Quel testardo di Thierry Neuville: ritratto del belga campione del mondo del WRC

Thierry Neuville sembrava destinato a una sorte comune a molti piloti. Alla stragrande maggioranza, per la verità: perché quelli che riescono a essere campioni del mondo sono una ristretta élite, e si possono contare leggendo gli albi d'oro, mentre quelli che finiscono senza avercela mai fatta compongono una cifra indefinita e sempre in aumento. Tra loro ce ne sono alcuni che comunque rimangono nella memoria, e vengono definiti ‘campioni senza corona’. Fino a domenica 24 novembre Thierry Neuville, ormai nella parte conclusiva della carriera a 36 anni, era un ‘campione senza corona’. Cinque volte secondo nel Mondiale rally, di cui quattro consecutive e una dolorosissima, nel 2018, quando si ritirò nel corso dell'ultimo evento della stagione consegnando il titolo a Sebastien Ogier. Che è precisamente il motivo della lunga attesa di Neuville. Trovarsi a lottare contro una leggenda spesso porta come conseguenza la sconfitta. E peraltro tra Ogier e Neuville non corre buon sangue. Nel 2024 il primo gli ha lanciato molteplici frecciate, dal "si lamenta sempre" del rally Acropolis alla "bellezza di lottare tra campioni del mondo" con Tanak del rally dell'Europa centrale, lasciando intendere che il leader del Mondiale non fosse alla loro altezza. Ma Ogier ha sbagliato nel rally Acropolis e anche nel rally dell'Europa centrale . Ogier, pilota part time da qualche anno – ma diventato nei fatti full time quest'anno su richiesta di Toyota priva di leader in assenza di Rovanpera nel suo anno di ‘pausa’ –, non è stato una minaccia per Neuville. Nella realtà dei fatti, nessuno nella stagione WRC appena conclusa ha messo a rischio la sua leadership, nonostante Neuville si sia caricato fin da Monte-Carlo l'onere di aprire sempre la strada al venerdì, lo svantaggio tipico di chi guida la classifica, spesso decisivo per i risultati dei singoli rally e delle intere stagioni. Ha spazzolato per tutti, non ha commesso passi falsi gravi se non nel rally Sardegna, ha massimizzato il nuovo regolamento sui punteggi, sfruttando il fatto che la domenica si potessero prendere molti punti bonus. Ha resistito alla carica di un compagno scomodo come Ott Tanak, tornato quest'anno a Hyundai per attaccare i due titoli, piloti e costruttori. Non si è lasciato abbattere dalla peggior sciagura per chi si trovava nella sua posizione, a un passo dal Mondiale con ampio margine da gestire: un problema alla macchina. E dopo aver perso quasi otto minuti per la rottura del turbo nel venerdì del Giappone, il sabato con l'auto nuovamente funzionante è riuscito a rimontare fino al settimo posto, garantendosi un comodissimo match point per la domenica. E a cadere sotto la pressione è stato invece proprio Tanak, fuori strada a consegnare il campionato a Neuville, il primo della carriera, prima che finisse il rally. I meriti di Neuville sono proseguiti fino all'ultima prova speciale, perché ha cercato anche di riparare il danno fatto da Tanak alla classifica costruttori di Hyundai. Non ci è riuscito, Ogier e Toyota lo hanno sconfitto. Ma se per la storia dei rally è molto importante, visto che a dispetto della personalizzazione dei mondiali nelle figure eroiche dei piloti questa disciplina del motorsport dà enorme importanza alla lotta tra costruttori, più di qualunque altra, per la storia personale di Neuville è quasi irrilevante. E anche per quella di Ogier, che è stato il primo monumento sportivo dei rally a non legare il proprio nome a un marchio per sempre, a vincere con tanti brand, a rendere il titolo piloti più chiacchierato delle prestazioni delle macchine. Con Neuville, se vogliamo, si torna al rally ‘tradizionale’, perché Neuville e Hyundai è un legame indissolubile, Neuville è Hyundai, Neuville è quello che ha creduto nella casa coreana prima di tutti, il leader che le ha portato due Mondiali costruttori e adesso il primo piloti, quello che ha unito la squadra per superare la disperazione della perdita di Craig Breen, che ha aiutato il team principal Abiteboul proveniente dalla Formula 1 e con zero esperienza rally a fare le scelte giuste per arrivare agli obiettivi. Neuville è quello delle decisioni forti, come abbandonare il navigatore Gilsoul per incomprensioni a due settimane dall'inizio di una stagione, buttando dentro il giovane Wydaeghe, poca esperienza, un po' impacciato all'inizio quando Thierry non sentiva le sue note in interfono, ma poi spettacolare Robin a guardare le spalle a Batman e a spianargli la via verso il trionfo. Neuville ama lo sport che pratica e ci entra nei dettagli anche con la politica, con il marketing , con il collezionismo. Adesso potrà farlo dal piedistallo più prestigioso, potrà togliere quell'1 di troppo che ha sempre avuto sulla macchina, a comporre il suo 11 come numero di gara, e dire a tutti che dopo oltre 5000 giorni e 15 anni di corse al più alto livello è campione del mondo. Un record, perché la massima attesa per un titolo prima di lui è stata di 11 anni. E sarà felice pure di questo, tra tanti fuoriclasse già conclamati che vantano primati, da quelli di precocità di Rovanpera a quelli di trionfi di Ogier, di poter dire anche lui di essere un recordman, il recordman di testardaggine nel credere di poter essere, prima o poi e fino a farcela, il migliore di tutti.