La scelta di Mick Schumacher per tornare protagonista

Le otto gare del WEC non sono bastate. A 26 anni Mick Schumacher ha voglia di correre quanto più possibile. Il fascino dell’endurance, della 24 Ore di Le Mans e un contratto ufficiale con Alpine sono stati così messi da parte in favore della IndyCar, per un’offerta composta da 17 eventi all’anno, 500 Miglia di Indianapolis inclusa, da affrontare alla guida delle monoposto, la tipologia di auto che il figlio d’arte predilige, come affermato una volta terminato il test esplorativo di Indianapolis offerto dal Rahal Letterman Lanigan Racing. I pensieri espressi dal tedesco sulla serie americana e, più nello specifico, sulle ottime sensazioni alla guida non hanno lasciato spazio ad altre opzioni, tanto che la squadra di Bobby Rahal ha impiegato poco tempo a liberare il sedile appartenente in origine a Devlin DeFrancesco, offrendolo senza esitazioni a Schumacher, sul quale ripone forti speranze per tornare a competere con le squadre di punta. NUOVE SFIDE E TANTI STIMOLI: LA INDYCAR SODDISFA LE RICHIESTE DI SCHUMACHER Con la scelta della IndyCar Schumacher ha aperto un nuovo capitolo della propria carriera, il cui picco sembrava arrivare in F1. Poche gioie, però, per Mick nella massima serie, raggiunta dopo aver completato gradualmente tutti i passaggi necessari nelle categorie propedeutiche. Chiusa senza troppi sorrisi la parentesi Haas, Schumacher è rimasto nel paddock del Circus come pilota di riserva Mercedes, alternando al contempo l’attività nel dietro le quinte del team di Brackley al WEC, categoria in cui ha vestito i colori Alpine. Un impegno, questo, evidentemente insufficiente a soddisfare le necessità di un pilota ancora giovane e convinto di poter fare la differenza come singolo. Quest’anno alcuni colloqui hanno avvicinato Schumacher a Cadillac, come affermato dallo stesso pilota negli ultimi giorni, ma alla fine General Motors ha preso un’altra direzione. Per questo la IndyCar, serie incentrata su ritmi serrati, calendari fitti e molto tempo passato in macchina, è diventata la scelta più logica per uno Schumacher affamato, a caccia di stimoli che potrebbero essere funzionali anche a tutto il Team Rahal, solo sporadicamente vicino ai vertici nelle ultime annate. SCHUMACHER NELLA SCIA DI TANTI PILOTI ARRIVATI DALL’EUROPA I detti comuni hanno sempre associato l’America ad una terra ricca di opportunità anche nel motorsport, ma ci sono stati periodi in cui piloti e addetti ai lavori hanno guardato con scetticismo alle corse a stelle e strisce, Indy500 a parte. Negli ultimi anni, invece, la tendenza è cambiata, la IndyCar ha riacquisito credibilità anche al di fuori degli States e, da Alex Palou in avanti, la lista dei piloti dotati di formazioni europee è via via cresciuta. L’esperienza americana è diretta, priva di filtri, dedicata totalmente alla guida pura. Inoltre, I piloti corrono in piste mozzafiato come Laguna Seca e Road America, alternandole ai cittadini e, soprattutto, agli ovali, Indianapolis in primis. Da non sottovalutare anche il profilo economico: contratti, sponsor e premi assicurano entrate più che buone, garantendo visibilità soprattutto in occasione della 500 Miglia. Non è difficile immaginare, quindi, i motivi per cui Schumacher abbia deciso di accettare la sfida proposta dalle corse oltreoceano, preferendola al progetto ufficiale Alpine. Per l’endurance, poi, c’è tempo, specialmente considerando il probabile interessamento al programma LMDh McLaren, ipoteticamente un’eccellente soluzione per tenere un piede tra IMSA, WEC e, più in generale, nelle ruote coperte. L’EREDITÀ DI MICHAEL A INDIANAPOLIS E LA SCOMMESSA DI MICK Vedere il cognome Schumacher a Indianapolis non può che fare sicuramente effetto. Mick gareggerà nello stesso posto in cui papà Michael ha vinto cinque Gran Premi di Formula 1, tutti con Ferrari, dominando la scena negli anni in cui Indianapolis ha ospitato il GP degli Stati Uniti. Spostandoci sulla 500 Miglia, Michael non ha mai provato particolare interesse nei confronti della mitica corsa da 200 giri, come testimoniato in un’intervista rilasciata all’emittente americana CBS nel 2002, parlando per lo più dei notevoli rischi legati alle altissime velocità raggiunte negli ovali. Rispetto ad allora le monoposto odierne sono più sicure grazie al lavoro svolto da Dallara, fornitore unico del telaio, proteggendo i piloti anche negli scenari più estremi. Alla luce di ciò, Mick non ha accettato compromessi o impegni part-time, affermando che evitare gli ovali sarebbe stato sbagliato, avrebbe minato l’esperienza. La sfida, però, è tutt’altro che facile: Schumacher ha espresso sensazioni positive dopo il test, ma adattarsi in breve tempo alle corse americane non è scontato anche per un ex-F1, specialmente correndo in una squadra non più abituata a lottare per la vittoria. Per convincere il tedesco Rahal ha messo in campo una serie di garanzie, affidandosi a Jay Frye per pianificare il lavoro nel Quartier Generale di Zionsville e in pista. A tal proposito, il team ha già confermato di aver pianificato un test in un ovale - probabilmente Phoenix - per iniziare quel processo di familiarizzazione utile soprattutto in vista del mese di maggio, periodo in cui Schumacher proverà la qualificazione alla 110° Indy500.

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Matteo Pittaccio