Bagnaia ritrova la vittoria: nell'incrocio di destini con Marquez è lui ora a sorridere

L’incrocio di due vite. Direzioni opposte al crocevia. La Thailandia e poi l’Argentina hanno rappresentato per Bagnaia e Marquez l’incontro di due traiettorie diverse. Due strade e due destini, storie opposte eppure così vicine. Compagni di squadra, che condividono una moto, la maglia comune, la medesima voglia di primeggiare, ma diversi per carattere e vicende personali. Si sono ritrovati nella stessa curva del tempo, a interrogarsi sul proprio futuro. Marquez è salito sulla Ducati ufficiale dopo un travagliato percorso di dolore e rinascita; il suo talento era celato nelle spire dei dubbi che l’hanno avvolto dal 2020 a oggi. Quattro anni passati a chiedersi se fosse ancora il campione in grado di dominare la pista con la sua guida pirotecnica, espressione di un dono innato. Bagnaia in questo lasso di tempo ne aveva occupato il trono, diventando il riferimento di una MotoGP nuova e diversa, segnata dal dominio tecnico della Ducati. Di cui lui era il migliore prodotto, il campione allevato in casa. Dal 2020 a oggi Pecco ha lottato costantemente per il titolo, vincendolo due volte. Marc intanto osservava, tramortito dal rimpianto di una lotta da cui era escluso. A Buriram si sono ritrovato sotto lo stesso tetto: stessa moto, stessi colori, stessa volontà di vincere, ciascuno convinto, nel segreto del cuore, di essere il più forte. E lì tutto è cambiato, i loro destini si sono scambiati. Le porti girevoli della vita ne hanno invertito il cammino. Marc ha recuperato certezze e vittorie. Il sorriso da joker è tornato a illuminare la sua esistenza. Ha imposto di nuovo il suo sigillo nel regno dei piloti che amano il rischio. Ha ritrovato il successo, come se gli appartenesse per diritto divino, guidando con una naturalezza esasperante, sfiorando il limite con una sicurezza irritante. Forse è un po’ meno esplosivo , ma è sempre terribilmente efficace. E spettacolare. E così Pecco d’un tratto ha smarrito ogni certezza, svanita insieme al feeling con la sua moto. Ha cominciato a osservare la Desmosedici come se non la riconoscesse più, amante tradito da una compagna infedele, felice tra le mani del rivale spagnolo. Ma la vita è fatta di sliding doors, porte che si aprono su altri scenari. Si schiudono all’improvviso, come è successo ad Austin. Dove il caso ha giocato il suo ruolo, con un certo senso dell’ironia. Ribaltando una sentenza giù scritta. Doveva vincere Marc, era scontato, la statistica tutta a suo favore diceva questo. E invece ha vinto Pecco, che si è ripreso la Ducati, la serenità scomparsa e ha ritrovato l’orgoglio, nascosto dietro una frustrazione gigantesca. “Ho urlato nel casco” il suo comprensibile sfogo, dopo tre gare di totale sofferenza. Passate cercare una spiegazione, che gli sfuggiva insieme alla vittoria. Rabbia celata dietro sorrisi di circostanza, mentre l’espressione del volto diceva tutt’altro. E adesso le loro traiettorie, la sua e quella di Marc, che si erano incrociate in Thailandia, corrono parallele. Come il successo e la sconfitta, due facce della stessa medaglia. Solo che a guardare il volto diabolico del destino ora c’è Marquez, che d’un tratto ha perso il suo sorriso da Joker.

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