Verstappen campione del mondo, i segreti dietro la vittoria in F1: nella testa di Max
MAX CAMPIONEUn talento cristallino cresciuto fin da piccolo con l'obiettivo di diventare il più forte pilota di Formula 1: Max Verstappen ha dimostrato ancora una volta in questa stagione che con la visiera abbassata vive nel suo habitat naturale. Una 'bolla' in cui temperamento, velocità e carattere prendono il sopravvento. Ecco i segreti dietro al suo quarto titolo Mondiale
Un insieme di eventi inevitabili che si svolgono lungo una linea temporale dominata dalla necessità, conducendo a una conseguenza finale già stabilita, questo è il destino. Il 30 settembre 1997 quest’aurea impalpabile si è posata su Max Emilian Verstappen, nato ad Hasselt in Belgio, da Sophie Kumpen, valente kartista, e Jos, pilota di formula 1, dal temperamento focoso. I giochi con le macchinine sono lo svago principale di casa Verstappen ed all’età di quattro anni il piccolo Max, realizza che suo zio acquisito è un certo Michael Schumacher con cui va a girare in kart insieme ad i suoi figli Mick e Gina. È naturale dunque che papà Jos, che ha in mente un percorso ben preciso, appena ne vede la possibilità lo iscriva alla prima gara a soli 6 anni. Da lì inizia un percorso fatto di alti e bassi. Vittorie e sconfitte, dove quest’ultime vengono punite da Jos in modo severo, quasi militaresco.
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La scommessa di Marko e la vittoria da record
Giusto o sbagliato, fanno sì che l’abitacolo diventi la zona comfort del giovane Max. Li dentro, in quello spazio angusto, trova il suo mondo, il suo essere. Così nasce Max, capace di sbalordire nelle formule propedeutiche, determinato a tal punto da convincere Helmut Marko, incaricato da Red-Bull di trovare il nuovo Sebastien Vettel, di scommettere su di lui e metterlo alla guida della Toro Rosso nel Gran Premio d’Australia del 2015, conquistando ancora prima di iniziare il suo primo record. Il fato dice che a 17 anni e 166 giorni Max è il pilota più giovane nella storia della Formula 1. In gara sull’asciutto i limiti della Toro Rosso non gli permettono di raggiungere risultati eclatanti, ma quando cadono due gocce d’acqua, la musica cambia. Sorpassi all’esterno delle curve ai danni di piloti esperti. Controlli al limite con la monoposto oramai persa che incredibilmente torna in traiettoria. Tutto questo convince Helmut a fare un ulteriore azzardo. Al Gran Premio di Spagna a Barcellona nel 2016 scalza dall’abitacolo Daniil Kvyat e ne prende il posto nel Team Red-Bull al fianco di Daniel Ricciardo. Le due Mercedes che partono dalla prima fila si toccano ed escono al primo giro. L’olandese vince la gara e diventa a 18 anni, 7 mesi e 15 giorni, il pilota più giovane ad aggiudicarsi un Gran Premio.
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Lambiase, il suo "fratello maggiore" ai box
Fortuna? No, non è la sorte o il caso che gli hanno dato la possibilità di vincere 3 titoli mondiali. Max o, meglio, SuperMax come recita la canzone a lui dedicata dai suoi fans, è il prototipo del pilota moderno. E’ preparato fisicamente al punto che a fine gara
esce dall’abitacolo e non sembra per nulla affaticato. Non è mai in affanno e mantiene sempre la lucidità mentale. Ha la capacità di “leggere” l’evoluzione della corsa e di adattare le proprie strategie dall’abitacolo ed alcune volte, imporre le sue scelte alla squadra. Segno questo di grande temperamento e di consapevolezza della propria competitività. Fondamentale per Max il rapporto con Gianpiero Lambiase il suo ingegnere di macchina. Lambiase è il suo punto di riferimento, perché gestisce la monoposto e garantisce che tutto sia in ordine per poter spingere al massimo, ma nel “backstage” ha forse un’importanza ancora più determinante. Il rapporto con papà Jos a volte ha toni accesi. Helmut Marko di anni 81 è lo scopritore ed il saggio, in virtù della sua lunga carriera di pilota e manager. Giampiero Lambiase di anni 44, è l’alter ego fuori dall’abitacolo. Legge nel dettaglio la telemetria metro per metro e sa cosa sta facendo. Con lui non si può “bluffare”. Lo esalta nei momenti di euforia, ma gli mette di fronte la realtà, dicendo le cose scomode, quelle che vorrebbe evitare. Lo riporta con i piedi per terra, e nel momento in cui esagera via radio dando degli incompetenti agli ingegneri sul muretto, gli ricorda che senza di loro la macchina non si guida. Poi alla gara successiva, gli fa la ramanzina nel paddock per fargli capire che, se continua con quell’atteggiamento il mondiale non lo vince. E’ un rapporto che va oltre i numeri o la telemetria. E’ come il “fratello grande”, colui di cui ti puoi fidare perché non dirà mai una cosa per compiacerti ma solo la cruda realtà nel bene e nel male.
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Più forte dei tumulti in casa Red Bull
Queste sono le figure intorno a Max e non importa se Christian Horner mette in subbuglio la squadra all’inizio dell’anno con lo scandalo, poi decaduto, legato ai suoi comportamenti inappropriati verso una dipendente. Tutti litigano. Horner con Marko, Jos con Horner, i media pressano per avere spiegazioni che non arrivano e colpo di scena Adrian Newey, il “genio” che ha disegnato le vetture con cui hai vinto i mondiali, se ne va. Max dimostra ancora la sua forza. Entra nella sua zona comfort: l’abitacolo. Indossa il casco, trova la concentrazione e si isola nella sua “bolla”. La sua risposta è vincere. Non perde la bussola neanche quando la squadra smarrisce la competitività e per 10 gare rimane a bocca asciutta.
L'illusione di San Paolo: qui si scrive la storia...
Gli avversari si illudono di poterlo raggiungere e nelle qualifiche del Gran Premio del Brasile, per colpa di una bandiera rossa non esposta per incidente, precipita alla 17esima posizione, perché deve scontare anche una penalità di 5 posizioni per il cambio di power-unit. Ed ecco che il vero Max si risveglia. S’inalbera nelle interviste visibilmente alterato e non tocca a ripetizione la falda del cappello come quando è consapevole che tutto sta girando per il verso giusto. Il suo avversario diretto Lando Norris, parte dalla pole position e tutti siamo convinti che il mondiale si possa riaprire. La gara sul bagnato rimette il “mondo” al proprio posto. Lando si perde. Max dimostra tutta la sua maturità. Parte accorto per non incorrere in incidenti alla prima curva. Dopo pochi giri è a ridosso della zona punti. Quando la pioggia s’intensifica, da indicazione alla squadra di rimanere in pista con gli pneumatici intermedi. La bandiera rossa per l’incidente di Colapinto è il jolly per fermarsi e montare gomme da bagnato intermedie nuove. Gli altri diranno, è solo fortuna. Intanto lui era lì in testa ed il finale è la fotografia dell’essere SuperMax. Giri più veloci della gara a ripetizione, pur non essendocene bisogno. Il “fratellone” Lambiase cerca via radio di riportare il 3 volte campione del mondo sulla retta via. “Max portiamo la macchina al traguardo”. MadMax non apre neanche la comunicazione via radio. Sullo schermo dei tempi davanti a Lambiase appare per l’ennesima volta “Fastest Lap”. Anche lui si rassegna perché oggi si scrive la storia.
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Maxterclass Brasile 2024
Verstappen, il pilota fa ancora la differenza
Da 17esimo sulla griglia di partenza a primo sul podio. Nella gara del Gran Premio del Brasile c’è tutta l’essenza del talento di Max Verstappen. Velocità. Intelligenza tattica. Temperamento. È lui stesso a dimostralo. Nelle vittorie precedenti bastava un segno di assenso verso squadra e pubblico. In Brasile no, è un'altra emozione. Esce dall’abitacolo e mostra i muscoli. Si getta a pesce ad abbracciare i suoi meccanici. Bacia suo padre, Horner, Marko. Tolto il casco dedica un abbraccio stretto, quasi violento a Lambiase ed un bacio a Kelly Piquet che gli sussurra: “Bravo mashy”, ultimo nomignolo affibbiatogli dalla sua compagna. Max finalmente è felice. Ha messo il sigillo sul mondiale 2024 con una gara epica, perché è riuscito a fare quello che più gli piace. Dimostrare che è il pilota a fare la differenza.