Il mio giro del mondo in 58 circuiti: Assen
MotoGpIl "viaggio" di Paolo Beltramo nei tracciati del Motomondiale fa tappa ad Assen, in Olanda. "Una delle Cattedrali della velocità, con quel circuito così diverso, fascinoso, antico, piatto ma difficile. Fantastico guidare là, tra i fossi, i prati, i terrapieni gremiti di gente: un luogo mitico"
IL MIO GIRO DEL MONDO IN 58 CIRCUITI: FIUME
Una delle più belle gare che abbia mai visto, un'emozione unica su un tracciato che era davvero qualcosa di assoluto, diverso, unico. Allora era davvero una Cattedrale del motociclismo. Era ed è l'unico circuito in tutto il mondo sul quale le moto abbiano corso sempre fin dal 1949, quando è stato organizzato il primo Motomondiale. Ed era l'unico asfalto totalmente ed unicamente dedicato alle moto: non ci avevano mai corso né auto, né camion, nulla tranne le moto. Era fantastico guidare là, tra i fossi, i prati, i terrapieni gremiti di gente, su quello stretto asfalto a dorso di mulo, senza cordoli con pochissimi riferimenti. Quell'anno ha vinto Virginio Ferrari dopo una gara fantastica giocata con Barry Sheene fino all'ultimo. Che bello!
Un bellissimo viaggio
Assen, una meta stimolante da matti, ma che veniva proprio dopo Fiume ed era di sabato, come sempre fino a qualche anno fa. Quindi una volta tornato dalla Jugoslavia a Milano, mentre molti avevano tirato dritto verso l'Olanda, ho dovuto cercare un mezzo, un sistema per arrivare lassù. Il mio amico Giovanni Cerruti mi è venuto incontro e mi ha prestato la sua 2 Cavalli rossa. Fantastico, mancava soltanto un compagno di viaggio per non addormentarsi guidando. Trovato un amico libero da impegni siamo partiti. Via i sedili posteriori, così la 2CV con la fantasia e lo spirito di adattamento di allora si poteva trasformare in un minicamper.
Il viaggio è stato lungo, difficile e bellissimo. Allora non c'erano ancora tutte le gallerie di oggi, si dovevano scavalcare i passi alpini più ostici. In quel caso credo si sia trattato dello Spluga. Salire è stato un calvario con la piccola che arrancava in prima, al massimo in seconda, per digerire quei continui tornanti. Una volta arrivati in cima ci siamo guardati e abbiamo tirato un lungo e profondo (anche a causa dell'aria rarefatta) sospiro di soddisfazione. Credevamo che il peggio fosse passato. Invece la discesa era ancora più difficile perché i freni della 2CV non erano progettati per tormenti così lunghi e duri. Ad un certo punto non frenava più: anche in prima rischiavamo di andare dritti in ogni curva. Così abbiamo deciso di approfittare di uno spiazzo (non ne serviva uno grosso per noi) all'esterno di un tornante e abbiamo aperto il cofano per far raffreddare i freni anteriori al meglio.
Sulla 2CV i tamburi non sono sulle ruote, ma all'uscita del motore, dove iniziano i semiassi. Così il raffreddamento andava per le lunghe e noi, partiti la mattina presto (tipo le 6) avevamo l'obiettivo assoluto di arrivare entro sera al circuito. Erano 1280 km. Quindi abbiamo velocizzato il raffreddamento dei freni gettando sul tamburo tutta l'acqua che avevamo. Dopo una bella fumata di vapore le cose sono migliorate e siamo ripartiti. Ma il problema non era risolto e qualche decina di tornanti più giù ecco ancora lo stesso problema. Questa volta abbiamo risolto, essendo rimasti senz'acqua, di utilizzare i nostri fluidi corporei: insomma abbiamo fatti pipì sui freni e siamo arrivati in pianura a finestrini spalancati per rendere l'aria migliore. Una volta in Germania c'era soltanto autostrada, piatta, da consumare il più in fretta possibile. Anche lì abbiamo usato un trucco: stavamo attaccati il più vicino possibile al sedere dei tir che andavano a 110 orari e per qualche chilometro riuscivamo a tenere, poi, una volta persa la scia eccoci di nuovo a 90 ad aspettare un altro camion che ci superasse e ci desse una mano. Insomma verso le otto di sera eravamo dentro al circuito con la nostra 2CV a sistemare il nostro minicamper. Naturalmente ci siamo incontrati con Varisco e Virginio, ma anche con tutti gli altri che oramai vedevo con una certa naturalezza e non soltanto con emozione.
Come al luna park
Assen allora (anche adesso) era una festa: in città il circo, i giochi, tiri al bersaglio, pugni, birra a fiumi, un luna park continuo e diffuso. Ferrari aveva avuto la grande idea (non lo impressionavano le cose in grande) di affittare una camera in una casa in centro ad Assen ideata per 9 persone, ma alla fine ci siamo finiti anche Varisco, io e forse Gianfranco Falletti del Corriere. Nella 2CV si stava più comodi in uno e così ho visto il fuori e il dentro. Per arrivare al tracciato, al paddock, si doveva andare a prendere il pass al centro accrediti, poi si percorreva una strada parallela all'allora lungo rettilineo principale e si doveva attendere che non girasse nessuno in pista per attraversare all'altezza della fine dei box per entrare nel paddock. Allora non c'era il tunnel sotto la pista che c'è da qualche anno e ti consente di entrare sempre anche se da dietro. I box erano meno e più piccoli, le tribune pochissime. C'era un terrapieno e la gente si sedeva lì, assiepata, entusiasta, vicinissima alla pista. Il circuito era straordinario: modificato nel 1955, nel '76 venne formata una doppia curva a destra verso la fine, nel 1981 fu modificato un tratto dove i due sensi di marcia erano troppo vicini. Ma la modifica maggiore viene realizzata nel 2006 togliendo tutta la prima parte, allargando la pista costruendo cordoli e infrastrutture, rendendola più sicura, ma immensamente meno bella.
Ferrari-Scheene, che duello
Nel 1979 c'era il velocissimo rettilineo poi la curva a destra secca dove 4 anni più tardi Uncini venne investito da Gardner. Da lì cominciava una parte velocissima, bellissima con asfalto fantastico (anche sotto la pioggia), e una serie di "S" mozzafiato senza punti di riferimento com'erano. C'erano verde, fossi, prati, gente... una meraviglia. Con quella parte finale mozzafiato che - per fortuna - ancora oggi esiste anche se allargata. Il TT di Assen si disputa sul tracciato van Drenthe (la provincia dove si trova) e dal 2016 è stato spostato alla domenica per motivi di share televisivi. Si dice che fosse di sabato per consentire al pubblico di fare ritorno a casa durante la domenica, smaltire le abbondantissime libagioni e il lunedì presentarsi regolarmente al lavoro. Probabilmente era invece dovuto a questioni religiose di santificazione della Domenica. Forse aveva entrambi i ruoli. Quell'anno ha vinto Virginio Ferrari davanti a Barry Sheene dopo un duello indimenticabile. Il sorpasso decisivo è avvenuto nel curvone di ritorno dove va a finire il paddock e ho avuto la fortuna di essere proprio lì per gustarmelo dal vivo. Ero felice per il Virgi, ma anche un po' dispiaciuto per Barry che, come iniziavi a conoscerlo, non potevi che cominciare ad ammirarlo, a volergli bene. Hartog terzo, Uncini sesto e Roberts ottavo, con il mondiale aperto più che mai.
Tra le Cattedrali della Velocità
Assen è sempre stato un luogo mitico e la sera, in molti, si andava a Groningen a dormire poiché in città c'erano troppo casino e pochi letti. Chi riusciva si accomodava in piccoli Hotel in campagna o in qualche casa, ma Groningen era anche divertente. C'era tutto, come fosse una piccola Amsterdam. Cioè, per essere più chiari, la vietta a luci rosse, i coffe shop, i ristoranti italiani, bar... ma soprattutto c'era quel circuito così diverso, fascinoso, antico, piatto ma difficile. Un circuito che fa giustamente parte delle pietre che costruiscono la fondazione della cattedrale della velocità, un luogo mitico e mistico, che nessuno sa dove sia, ma che molti individuano, intuiscono in certi tracciati, perlopiù antichi, ma anche moderni che sono sparsi nel mondo. Per fare qualche esempio, al di là della pericolosità e della loro attuale esistenza e soprattutto a mio personale avviso: Mugello, Monza, Jerez, il vecchio Silverstone e mi dicono Brands Hatch dove non sono mai stato, Portimao, Suzuka, Phillip Island, Interlagos, Indianapolis, Laguna Seca, Il Tourist Trophy, North West, Brno (i 2), il Sachsenring per le 250 e Moto2, Sepang e Spa-Francorchamps che in quel 1979 seguiva, otto giorni dopo, quel GP d'Olanda così bello. Ero pronto, con la mia (si fa per dire) 2CV, un entusiasmo per quella vita sempre maggiore, un amore per il Continental Circus e i suoi componenti sempre più profondo. Allora praticamente tutti in Europa viaggiavano in camioncino, camion, auto, camper motor-home. Costava meno e pochi potevano dirsi dei ricchi sportivi. Così mi sono infilato in quella fila sgranata per dirigermi verso il Belgio e il suo mitico circuito.