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Dalla F1 alla MotoGP, dalla Ferrari alla Ducati: il rosso va di moda

MotoGp

Guido Sassi

Andrea Dovizioso leader in Austria dopo un duello all'ultima curva con Marquez (Getty)

La Ducati di oggi ricorda la Ferrari di vent'anni fa: da Schumacher a Dovizioso, da Luca Cordero di Montezemolo a Gigi Dall'Igna, ecco i protagonisti di un team che raccoglie i frutti di un lungo lavoro

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La calura ferragostana regala una settimana di MotoGP break per godersi con calma la vittoria di Dovizioso in Austria. Sotto l'ombrellone estivo il rosso non è solo il colore della pelle bruciata dal sole, ma una tinta che sa di Ducati. Grazie alla mente libera dai pensieri, la ribalta dell'orgoglio nazionale a due ruote ci permette di giocare con i ricordi per andare a un'altra grande resurrezione rossa che fu.

Oltre vent'anni fa, nel settembre 1996, Michael Schumacher vinceva sulla F310 a Monza il terzo gran premio stagionale per una rinascita Ferrari finalmente matura dopo anni di patimenti. Anche allora si arrivava da un lungo periodo di vacche magre; anche allora ci vollero anni di lavoro in silenzio per ricucire la distanza dai rivali.

Luca Cordero di Montezemolo venne richiamato a Maranello a fine 1991, nel momento più difficile per la Ferrari. Si usciva dal post-Prost, un biennio nato sotto i migliori auspici ma che aveva fallito gli obiettivi iridati. Il titolo piloti mancava dal 1979, un'astinenza che pesava come un macigno. A quella Ferrari ci vollero tre anni solo per tornare alla vittoria in un gp, prima con Berger nel 1994 e poi con Alesi nel 1995. Ma fu il nuovo corso fortemente voluto sempre da Montezemolo con Todt e Schumacher, Brawn e Bryne a trasformare episodici successi legati a particolari circostanze nella possibilità di lottare costantemente con le Williams prima e le McLaren poi.

Anche la Ducati di oggi è tutta un'altra moto rispetto a quella che - dopo uno sfortunato post-Rossi-, nel 2013/14 ha iniziato un difficile percorso di crescita, ed è comunque differente da quella che l'anno scorso ha pur vinto due gran premi. Perché i primi posti di Spielberg e Sepang 2016, seppure non fortunosi, erano comunque figli di tracciati o circostanze peculiari, mentre oggi la Rossa di Borgo Panigale può lottare costantemente per il podio e spesso per la vittoria.

E se la resurrezione Ferrari di vent'anni fa fu propiziata soprattutto da un presidente, questa volta è stato un ingegnere, Gigi Dall'Igna, ad avere pazientemente e testardamente costruito una squadra vincente. Se allora l'arrivo di Schumacher fu buona parte del colpo d'ala che permise alla Ferrari di spiccare finalmente il volo, in questo 2017 l'acquisto di Lorenzo ha per ora solo rinforzato la consapevolezza di essere seduti al tavolo dei grandi, perché il fieno in cascina lo sta portando Dovi-Power.

Senza volere forzare troppo le similitudini di un parallelo d'agosto, il fil rouge tra i due romanzi rimane la forza improvvisa con cui entrambe le Rosse sono a un certo punto entrate stabilmente nel club dei vincenti. Dopo avere covato a lungo sotto la cenere la brace di un cambiamento fatto di molto lavoro e zero rassegnazione, allora come oggi le prospettive di titolo iridato non sono più miraggi estivi, ma possibilità da tenere in conto. Per sapere se poi la Ducati di oggi riuscirà più velocemente della Ferrari di allora a centrare il Mondiale, non possiamo certo affidarci alle divinazioni agostane. Bisognerà ancora attendere e sperare, tifare e saltare sul divano come domenica, sperando di assistere ad altri duelli entusiasmanti, sulla scorta di quello visto domenica al Red Bull Ring.