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Hayden, il ragazzo sereno visto da Guido Meda

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Guido Meda

Morto Nicky Hayden, fatale l'incidente in bici di mercoledì scorso (Getty)

Rimasto gravemente ferito mercoledì in un incidente in bicicletta, a 35 anni è morto il campione della MotoGP del 2006. Un bel ragazzo dentro e fuori, con un talento sconfinato per l'equilibrio, su ruote e nel cuore

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Il vuoto riguarda più la dolcezza che non l'esuberanza. Nicky Hayden non era affatto l'americano tutto show, casino, voce alta e gesti eclatanti. Anzi, nella sua vita a 300 cercava serenità senza fare rumore. Separava gli amici veri dai conoscenti, non si metteva per forza al centro della scena e sapeva fare spazio a chi la scena la gestiva meglio di lui. Ora che non ci sono più le parole per spiegarsi come uno che passa la vita a correre in moto debba morire per un incidente durante un giro in bicicletta, non rimane che la necessità di rendere giustizia alla maniera in cui Nicky Hayden aveva scelto di vivere. La semplicità della sua famiglia, la passione schietta e avventurosa per la moto e anche la confessione cristiana a cui aderiva facevano sì che la sua fosse un'etica così rigorosa da farlo sembrare un pezzo antico in un mondo anche troppo moderno. Ma era per quello che veniva apprezzato. Mille ragazze? Affatto. Una, solo a patto che ne fosse innamorato, altrimenti niente. Ora c'era Jacqueline, che piange la perdita certa di un amore vero, mai buttato via nelle occasioni che l'estetica e la celebrità gli offrivano. Seminava compostezza senza sembrare bacchettone, con simpatia, educazione e umanità al posto giusto nel momento giusto.

Polemiche con gli avversari? Mai nessuna; neppure quando Pedrosa lo centrò in Portogallo mentre si giocava il mondiale riuscì a tenergli il muso per più di mezz'ora. Leggete le testimonianze dei suoi colleghi che lo piangono e troverete sobrietà. Sanno come onorarlo perché ce l'hanno avuto vicino. E' un automatismo. Così come venne ricordata con sconfinata disperazione l'esplosività umana di Marco Simoncelli, credo che verrà ricordata con dolce ed equilibrata compostezza la figura di Nicky Hayden. Perché erano modi diversi di essere la stessa cosa: due cari ragazzi. Non lasciatevi ingannare dai ricordi che avete dello slang sbracato del Kentucky con cui si esprimeva nelle interviste. Quelle erano solo derapate fonetiche. Era così che aveva imparato a parlare in America ed era così che mostrava di andare fiero della sua americanità. Ma gli interessava molto più l'essere che l'apparire.

E' stato uno dei pochi piloti della Motogp che abbiamo visto piangere in diretta. La gioia vera e profonda, quella no che non la sapeva contenere. Pianse in mondovisione abbracciato al padre Earl quando vinse a Laguna Seca e pianse in mondovisione ancora in mezzo alla pista e a capo scoperto quando il titolo del 2006 fu suo. Ci vuole più coraggio a piangere a dirotto con gli occhi del mondo addosso, che non ad entrare in piega a centottanta. Lo fece con sincerità mostrando quanto possa essere vulnerabile l'anima di un pilota della Motogp normalmente identificato come lo sportivo duro e invulnerabile per eccellenza.  Non mollò mai. Non perse la pazienza nei momenti bui della sua carriera a due ruote. Non lo fece quando, con più di un compagno, servì onorare il ruolo del gregario pur avendo vinto un mondiale. Dei compagni era capace di dire in conferenza stampa "Lui è semplicemente incredibile, molto più bravo di me". Guardava avanti Nicky Hayden, anzi sosteneva che fermarsi a rimpiangere il passato non servisse proprio a nulla. Non mollò in alcuni momenti difficili della Ducati, non mollò quando i risultati non arrivarono più con la Honda. Non si considerò un reietto quando gli fu richiesto di lasciare la Motogp per la Superbike andando a guidare una moto poco competitiva. Mai un segno pubblico di dissenso a meno che non fosse strettamente necessario. Se fosse stata colpa sua nel tragico incidente di mercoledì a Misano e potesse parlare Nicky Hayden lo direbbe: "Was my fault". Se invece fosse colpa del trentenne automobilista con cui si è scontrato e potesse sollevargli l'anima pesante lo farebbe senza pensarci un secondo: "Don't worry". Nicky Hayden era un bel ragazzo dentro e fuori, con un talento sconfinato per l'equilibrio, su ruote e nel cuore.