Il boicottaggio alla Vuelta e un ciclismo indifeso

Vorremmo solo scrivere dell'ennesima vittoria a cronometro di Filippo Ganna o di Giulio Pellizzari, giovane marchigiano che ha certificato di essere la grande speranza azzurra per le corse a tappe, con una meravigliosa vittoria nella 17ª tappa della Vuelta . Il 21enne della Red Bull-Bora-hansgrohe si era già messo in mostra al Giro d’Italia dello scorso anno, ricevendo di fatto un’investitura da Tadej Pogačar in persona, per il coraggio di attaccare, tanto da donargli maglia rosa e occhiali al termine della tappa di Santa Cristina in Valgardena e poi essere persino incoraggiato dallo sloveno sul Monte Grappa. Per i 'pellizzariani' della prima ora questa Vuelta a España è un sogno divenuto realtà: maglia bianca di miglior giovane, quinto posto nella classifica generale e più di un motivo per aspettarsi in futuro passi in avanti ulteriori, anche se bisogna sempre fare i conti con i due fenomeni Tadej Pogačar e Jonas Vingegaard, gran favorito e attuale maglia rossa. Invece dobbiamo parlare anche di una Vuelta gravemente condizionata nel suo svolgimento. Facciamo cronaca: alla 5ª tappa, la cronosquadre di Figueres, la Israel-Premier Tech viene rallentata da manifestanti pro-Pal che si buttano in mezzo alla strada. Con grossi rischi per i corridori e per i manifestanti stessi, e biciclette che sfrecciavano intorno ai 60 km orari. Per fortuna, nessuno si è fatto male. L’11ª tappa, con arrivo previsto a Bilbao, viene neutralizzata e fatta terminare 3 km prima del traguardo, senza un vincitore: i manifestanti pro-Pal avevano invaso la zona di arrivo e non è stato possibile garantire che i corridori potessero giungere in sicurezza al traguardo. In quella stessa tappa Simone Petilli è stato fatto cadere. Javier Romo, sempre a causa dei manifestanti, cade nella 15ª tappa e l’indomani, ancora dolorante e sotto choc, è costretto al ritiro. Sempre nella 16ª tappa, la Poio - Mos. Castro de Herville, e per la stessa ragione il traguardo viene anticipato di 8 km: impossibile garantire la sicurezza al traguardo. Infine, la 18ª tappa, la cronometro individuale di Valladolid. La decisione presa dalle autorità e dagli organizzatori è stata quella di accorciare la tappa, questa volta almeno in modo preventivo : al posto dei 26 km previsti la prova contro il tempo vinta da Ganna è stata ridotta a 12,2 km. Non sappiamo, a oggi, se anche le ultime tre tappe subiranno modifiche. Nel mentre, la Israel-Premier Tech, su pressioni varie dentro e fuori il gruppo, ha tolto il nome e cambiato maglia, lasciando solo la scritta “Premier Tech”. Anche se vanno registrate, da parte del patron israelo-canadese della squadra, Sylvan Adams, parole non proprio accomodanti e che hanno contribuito ad animare gli animi . Forse un preventivo intervento da parte di organizzatori e autorità, in primis la UCI, per cercare di tenere i toni più bassi possibili, sarebbe stato necessario . Il ciclismo, tra tutti gli sport, è uno di quelli più “indifesi”. Non c’è uno stadio chiuso, tutti possono assistervi. Negli ultimi anni, o almeno fino a questa Vuelta, il problema maggiore semmai è sempre stato l’eccesso di calore da parte degli appassionati, che talvolta è sfociato in gesti pericolosi per l’incolumità dei corridori e dei tifosi stessi. Rischi che tutti noi, amanti del ciclismo, abbiamo cercato di prevenire ricordando sempre che i corridori non si toccano, non gli si danno pacche sulle spalle, non ci si avvicina pericolosamente mentre faticano in salita. Lo sa bene per esempio Vincenzo Nibali che, nel 2018, per la tracolla di un fotografo infilatasi nella ruota ha perso un potenziale podio al Tour de France e pregiudicato il mondiale di Innsbruck. Al tempo stesso, però, il ciclismo è uno sport che dà grandissima visibilità. Ciò che invece è incomprensibile è il boicottaggio di un’intera corsa ciclistica. Come se la tragedia in Medio Oriente fosse “colpa” anche dei corridori o degli addetti ai lavori. Per di più in una corsa organizzata in un Paese, la Spagna, il cui governo è tra i più schierati sulla vicenda. È difficile vedere una soluzione, in questa Vuelta. Troppo complicato difendere e presidiare, da parte delle forze dell’ordine, percorsi così lunghi e articolati. Per chi vuole solo difendere il ciclismo e i corridori resta solo l’appello di un grande del passato: "Lottate per le vostre idee, ma fatelo con grazia". Anche se, purtroppo, è molto probabile non venga ascoltato.

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Alberto Pontara