Viaggio nella crisi di Pecco Bagnaia

Il Red Bull Ring è sempre stato casa sua: tre vittorie di fila tra 2022 e 2024, ma stavolta la sensazione che qui la storiella potesse essere la stessa, onestamente non c’era. La speranza che Bagnaia in Austria andasse meglio delle ultime gare, quella sì. Troppo forte Marquez da quando ha la Desmosedici tra le mani, troppo diverso dagli anni scorsi Bagnaia che ormai da mesi sembra una foglia al vento dopo essere stato, nelle sue sfide con Martin, il robusto tronco di una quercia. La gioia di massa da una parte e la rabbiosa mestizia dall’altra appaiono in altissima definizione in questa foto del mitico giornalista inglese Mat Oxley scattata dopo la gara austriaca e concessa a SkySport. Parla più di qualunque articolo come questo. Il suo modo di essere sincero lo fa sembrare ad alcuni solo lamentoso. Elenca quello che gli capita, quello che sente. È disorientato, privo delle vecchie sensazioni. E ora pure spazientito. Forse è colpa sua che si è plafonato lì o forse in quella moto qualcosa di piccolo, ma per lui importante, è davvero cambiato e le sensazioni che ha nelle mani non coincidono con i numeri degli ingegneri. È una vecchia storia quella che polarizza piloti e tecnici, già sentita mille volte nei decenni di storia delle moto e più la tecnologia e l’utilizzo - sacrosanto - dei big data vanno avanti, più si allarga il solco tra chi utilizza le proprie mani per guidare e chi utilizza le risposte che stanno nei numeri per progettare e assecondarlo. Se i rapporti tra Bagnaia e la Ducati ora sono tesi ci sta, senza che per forza debba esserci tra i due un imputato più imputato dell’altro. Quindi, oggettivamente, forse non è colpa di nessuno. Ma la crisi si vede ed è preoccupante perché vanno trascorse insieme altre nove gare e poi un’altra intera stagione ancora. L’epilogo più bello, dopo quello che Bagnaia e la Ducati hanno fatto insieme, sarebbe quello di trovare una soluzione invece che dover dar credito a chi già da mesi parla di una separazione all’orizzonte. Solita storia in gara: Bagnaia parte bene, resta nel gruppo che conta, ma dopo pochi giri comincia a perdere trazione, a non frenare, a non attaccare e a non difendersi, a scivolare indietro. Ottavo al traguardo, staccato di dodici secondi da Marc Marquez e a dodici secondi anche dal se stesso dello scorso anno, quando il tempo di gara del vincitore - lui - fu esattamente lo stesso. Fatte le debite proporzioni sulle condizioni della pista, che da un anno con l’altro possono cambiare, dodici secondi non sono soltanto una misura del tempo, ma il simbolo di una distanza globale. E fa male, sia a Pecco, sia alla Ducati a cui, se non altro, resta un ottimo motivo con il numero 93 per essere felice. La crisi non nasce in Austria, ma qui si mostra nuda. Sabato la sprint era già stata un incubo: la moto che scuoteva, il posteriore consumato dopo tre giri, il ritiro obbligato. Domenica almeno la moto resta in piedi, ma la storia è quella. Alla fine Bagnaia lo dice senza girarci intorno: non riesce più a gestire le gomme, si sente “come se non fossi più capace” di farlo. Parole che pesano, perché in carriera Pecco ha costruito i suoi titoli proprio sulla lucidità nella gestione. Forse la moto è davvero diventata meno dialogante, e a lui, che guida col bisturi più che col machete, la mancanza di rispondenza tra aspettativa delle sensazioni e risultato fa un male bestia. Il fatto è che stavolta scende arrabbiato, ma per davvero. Si sfoga, chiede risposte, denuncia il fatto che non ne arrivino e quando la collega di Dazn Espana gli chiede se stia perdendo la pazienza, per non dire platealmente di sì sbracando del tutto prima di dover fare altre nove gare e l’intero 2026, dice un “abbastanza” in cui invece c’è molto. La risposta di Dall’Igna è ovvia e saggia: “È naturale, lo capisco. Continuiamo a credere in lui. C’è sicuramente una parte mentale, ma dobbiamo risolvere i suoi problemi”. La parte mentale ci può essere in effetti, sarebbe anche naturale ed era ampiamente messa nel conto dal primo metro di pista di quello che sulla carta nasceva come un team imbattibile, ma che nei fatti poteva diventare quello che stiamo vedendo oggi. Un pilota fenomeno devastante come Marquez, che con una moto buonissima prende sicurezza man mano che vince e di fatto finisce per annientare il resto, i dintorni, gli avversari, rendendo poco necessario correre tecnicamente ai ripari su un mezzo che con lui funziona così bene. Anche questo è un tema vecchio come il mondo: quando sei una casa con un mezzo che con un pilota vince qualunque cosa, non c’è una reale necessità di stravolgerlo. È più semplice dire agli altri di svegliarsi e di imitarlo. Il tema psicologico di un Bagnaia devastato da Marquez lo metteremmo parzialmente da parte ancora per un po’. Bagnaia è razionale, non è tipo da lasciarsi travolgere dall’invidia o dalla malinconia, come non è realistico il quadro patetico di un Bagnaia che piange finito in alcuni titoli dopo la Sprint austriaca. Ma va, non scherziamo. Riassunto: Marquez vince tutto, con la stessa moto Bagnaia non vince più, perde anche dagli altri, si sente solo, la Ducati gli promette e gli dichiara stima e fiducia, ma né la Ducati né Bagnaia trovano la soluzione. Bagnaia si arrabbia, la Ducati dice che è normale e comprensibile. Per alcuni è un problema mentale indotto dalle vittorie di Marquez, per Bagnaia è un fatto tecnico e oggettivo. In una metà del box si festeggia come se non ci fosse un domani, l’altra ha la serranda chiusa, sempre come se non ci fosse un domani, ma nel senso letterale del termine. Perché il problema, quello che pesa davvero a Bagnaia, non è prenderle da questo Marquez spettacolare e illuminato. Il problema è prenderle dagli altri, a partire da Alex che guida l’amata 2024, e aver perso i propri punti di forza. Con l’aggravante che a uno ipersensibile e perfezionista fai più fatica a chiedere di adattarsi e pedalare. Nel frattempo il Mondiale corre via. Marquez ha vinto sei gare di fila, ha conquistato la prima vittoria in Austria e aumentato il suo vantaggio su Alex. Alle sue spalle Acosta continua a crescere, Aldeguer piazza un secondo posto da campione del futuro, Bezzecchi conferma la sua 'bezzecchitudine', veloce e irriverente anche se di fatto pure con lui Marquez è in perfetto controllo. In mezzo a tutto questo Bagnaia sembra un sopravvissuto. Serve ricostruire stima e affetto reciproci, servono reazioni forti, rapide e forse più drastiche di quanto la Ducati abbia mai immaginato. Serve badare anche alla forma, serve distribuire attenzione al vincente come al sofferente, serve non lasciare indietro nessuno come fanno i boyscout. Non abbiamo la pretesa di sapere cosa succede in quel box rosso nei momenti più riservati, ma a volte le soluzioni passano anche attraverso piccole attenzioni umane dal costo pari a zero, tanto quanto attraverso i grandi investimenti in tecnologia. Lo chiedevamo lo scorso anno alla Ducati: sarete pronti a seguire due eventuali linee di sviluppo se i vostri piloti avessero esigenze diverse? La risposta è sempre stata un sì deciso. Sulla stima, non ci sono dubbi.

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Guido Meda