Da Marquez a Bagnaia, viaggio nel momento no della Ducati

Il campione a casa, stanco e acciaccato Di cose su cui fare chiarezza ce ne sono molte in questo buco di una settimana tra l’Indonesia e l’Australia, in cui il mondiale sembra non aver più niente da dire e invece ha ancora moltissimo. Il GP dell’Indonesia è stato tutto il contrario di una faccenda normale. Proviamo a fare chiarezza fin dove si può, fino a dove i protagonisti dicono, fino a dove si capisce e sappiamo. E partiamo da Marc Marquez, il campione del mondo che non farà le prossime due gare di Australia e Malesia. Dopo la caduta, l’infortunio, le prime cure e i primi controlli non sembrava devastato all’idea di stare a casa. Sembrava stanco piuttosto, per una stagione tutta tirata da fenomeno e che è stata un bombardamento di emozioni nella parte finale, quando per lui diventare campione del mondo stavolta era molto di più che celebrare un altro scontatissimo titolo come in passato. Stanco, ma sereno. Lo aveva detto il giovedì prima dell’Indonesia che per le ultime cinque gare della stagione non avrebbe voluto esporsi a rischi inutili, che non aveva nessuna intenzione di farsi male gratis, che tanto il grosso era fatto. Se fosse arrivato al traguardo non sarebbe stato comunque il weekend migliore della stagione; ma così è diventato proprio il peggiore. Niente cattiveria, niente processi È stato Marco Bezzecchi a centrarlo sulla ruota posteriore, durante un tentativo di soprasso a moto in piega e ad altissima velocità, e a farlo volare via. Quello del Bez è senza dubbio un errore di valutazione unito ad altri due aspetti che lo riguardano: la partenza dalla pole, non bella per la seconda volta nel weekend, e la consapevolezza fortissima di avere nelle mani un potenziale da vincerci la gara a mani basse. La curva dell’incidente peraltro è quella in cui Bezzecchi era più veloce di tutti. C’è stata forse troppa fretta, ma non c’è nessuna reale cattiveria nella manovra, su un asfalto che in tre giorni ne ha traditi una marea. Se ne sono viste di peggio, da entrambi e non solo da loro, in molti casi. Non ci sono gli estremi per nessun processo penale, come non ce n’erano per Marc su Rins il sabato e come non ce ne sono stati per Martin in Giappone quando aveva steso Bezzecchi medesimo con una staccata in partenza, quella sì, davvero ciccata di brutto. Solo che, siccome nel 2023 Bezzecchi aveva rivolto parole dure proprio a Marquez che lo aveva steso a Valencia, quello di Mandalika è diventato un pretesto per montare una densissima panna social su come ci si dovrebbe comportare nella vita e in pista, in cui chiunque spiega fairplay ed educazione a chiunque, mentre basterebbe guardare i fatti: Bezzecchi chiede due volte scusa a Marquez e lo fa anche Rivola, Marquez non solo accetta le scuse, ma con grande signorilità invita tutti a non accanirsi su Bez. Insomma, dopo il botto fanno meglio loro due di chi li giudica senza pietà. Dimostrano, a chi se lo dimentica, che i piloti possono fare come i cerini: fiammona per cominciare e poi più niente in un attimo. Una questione di sicurezza La faccenda seria piuttosto sono le lesioni di Marquez e la ragione, oltre al contatto con Bezzecchi, per cui se le è procurate. Marquez si fa male alla spalla quando, scivolando, impatta sul gradino tra la via di fuga in asfalto e quella in ghiaia. Lì c’è un dislivello che i piloti avevano già notato il venerdì mattina e di cui avevano presumibilmente parlato in Safety Commission, che diventa un ostacolo e pure un trampolino. Ed è lì che il suo braccio potrebbe essersi aperto più del dovuto facendogli male alla spalla. È quel punto che, a prescindere dall’ovvio errore di Bezzecchi, andava sistemato prima. Pensateci. La diagnosi è confortante Il bollettino medico di Marquez dopo gli esami fatti in Spagna parla di una piccola “frattura al processo coracoideo” e di generiche “lesioni ai legamenti”, senza specificare quali, ma aggiungendo che “l’intervento non è necessario, ma salterà le prossime due gare”. Sentendo il parere di alcuni medici tra cui il dottor Costa e guardando Inside si vede Marquez che esce dal centro medico, torna nel box e spiega ai suoi il tipo di lesione che i medici stanno sospettando e propende per una lussazione della clavicola; fortunatamente è diverso e meno grave di una lussazione in cui ad essere lesionati sono i legamenti della scapola. Anche Marquez dopo la diagnosi si rallegra del fatto che l’omero non sia coinvolto e che la lesione dei legamenti sia meno grave di come potesse essere. Ecco, allora diventa inutile l’esercizio pessimistico di pensare che fino a fine stagione non lo vedremo più in pista. Farà come gli pare e come gli diranno i medici, ma per ora il quadro che ci hanno descritto sembra quello vero, tempi di rientro compresi. Bagnaia in testacoda Rimane comunque una bruttissima sassata sulla Ducati, che perde il suo campione del mondo almeno per un po’ e che non riesce a rimettere in cima Bagnaia, che il suo GP l’ha chiuso cadendo senza reazioni mentre era ultimo, alla fine di un weekend che è stato un disastro sotto tutti i punti di vista. Dal morale, alla tecnica, alla comunicazione. Ma a prescindere dalle rabbie in aria, perché Bagnaia abbia fatto così fatica una settimana dopo un GP dominato come quello del Giappone rimane onestamente un mistero. È molto comprensibile Pecco quando dice che a Motegi ha dimostrato quello che può fare quando la moto lo asseconda, perché in effetti quella gara aveva allontanato il sospetto che ci fosse una componente mentale a tenerlo sotto. Adesso invece, per molti il tema torna, integro come prima. Sgomberato il campo che Ducati a Motegi potesse averlo fatto correre con un motore del 2024 , la moto indonesiana non si è presentata a Bagnaia come l’aveva trovata in Giappone. Le due piste sono diversissime per un milione di motivi: in Indonesia “il dietro spinge sul davanti” e hanno sofferto in tanti, sono caduti in tantissimi e ancor più hanno rischiato di farlo. Mille ipotesi per un problema Ma a sentire Bagnaia c’era dell’altro, qualcosa che non si aspettava. Ducati, legittimamente stressata dal fatto che si parli sempre di loro, dal test di Misano sulla tecnica non dice più un tubo, il che di fatto apre la fiera campionaria delle ipotesi e delle illazioni, fino alle più complottare e fantasiose: boicottaggio volontario, motore, telaio, forcella, forcellone, abbassatore. Ecco, nell’elenco è mancata l'elettronica, ma solo perché è una materia ipercomplessa di cui tutti ci riempiamo la bocca, ma di cui nessuno di noi sa onestamente un cavolo. E tendiamo a dimenticarcela. L’elettronica gestisce il comportamento del motore, il comportamento del motore influisce sulla ciclistica. E se tra le piccole differenze tra i motori vecchio e nuovo ci fosse anche un’elettronica non compatibile? Si annaspa senza pretendere di prenderci, ma perché, in questa gara di tiro al piccione in cui chi più ne ha più ne spara, non ci buttiamo dentro anche lei a fare numero? Bagnaia si sente integro e rivuole la sua moto, una moto che freni e che non vibri , mentre la Ducati forse non è convinta del tutto che lui sia integro e la sua moto cerca di ridargliela. Stallo. Un grande malumore non è per forza un divorzio Uno stallo nel quale si inserisce il malumore generalizzato. Perché Bagnaia non sa mordersi la lingua quando soffre e perché Ducati soffre quando non trova la soluzione . Tutti i piloti prima o poi svampano quando le cose non girano e bisognerebbe uscire dal luogo comune per cui se lo fanno Marquez, Valentino o Quartararo va tollerato, mentre se lo fa Bagnaia bisogna bastonarlo a prescindere. Si può stabilire a priori che le ragioni della casa valgono di più di quelle del pilota? In teoria no. Sappiamo tutti molto bene da sempre che Bagnaia è un pilota ipersensibile a ogni microscopico cambiamento tecnico; che può essere un pregio quando ti guida verso la perfezione di una moto che poi andrà in mano a tutti, ma anche un difetto che lo limita quando la moto è imperfetta. Come stiano messi adesso a rapporti Ducati e Bagnaia è difficile saperlo, ma non è impensabile che l’Indonesia sia stata anche un’occasione per chiarirsi, sia sulle modalità del lavoro che su quelle della comunicazione. Speriamo. Sarebbe buonsenso farlo. Bagnaia non è il primo pilota della storia che esplode in lamentele e quello della Ducati non è il primo caso della storia in cui è difficile trovare una soluzione per un pilota. In questo caso il percorso è solo più difficile perché Bagnaia sembra la voce stonata nel coro che ha Marc Marquez campione del mondo, Alex Marquez e Aldeguer che vincono delle gare, un titolo costruttori e uno piloti già in tasca da un pezzo. Che ci sia qualcosa, magari di piccolo e significativo, che non coincide tra la 2024 e la 2025 e infastidisce Bagnaia sembra difficile negarlo. Quindi sarà bene che la Ducati con Pecco , mettano da parte le arrabbiature e pensino a risolvere la faccenda per il 2026. Sul finale del 2025 è veramente difficile fare previsioni, e sarebbe sciocco farne. Anche nel paddock c’è un bel po’ di gente che parla di un rapporto al capolinea e si chiede come possano continuare insieme. Ok, ma c’è un contratto, c’è un rapporto tra Ducati e Bagnaia che è nato per amore, che è oneroso, che ha reso moltissimo ad entrambi e non ci sono nemmeno le alternative. Ma anche se ci fossero, avrebbe senso per Bagnaia lasciare la Ducati? Perché fino a prova contraria Bagnaia vuole molto bene al proprio team e il team vuole molto bene al proprio pilota. Volersi bene, dopo aver vinto molto e sofferto molto, è un’arma che conta anche di più quando si striscia tutti insieme col culo sulla carta vetrata.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

Da Marquez a Bagnaia, viaggio nel momento no della Ducati

Guido Meda