per me. Quando smettono di lavorare ed è ora di fare la mia parte, cerco di dare il mio 110% anche per loro, perché so quanto hanno faticato per farmi arrivare fin lì e per mettermi nelle migliori condizioni per vincere una corsa. E devo dire che quest'anno, più di altri anni, abbiamo vinto il Giro proprio da squadra. La tappa dei ventagli è stata quella decisiva, lì siamo riuscite a guadagnare sulle scalatrici pure un buon minuto e mezzo e questo mi ha permesso di andare abbastanza tranquilla quando Sara Gigante mi ha superato nella tappa di Monte Nerone perché avevo un ottimo vantaggio su di lei e ho potuto gestire le mie forze nel finale. Tutto questo fa vedere quanto la squadra nel ciclismo sia importante”. Un protagonista del Giro è stato anche suo nipote: è diventato viralissimo un video di lui che corre incitandola in salita, avete un rapporto speciale? “Io ho quattro nipoti, tutti e quattro figli di mio fratello, sono due ragazze e due bambini e sono molto legata a tutti loro. Quando sono in Italia viviamo a 200 metri di distanza e siamo sempre insieme. Quando non devo fare carichi importanti di lavoro, io e Jacopo cerchiamo di portarli fuori in bici con noi, ci alleniamo insieme e condividiamo tante cose. Cristian, quello che avete visto nel video, ha chiesto specificamente per il suo compleanno, che era il 13 di luglio, di venire a vedere il Giro d'Italia. E così ha fatto tre giorni di ‘bagordi’ con la nonna per vedermi al Giro, ma nel mentre è andato anche al mare . Ha seguito tre tappe del Giro e quando l’ho sentito incitarmi mi sono emozionata. Può sembrare una frase di circostanza ma davvero mi ha trasmesso tanta forza per fare quegli ultimi metri, perché ero arrivata un po' veramente al limite. Sapevo che lui era lì e quando l'ho visto correre e gridare per incitarmi mi sono detta ‘Ok, dai Elisa, ce la puoi fare’. E poi quando ho visto il video mi sono commossa, lo devo ammettere. Ha fatto piangere anche tutte le mie compagne”. La sua è una famiglia di sportivi, quanto ha inciso questo sulla persona e l’atleta che è oggi? “Sicuramente aver avuto degli esempi in famiglia come mia mamma, mio fratello e mio papà, che hanno fatto rispettivamente la sciatrice, il ciclista e l'allenatore, ha influito molto su quella che poi è diventata la mia carriera. Per me lo sport è stato un passo naturale, non sono mai stata forzata né avviata allo sport in qualche modo dai miei genitori. Semplicemente sono nata con lo sport in casa e per me era normale vedere mia mamma andare a fare allenamento, come era normale per la mia compagna di banco alle elementari vedere sua mamma andare a lavorare al mattino. Ho chiesto io, di mia spontanea volontà, di andare in bici, perché vedevo mio fratello correre e volevo farlo anche io. Non mi sono mai posta il problema che questo potesse essere qualcosa di particolare o di diverso rispetto alla routine di un altro bambino. Per quanto riguarda la persona che sono, ringrazio la mia famiglia e ringrazio anche tanto lo sport e il ciclismo, perché mi hanno insegnato a rispettare le regole, a rispettare l'avversario e a rispettare le persone in generale. Lo sport mi ha aperto la mente perché mi ha portato in posti in cui non avrei mai pensato di andare, mi ha permesso di conoscere delle persone molto diverse da me e mi ha insegnato ad accettarle per quelle che sono. Credo che questa sia una grande lezione di vita. Ho anche imparato tante tante lingue, grazie allo sport ho potuto comunicare con tante persone e non solo in inglese. Questo è quello per cui io sono più grata al ciclismo”. Ha detto di essere una persona molto precisa e perfezionista, anche se con suo marito sta imparando a diventare anche un po' più ironica, ma come vive i momenti di maggiore stress in bici? E nella vita di tutti i giorni? “Quando sono in bicicletta tendo a essere molto diversa rispetto a come sono quando non pedalo. In bici sono molto più razionale, tagliente e fredda, anche se a volte tendo a seguire il mio istinto. Nella vita di tutti i giorni sono molto più tranquilla e rilassata. Nei momenti difficili in bicicletta tendo sempre a gestirmi e cerco sempre di incoraggiarmi. Mi dico: ‘Elisa, ogni chilometro che stai facendo è sempre uno in meno rispetto a quello che dovevi fare prima’. Poi ho le mie tecniche di concentrazione, riesco a rimanere nella mia bolla e a isolarmi. Ho un dialogo interno importante, mi parlo e mi ascolto molto. Per quanto riguarda i problemi della quotidianità, cerco di vedere il problema nella sua globalità e poi per step arrivare a quelle che potrebbero essere le diverse soluzioni. A volte non c'è una soluzione e mi sorbisco il problema, altre volte riesco a liberarmene in qualche modo . In generale, cerco sempre di non fare mai drammi”. Quanto tempo dedica all’allenamento fisico e quanto a quello mentale? Ha detto di avere delle tecniche per concentrarsi, si esercita anche in questo? “L'aspetto mentale dell'allenamento è molto importante. Mi alleno a visualizzare l'obiettivo, spesso visualizzo anche i momenti salienti della corsa, mi immagino nel momento clou di una tappa per capire come mi muoverei, quello che farei e cosa potrebbero fare le altre. Ma mi concentro soprattutto su quello che vorrei fare io, perché quello che è nelle mie mani lo posso controllare, quello che fanno le altre no, e quindi è abbastanza inutile pensarci. Mi focalizzo su quello che che sono capace io di poter fare. Cerco sempre di chiudere gli occhi e di visualizzare i momenti chiave delle diverse corse. Mi parlo molto, mi ascolto molto e spesso cerco di rimanere in quella che è la mia bolla: cerco di non farmi influenzare da fattori esterni che mi potrebbero solamente distrarre. Per quanto riguarda invece l'allenamento fisico, faccio dalle 3 alle 4 ore di allenamento ogni giorno, e di solito ho sempre un giorno di riposo a settimana. Faccio 3-4 ore di allenamento in bici, prima alcuni esercizi di attivazione e poi lo stretching la sera, ma a volte, quando sono veramente stanca, lo salto e mi metto anche io sul divano come tutte le persone… Sono umana anche io ”. Ha raccontato che avrebbe voluto incontrare Ruth Bader Ginsburg, giudice della Corte Suprema che si è battuta per i diritti delle donne. Pur non avendola conosciuta direttamente, c’è qualche suo insegnamento che porta con sé? “Tutti i valori per cui lei si è battuta li porto sempre con me. Però la cosa che mi è piaciuta molto è che lei ha avuto un marito che l'ha supportata. Credo molto nella parità di genere, ma credo anche che siamo complementari. Non ci sarà mai una parità di genere se solo le donne si batteranno per averla. È un compito anche degli uomini volerla e supportare le donne che vogliono fare una carriera diversa rispetto a quella ‘standard’ che comunemente viene associata alla donna. La parità di genere non è una battaglia women's only, è una battaglia che dovremmo portare avanti tutti insieme. A dire la verità, non dovrebbe neanche essere una battaglia, dovrebbe essere una cosa normale che un uomo supporti la donna, esattamente come di solito avviene a parti inverse”. Nella sua carriera ha percepito un trattamento diverso rispetto ai colleghi uomini? “Ritorniamo sui soliti discorsi dei salari minimi, delle squadre con poco budget e quant'altro. Sono tutti discorsi noti, di cui non voglio neanche quasi più parlare… non voglio creare polemiche. In questo momento il ciclismo femminile sta avendo un boom sotto vari aspetti: attenzione mediatica, performance e nuove corse che stanno crescendo. Il ciclismo femminile è già uno sport di alto livello, ora c’è la volontà di fargli avere un giusto ritorno a livello mediatico e una giusta visibilità. Le cose stanno andando bene e mi vorrei concentrare soprattutto sulle cose che stanno andando nel verso giusto. È chiaro che alle spalle c'è ancora un mondo fatto di squadre che non riescono a fare dei calendari UCI importanti perché non hanno budget e ci sono tante ragazze che devono lavorare per poter fare le cicliste. Non è tutto rose e fiori, però diciamo che abbiamo intrapreso una strada con un trend positivo”. Alle atlete donne viene spesso chiesto di ‘mandare un messaggio alle bambine che seguono quello sport’, lei invece - alla luce di quello che ha appena detto sull’uguaglianza di genere - cosa direbbe ai bambini che iniziano a guardare il ciclismo femminile? “Gli direi le stesse cose che ho detto ai miei nipoti: di guardarlo come se fosse uno sport normale. Lo sport per me non dovrebbe avere un genere, noi siamo tutti atleti. Ai miei nipoti dico sempre ‘C’è il Giro d’Italia delle donne e c’è il Giro d’Italia degli uomini, però è la stessa fatica. La stessa fatica che fa Pogačar sulla salita mentre sale a 30 all'ora, la fa tua zia mentre sale a 20’. Non è che se facciamo meno chilometri allora facciamo meno fatica. Alla fine, abbiamo tutti e tutte lo stesso mal di gambe, quindi emozionatevi per il gesto sportivo di qualsiasi atleta. Che sia un uomo o che sia una donna non cambia”. A proposito di Pogačar, ora che siete nella stessa squadra ha avuto modo di parlare con lui? “Come potete immaginare è sempre molto impegnato, quindi cerco di non disturbarlo. Ma l’ho visto e incontrato sì. Qualche anno fa, nel 2023, ho avuto di parlargli tramite la sua fidanzata Urska. Quell’anno si è rotto il polso e poco dopo anche mia nipote Marta si è rotta il polso, quindi ho chiesto a Urska un piccolo video messaggio per tirare su il morale a Marta, che è una sua grande fan. Lui è stato gentilissimo, ha fatto arrivare il video nel tempo di due ore. Questo dice tanto della persona che è. È un grandissimo campione ma anche una splendida persona, avrebbe potuto benissimo dire no all'ennesima richiesta e invece è stato molto disponibile. Ha dedicato 30 secondi a una bambina che poi si è sentita si è sentita al settimo cielo per 3 giorni. Ha continuato a raccontare del questo video per giorni e il polso non le faceva più male ”. E lei si sente un modello per le bambine e i bambini che iniziano a pedalare? “Un modello è difficile da pensare… Non lo so, a me sembra semplicemente di andare in bicicletta. Però sarei molto contenta se alla fine della mia carriera fossi riuscita a ispirare almeno una o due bambine o se avessi reso felice delle persone per le mie imprese sportive. Alla fine credo che come atleti il nostro il nostro compito è quello di regalare delle emozioni e se ho reso felice qualcuno sarei molto molto contenta”. Dopo il bis al Giro, quali sono i prossimi obiettivi? Ha qualche sogno da realizzare ancora? Magari con la Nazionale… “Adesso andremo al Tour de France che non è un mio obiettivo principale. Proveremo come squadra a fare una corsa un po' opportunista, cercando di conquistare qualche piazzamento e qualche tappa. L'obiettivo principale di questa seconda parte di stagione è il Mondiale in Ruanda, non lo nascondo. Sarebbe bello arrivare in una buona condizione e fare una bella gara”. E invece per il futuro che cosa le piacerebbe fare? Come si immagina tra qualche anno? Ha detto che sarà felice se sarà stata di esempio almeno per una o due bambine, però poi per mantenere questa felicità cosa le piacerebbe fare? “Io penso di essere già una ragazza abbastanza felice, non mi posso lamentare. Sono contenta di quello che ho e della vita che faccio. Sono grata della fortuna che ho avuto di andare forte in bicicletta, perché alla fine è una fortuna. Potevo nascere in un paese dove non avrei avuto neanche un'opportunità e invece sono grata di aver avuto una famiglia che mi ha dato la libertà di scegliere. In futuro penso di rimanere nel mondo dello sport perché è quello che amo. Altrimenti, lo dicevo qualche giorno fa a Jacopo, mi piacerebbe avere l'orto, un cavallo, un cane e fare una vita semplice. Una vita normale, mi basta questo per essere felice”. Se potesse parlare con l’Elisa bambina, che cosa le direbbe? “Elisa, non sai quanta fatica dovrai fare nella vita e quanto ci sarà da pedalare ”.

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La doppietta al Giro, la famiglia e la parità di genere: Elisa Longo Borghini si racconta

Emiliano Tomasini