La Ducati si gode un Marquez 'camaleontico'

C’è qualcosa di inedito nell’ultima vittoria di Marquez in Ungheria. Curioso, ma vero anche per un pilota che macina successi a ripetizione e guida la Ducati come se c’avesse corso da sempre. L’ha spiegato lui stesso al termine dell’ennesimo sabato trionfale su un circuito nuovo nel calendario della MotoGP, che si è dimostrato il meno adatto al carattere delle Ducati. “Le nostre moto prediligono le piste larghe e faticano nelle chicane strette come quelle del Balaton Park”: l’unico punto debole, a sentire lui, della nuova Desmosedici che, risultati alla mano, se l’è cavata più che bene anche in questa occasione. Grazie anche a un accorgimento che ha poi svelato l’interessato: “Ho adattato il mio stile di guida, rispolverando le armi del passato”. In sostanza, ha spiegato, Marc ha ripescato dal suo vasto repertorio la guida che utilizzava con la Honda dei tempi migliori. È la dimostrazione di quanto lo spagnolo abbia preso in mano la quattro cilindri di Borgo Panigale, la 2025 che solo lui riesce sfruttare al meglio, guidandola come meglio crede. La conferma è arrivata dalla vittoria il giorno dopo, apparentemente facile, sulla distanza lunga. Ma frutto della sua esperienza e del suo enorme talento. Una gara gestita con la consueta padronanza, che conferma le sue analisi. Sul podio di domenica la sua era l’unica Ducati, affiancata dalla KTM di Acosta e dall’Aprilia di Bezzecchi. Delle sei Desmosedici in gara, nelle prime dieci posizioni ce n’erano tre. Verrebbe da dire soltanto tre perché le Ducati di solito dominano, ma in realtà è la riprova del valore aggiunto che lo spagnolo ha portato in dote. Lui svetta anche quando la pista sembra meno adatta alla sua moto. E il risultato spiega il dominio in classifica: 455 punti, 175 di vantaggio sul primo degli inseguitori e 277 su Bagnaia, doppiato in una stagione complicata, “la peggiore da quando corro in Ducati” ha ammesso Pecco. La concorrenza si avvicina, Aprilia e KTM sono diventate più minacciose, ma Marquez resta imbattuto. L’anno scorso ha preso le misure alla nuova moto, quest’anno l’ha resa invincibile, almeno fino a questo punto della stagione. Chi lo dava per finito, un anno fa, ha dovuto ricredersi. I guai fisici sono stati superati, l’entusiasmo contagioso con cui oggi Marc saluta ogni successo dimostrano quanto sia stato duro e sofferto il quinquennio precedente. Costellato di dubbi, tali da fargli dubitare di poter tornare il Marquez vincente che tutti ricordavano. La scelta di portarlo nella squadra ufficiale s’è dimostrata azzeccata, a dispetto di chi avrebbe voluto Jorge Martin al suo posto. È stata una scelta sofferta, hanno ammesso i vertici Ducati, ma alla luce dei risultati ottenuti, premiante. E soprattutto strategicamente decisiva, pensando al prossimo campionato, quando lo sviluppo delle moto sarà congelato, in vista del cambio di regolamento tecnico che nel 2027 porterà in pista delle MotoGP molto diverse. Un’incognita che però la Ducati può affrontare serenamente. Grazie al fuoriclasse che s’è messo in casa. E aspettando di recuperare Pecco Bagnaia, un campione che prima o poi ritroverà la strada per uscire dal tunnel oscuro in cui è finito.

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La Ducati si gode un Marquez 'camaleontico'

Paolo Lorenzi