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Formula 1, Ferrari: Singapore si conferma una maledizione

Formula 1

Chiara Baroni

Nel 2017 la partenza fratricida di Vettel e Raikkonen, quest'anno il successo netto di Hamilton. La tappa di Marina Bay si conferma una tappa sempre molto difficile per la Rossa

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Dovessero cancellarla dal calendario, forse, a Maranello e dintorni non dispiacerebbe più di tanto, perché la gara di Singapore per la Ferrari sta diventando un tormentone: nel 2017 la partenza fratricida di Vettel Raikkonen; quest'anno la testa bassa davanti a chi, piaccia o non piaccia, ha dimostrato una superiorità schiacciante fin dalla qualifica, con quell'1.36 e 15 millesimi già passato alla storia come giro perfetto. E più che i 3 secondi e 4 di gap tra la pole di Hamilton del 2018 e quella di Vettel di dodici mesi prima, a impressionare sono stati i 678 millesimi rifilati al ferrarista quest'anno, nonostante un netto vantaggio in pista della Rossa, di cui tutti parlavano fino a poche settimane fa. Qualcosa è andato storto, questo è certo. Da un lato la Mercedes sembra aver trovato il giusto compromesso con le gomme, con cui invece aveva litigato per tutto l'inizio di stagione. Dall'altro quel compromesso sembra averlo perso, almeno a Singapore, la Ferrari e una prova indiretta potrebbe essere la bizzara strategia studiata per Vettel, che ha finito per vanificare il guizzo del tedesco poco dopo la partenza, prima che scattasse il regime di safety car. Prova diretta, invece, questa, che Sebastian era sul pezzo, nonostante qualcuno abbia letto una mancanza di convizione nelle sue espressioni poco prima della gara. No, Vettel ci credeva. E tutto sommato può crederci ancora: lascia Singapore con 40 punti da recuperare, contro i 28 dello scorso anno, è vero, ma i rapporti di forza tra le due scuderie sono più equilibrati rispetto a un anno fa e nelle ultime sei gare la sostituzione di una qualsiasi componente del motore comporterà, per tutti, penalizzazioni in griglia. Le chances per riaprire il Mondiale potrebbero non mancare.