Cosa non sta funzionando tra Hamilton e la Ferrari

Era il matrimonio più atteso e lo è ancora, se non che la luna di miele è finita. Ovviamente mi riferisco all’arrivo di Lewis Hamilton in Ferrari, che durante l’inverno di una gelida mattina del 22 gennaio scorso aveva ‘surriscaldato’ gli animi dei tifosi, riportandoli sul ponte della passione a Maranello ad orari improbabili per accaparrarsi la migliore visuale e assistere con bandiere esultanti al debutto del ‘Baronetto’, sette volte iridato. La felicità nei sorrisi insieme alle dichiarazioni di circostanza che ci raccontavano di un lento lavoro di adattamento alla squadra e alla SF25, hanno per il momento avuto solo un lampo, quello nella gara sprint del sabato della Cina. Lewis in quell’exploit ha giovato di elementi a suo favore. Per iniziare, quest’anno era la sua 15esima partecipazione a Shangai, dove ha vinto 6 volte, ottenendo un secondo posto e due terzi, non tralasciando che nel 2007 alla sua prima partecipazione, mentre lottava per il campionato del mondo contro il suo compagno di squadra Fernando Alonso, si dovette ritirare per uno sciagurato rientro ai box che lo fece finire in sabbia. Quindi per i risultati ottenuti, si può presupporre che il disegno della pista cinese fin da subito sia stato adatto al suo stile di guida, con traiettorie particolari come nella prima curva che si chiude su sé stessa o nella parte centrale con le curve velocissime 7 e 8 o il curvone 12 e 13 dove si freme per riuscire ad aprire tutta la farfalla e sfruttare il rettilineo successivo. Nel 2025 la qualifica della gara sprint ha mostrato una progressione discontinua di alcuni piloti, tra cui lo stesso Hamilton, indicando che l’unico turno di prove libere non ha aiutato le squadre a trovare il giusto assetto. Per soli 18 millesimi di secondo Lewis ha conquistato la pole davanti a Verstappen, interprete del solito giro ‘indiavolato’, mentre le McLaren, con Piastri terzo e Norris sesto, non hanno trovato da subito il giusto assetto. Altro punto a favore è stato il peso della monoposto, perché invece dei 100 kg che si utilizzano per il Gran Premio, nella ‘gara corta’ se ne imbarcano solo 40 kg, ottenendo una vettura che si discosta di meno nelle reazioni rispetto alla vettura da qualifica. Per quanto riguarda la mescola della gomma, tutti hanno montato la Pirelli C3, mescola media per il weekend cinese, ma che risulta essere uno pneumatico straconosciuto dai piloti in quanto utilizzato in tutte le gare, perché sempre presente come soft, hard o per l’appunto medium, seguendo la selezione imposta dalla Pirelli. La partenza azzeccata e la possibilità di viaggiare sempre in aria pulita, priva delle turbolenze aerodinamiche generate dalla vettura che precede, hanno poi dato a Lewis l’opportunità di gestire a suo piacimento il ritmo gara e raggiungere una meritata vittoria. Perché dunque non si riesce a replicare la performance? È necessario fare un passo indietro quando quest’inverno abbiamo avuto, la possibilità di incontrare Charles Leclerc e Lewis Hamiton per un tè delle cinque a Maranello. Very British. Delle tante cose dette in quell’occasione due mi sono rimaste impresse. La felicità di Hamilton nel rendersi conto che a Maranello avesse tutti gli strumenti di lavoro attigui. Uffici degli ingegneri, galleria del vento, simulatore, pista per potersi allenare, magari non in macchina ma facendo jogging alla mattina presto, prima di dedicarsi al lavoro. Il paragone diretto con la sua precedente esperienza raccontava di viaggi da Brackley verso Londra, con almeno due ore di macchina, per scattare una sola foto per gli sponsor. Vale a dire che a quarant’anni ci si rende conto quanto il tempo diventi un bene prezioso. La chiacchierata con Charles è iniziata con lo stupore da parte sua, nell’ammettere che dopo i primi giri di pista condivisi con Lewis, aveva trovato un pilota che esercitasse la stessa forza aggressiva sull’impianto frenante; dunque, che il lavoro di sviluppo per trovare un assetto partiva da reattività simili. I presupposti di poter iniziare bene c’erano, ma al netto di quell’estemporaneità vissuta nella sprint della Cina, Hamilton ha palesato seri problemi nell’adattarsi a più aspetti, che gli hanno probabilmente fatto perdere la spontaneità nella guida. A partire dalla decelerazione, dove il freno motore, sollecitato dalla chiamata al rapporto inferiore, forse non ha la stessa reazione di quello usato per 12 anni in Mercedes. A tal proposito mi torna in mente l’esperienza di Giancarlo Fisichella, che nel 2009 combatté sino alla fine per vincere il Gran Premio del Belgio sulla Force-India motorizzata Mercedes con l’elettronica del cambio regolata sulla logica tedesca, arrivando dietro alla Ferrari di Kimi Raikkonen. Passato al successivo Gran Premio d’Italia sulla Ferrari, non riuscì a trovare quell’istinto per adattarsi agli automatismi della logica sviluppata a Maranello, perdendo ad ogni frenata in sensibilità nell’inserimento della monoposto, accumulando un ritardo non giustificato su Raikkonen. Tornando ai nostri due alfieri della Ferrari, i presupposti di Charles nel poter sviluppare la monoposto insieme si sono subito disciolti. Perché se è verosimile che attaccano con la stessa modalità il freno, Lewis preferisce un retrofreno molto ancorato al suolo, subendo però in questo caso un sottosterzo che gli impedisce di accelerare come vorrebbe, mentre Charles predilige una monoposto molto ‘puntata’ sull’anteriore, riducendo i problemi non tanto d’inserimento quanto nella percorrenza del centro curva, ottimizzando con il controllo del grip al posteriore l’apertura della farfalla alla ricerca della potenza. E proprio nell’ultima gara a Jeddah - su di un tracciato con solo due frenate vere e tante curve di passaggio ad alta velocità, dove era necessario avere fiducia nell’aerodinamica - nel giro veloce i punti dove Lewis perdeva di più erano i tornanti all’estremità della pista saudita. In gara non riuscendo a gestire le temperature degli pneumatici, non si è per niente divertito e la sua faccia a fine gara ha detto molto più di mille parole. In totale i due piloti della Ferrari hanno percorso fino ad oggi, 4.640 km per Lewis e 4.875 per Charles sulla SF25, includendo i test del Bahrain prima della gara d’apertura in Australia. Un numero sufficiente per poter capire una monoposto o rendersi conto di dove sono i propri limiti e trovare dei correttivi. A due settimane da Miami l’inglese aveva dichiarato che avrebbe annullato tutti i suoi impegni ‘collaterali’ per concentrarsi a Maranello e scoprire cosa gli mancasse, lavorando sul simulatore, supportato da tutta la tecnologia di analisi possibile. Come mi ha detto in quel pomeriggio, Lewis ha tutto ciò che gli serve per rimediare e ritrovare non solo l’istinto del ‘leone inglese’ ma soprattutto il sorriso di chi si diverte a guidare una Formula 1, perché il tempo passa in fretta, specie quando sei alla guida di una ‘Rossa’.

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Ivan Capelli