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MotoGP 2018. Tra alti e bassi, Lorenzo resta sempre un mistero

MotoGp

Paolo Lorenzi

Foto: Twitter Jorge Lorenzo

Il campione ritrovato è una lontana fotocopia del pilota sbiadito e inconsistente visto per 23 gare. Ma la spiegazione tecnica lascia irrisolta l’eterna domanda sul fenomeno forse più complesso da capire. Capace di trasformarsi nell’arco di una gara, di stupire in positivo e in negativo con altrettanta rapidità

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L’uomo del giorno è senza dubbio Jorge Lorenzo. Nel bene e nel male. Il penta iridato non è più la fotocopia sbiadita del pilota che martellava gli avversari dal primo giro. È ancora lui, come prima, meglio di prima. Al Mugello e a Barcellona ha vinto come a lui riesce meglio: imponendo un ritmo indiavolato, impossibile da sostenere senza il rischio di finire nella ghiaia. Come è successo al povero Dovizioso. Marquez, più prudente e scottato dalla caduta al Mugello, c’ha provato per qualche giro. Poi ha rinunciato. Questo è il “por fuera” attuale.

Sereno, vincente e anche un po’ sbruffone com’è nella sua natura, quando tutto gira bene. Caso mai è la controfigura vista per 23 gare, vale a dire fino al Mugello, ad aver sorpreso. In negativo. Molto in negativo ripensando alla rapidità con cui è avvenuta la trasformazione. Il segreto del Lorenzo ritrovato, dice lui, sta in un serbatoio e in una sella, che gli hanno dato la confidenza con la Desmosedici cercata a lungo inutilmente. E con un prevedibile corollario di mal di pancia suoi e dei tecnici che lavorano al suo fianco. Particolari arrivati troppo tardi per un ripensamento suo e della Ducati. Il divorzio è ormai consumato, Lorenzo nel 2019 correrà con Marquez. Nessuno può dubitare delle sue parole, ma se il problema era l’ergonomia, perché c’è voluto così tanto tempo per risolverlo? E soprattutto, perché il cambio di marcia è stato così repentino? La sproporzione tra il nuovo e il vecchio Jorge è troppo ampia per limitarsi a una spiegazione tecnica.

C’è di più. Ci sono evidentemente il carattere, l’ostinazione, un’incrollabile autostima. Qualità che il maiorchino aveva forse nascosto o messo inspiegabilmente da parte. Il suo orgoglio è come un torrente carsico, tumultuoso e invisibile che spunta fuori a tratti. Quando meno te l’aspetti. Fa parte del personaggio, sempre in bilico tra alti e bassi inspiegabili. Imperscrutabile e anche per questo motivo non facile da gestire. È un fardello che Lorenzo si porta dietro da quando ha cominciato a correre. E con cui dovrà fare i conti non solo per le prossime dodici gare di questo mondiale. Dovrà conviverci anche l’anno prossimo quando avrà di fianco un fenomeno come Marquez, uno schiacciasassi che altri hanno saggiamente evitato, accettando sistemazioni forse meno premianti ma più tranquille. Più salutari per la loro tenuta mentale. Lorenzo invece ci si è infilato dentro. Una prova di coraggio di cui almeno bisogna dargli atto.