I Ducati incavolati

Corpo a corpo Bagnaia e Marquez in Spagna hanno combattuto, va bene. Si è visto un corpo a corpo tosto e millimetrico; roba di carattere, abilità e orgoglio bilaterali. Soldi ben spesi fino a lì per chi al GP ci è andato di persona accatastandosi tra duecentoepassamila spagnoli. Fino a lì. Poi Marquez è caduto. Per inciso, quel corpo a corpo l’ha vinto Bagnaia, come lo scorso anno del resto quando portò a casa il GP, ma Marc Marquez guidava una Ducati versione 2023 per il Team Gresini. Il saldo spagnolo di Pecco insomma poteva essere molto migliore, se non fosse che è rimasto inchiodato per tutta la gara su un terzo posto che non convince del tutto e non è stato nemmeno una maniera eclatante di approfittare di una situazione favorevolissima. Il 93 resta una specie di semidio, senza avversari che non siano sé stesso quando gli prendono la foga o il relax. Ma è già caduto due volte e adesso suo fratello è davanti di un punto, mentre Bagnaia è dietro di venti tondi, che non sarebbero nemmeno un abisso dopo cinque GP . Un problema comune? Ma Marquez non può andare avanti a cadere in eterno e Bagnaia non può correre in eterno con la paura di cadere. I due sono messi proprio così e in comune hanno una Ducati nella sua versione 2025 che, per qualche motivo, potrebbe non essere la polizza per assicurarsi il titolo. Bagnaia è stato molto chiaro: in tutto quello che gli serve per fare bene una curva, gli manca un pezzo che è quello dell’ingresso curva, da quando la moto inizia a piegare fino al punto di corda. Lì sente un avantreno meno sicuro di come lo percepiva lo scorso anno, e la mancanza si verifica anche nelle curve veloci come la 11 e la 12 di Jerez nelle quali lo scorso anno entrava ed andava come un missile. Finché quelle sensazioni non tornano Bagnaia sembra convintissimo di non voler forzare perché immagina che la caduta diventi un fatto certo e fatale. E lui, che al Mondiale ci pensa un bel po’, altro che, non ha nessuna intenzione di cadere. Tutto sommato, in attesa di soluzioni che sembrano tardare ad arrivare, la sua strategia paga, nel senso che i due zeri di Marquez tengono i primi tre della classifica vicini quanto basta perché continui a sembrare un Mondiale aperto. Anche se le scatole a Pecco girano, perché dietro a Quartararo con la Yamaha sofferente e dietro ad Alex Marquez che guida la sua moto dell’anno scorso non ci vorrebbe stare. In scia a Quartararo il davanti di Bagnaia chiudeva, massacrandogli ogni iniziativa. Anche le cadute di Marquez hanno a che fare con l’avantreno e forse pure con Bagnaia. Certamente Marc è convinto che le insidie possono arrivare più dall’italiano che da suo fratello Alex sul quale può esercitare un miglior controllo globale. E’ su Bagnaia che prende margine in America quando cade, è in un riavvicinamento a Bagnaia che cade in Spagna. Ma a parte queste due circostanze sulle quali si può discutere all’infinito secondo gusti, preferenze e opinioni personali, Marquez è caduto due volte perdendo l’avantreno. Aveva saputo descrivere le ragioni del volo di Austin, ma ha fatto più fatica a spiegare quelle di Jerez. Di solito è uno che dice le cose come stanno; se c’è da prendersi la responsabilità per un errore lo fa. Stavolta è più difficile. Servono due giorni per arrivare a stabilire che è entrato in curva troppo forte, quindi vale l'ipotesi che anche per lui ci sia stato un tema di equilibrio della moto, risolto poi come vedremo nel test del lunedì. Alex in contropiede Ad Alex Marquez che sogna felice e chiede di non essere svegliato non c’è proprio un bel niente da dire. Perché funziona perfettamente, sia dal punto di vista sportivo che da quello tecnico. Nel team Gresini, che è già eccellente di suo, sta come vorrebbe stare qualunque pilota per essere felice. Per come è esploso prendendo in mano la 2024 è ovvio che quella versione lì della Desmosedici sia al momento almeno un filo meglio delle due moto rosse. Dall’Igna e i suoi sanno tutto di quel mezzo perfetto. Nelle stagioni spesso c’è un tempo, abbastanza tipico, in cui la moto dell’anno prima è migliore di quello dopo che ancora sta evolvendo. Il test che divide Il test del lunedì di Jerez però potrebbe aver aperto di nuovo la forbice, a vantaggio di Marquez che ha provato un nuovo telaio e chissà cos’altro chiudendo la giornata davanti a tutti, senza cadute, buonissimo sul giro secco e buonissimo sul passo. Lo stesso test sembra non aver prodotto granché dalla parte Bagnaia, che ci ha consegnato poco entusiasmo, qualche spiegazione e un tempo sul giro un secondo e mezzo più alto di quello del compagno. L’aspettativa sul test di Jerez si è abbastanza squagliata per Bagnaia e potrebbe invece aver rigenerato a palla l’energia e l’entusiasmo di Marquez. ‘I Ducati incavolati’ del titolo potrebbero essere passati da due a uno e un pezzettino. Se Marquez a Le Mans dovesse andare come nel test di Jerez, ciao ciao un’altra volta. I rischi Il pericolo per Bagnaia è quello di deprimersi. Per ora ha resistito, ha tenuto a bada l’ansia , ha tenuto la testa accesa sull’obiettivo, si è corazzato contro critiche e confronti, ha continuato a credere nell’aiuto, oggettivo, della Ducati. Ma finché il famoso feeling non arriva nelle mani di Pecco, Marquez può guadagnare metri quadri di Ducati, intestarsi legittimamente capitoli di sviluppo. Poi la ragione ce l’ha chi vince e l’altro rischia di attaccarsi al tram. Tra i due, che con Alex sono anche tre, non c’è insomma una sfida che si consuma a parolacce, tensioni, veleni o carenate . C’è una convivenza matura, ma durissima, tra uno che è tornato facendo crescere anche il fratello e uno a cui nessuno ha mai regalato niente, costretto un’altra volta a dimostrare qualcosa di grosso, come se quello che ha fatto fino a qui contasse solo il giusto. Mica facile, ma non sarebbe il Mondiale.

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Guido Meda