Robert Kubica senza freni… Anche a Le Mans

La sua storia iniziò con una macchina di quelle definite 'inguardabili' che di solito erano tipiche nella parte dell’Est dell’Europa quando regnava il Comunismo. E con quella macchina, guidata dal padre Artur, con caricato sul tetto il go-kart, la destinazione era l’Italia. Il nostro Paese per Robert Kubica e suo padre era terra di conquista, ma anche di sacrifici. I kartodromi italiani erano il luogo dove anche con un go-kart, non dei più raffinati, si poteva vincere e sperare in un futuro migliore, anche se la concorrenza non era certo delle più semplici da digerire. I sacrifici per una famiglia che veniva da Cracovia erano immani; significava 'tirare la cinghia', dormire in macchina e mettere da parte qualche soldino per fare le trasferte. Infatti, dopo aver vinto tutto in Polonia, vince anche in Italia e appena quattordicenne si avventura, sempre con il padre Artur e il go-kart sul tetto, in Germania, a Monaco, dove vince la Monaco Kart Cup, primo straniero a farlo. Gli addetti ai lavori iniziano a farsi un’idea su Robert Josef Kubica e lui ci prende gusto. AMICI NEMICI In quel periodo nacque un terzetto di piloti che successivamente caratterizzerà il massimo campionato del Motorsport, ovvero la F1. Robert Kubica, Lewis Hamilton e Nico Rosberg hanno diviso in quel periodo, da ragazzini, stanze di albergo, piste di Go-kart, trasferimenti in macchina e pranzi o cene al ristorante. A dire il vero il più 'ricco' della compagnia era Nico Rosberg, figlio di un campione del Mondo e a lui quasi sempre rimaneva il compito di pagare i conti, anche se malvolentieri. I tre però hanno speso molto tempo assieme in quel periodo e tutti e tre sono rimasti sotto i riflettori fino ad arrivare contemporaneamente in F1. Robert forse è stato quello che ha faticato maggiormente. Tutta la sua carriera è stata decisamente un salto ad ostacoli. Il talento non mancava, come agli altri due d’altra parte, ma il destino ha sempre complicato le cose. NATO PER LE RIVINCITE L’Italia ha dato tanto a Robert, a tal punto che è diventata la sua patria adottiva. Ma soprattutto lo ha aiutato a superare i traumi di un grave incidente automobilistico che ne minò il percorso di crescita. Un suo amico, polacco, fresco patentato, finì fuori strada e al suo fianco c’era un giovane Kubica che si infortunò gravemente al braccio destro. Solo le sapienti cure del dottor Riccardo Ceccarelli, di Formula Medicine, lo riabilitarono alla guida. Fu questa la sua grande prima rivincita. Seguita qualche anno dopo da un terribile e spettacolare incidente durante il GP del Canada del 2007. L’impatto fu devastante anche se Robert rimase illeso, grazie alla cellula di sopravvivenza del cockpit e al collare Hans. L’anno dopo stavamo cenando a casa di amici in comune, i fratelli Boutagy, nella loro cucina a Montreal, quando al televisore apparirono le immagini dell’incidente dell’anno prima. Mancavano due giorni al Gran Premio del Canada e Robert rimase pietrificato dalle immagini: ci confidò di non averle mai volute vedere prima di allora. Il risultato fu sorprendente: vinse il suo primo GP della carriera e fece vincere il primo GP anche alla BMW Sauber. Si può pensare alla forza della voglia di rivincita o… di sopravvivenza. Così come successe qualche anno più tardi, quando Kubica era uno dei pezzi pregiati del campionato del mondo di F1. Su di lui, grazie anche allo sponsor che lo vedeva di buon occhio, ci aveva messo gli occhi niente di meno che la Ferrari. Stavamo correndo a piedi in pista a Singapore, durante la notte, e mi confidò che sarebbe andato il mercoledì successivo al GP a Maranello a ‘fare il sedile’. Me lo raccontò pregandomi di non dirlo per il momento, ma presto mi avrebbe dato l’ok per raccontarlo. E invece il destino si accanì ancora una volta, o forse lo graziò ancora una volta, e a febbraio ebbe un drammatico incidente durante una Ronde del campionato di Rally di Andora , rischiando la vita e infortunandosi ancora al braccio , in questo caso in modo molto più serio. QUANDO LA PASSIONE TI CONSENTE DI SUPERARE TUTTO Un tipo strano, Robert Kubica, ma molto generoso e soprattutto estremamente dinamico. Ha tante passioni nel suo cuore, oltre ad avere un grande cuore molto generoso. Per riabilitarsi dal fatidico incidente che ne distrusse la carriera in F1, si avvicinò alla bici. Lo portai da Pinarello e Fausto, deus ex machina della azienda di Treviso, gli fece una bici su misura. Ci vollero alcune settimane, ma Robert non stava più nella pelle. E quando arrivò la bici, da neofita e con un braccio ancora a mezzo servizio, iniziò a fare tutte le salite possibili ed immaginabili, nei dintorni di Viareggio. Tutte super cronometrate e tutte da affrontare con un braccio non certo al massimo della forza. Una passione che ancora oggi lo tiene vivo e gli consente di rimanere allenato. Così come quella del bowling; abbiamo girato un’intera notte in tutta Tokyo per trovare aperto un centro per giocare. Oppure per la passione del poker, che ci vide condividere il tavolo in tutti gli Hotel del Mondo o in pista nei motorhome, dove ormai era diventato un appuntamento fisso imprescindibile. Anche se era un 'poker light' senza grandi pretese, dove si faceva più che altro della gran baldoria e ci si 'rubava' le fiches a turno cercando di fare i più furbi in assoluto. QUANDO SUL TUO CAMMINO INCONTRI ANCORA CHI NON CREDEVI Occasioni perse e ritrovate, sono queste un po’ le vere chances che hanno rilanciato la carriera di Robert. Se nel 2012 la Ferrari era cosa ormai fatta e poi disfatta, nel 2023 ritorna a farsi spazio l’idea di ingaggiare il polacco per un test nel WEC, proprio con uno dei team di Maranello e Amato Ferrari. Così alla fine si chiude il cerchio e nel 2024 arriva l’annuncio di un Robert Kubica seduto nell’abitacolo di una Hypercar Ferrari 499 giallo Modena. Ci regala un’immagine carica di significati. Il Commendator Enzo Ferrari volle il giallo in segno di riconoscenza alla città, Modena appunto, che diede i natali a questa Scuderia. In realtà pare che il consiglio arrivasse da Fiamma Breschi, vedova di Luigi Musso, pilota Ferrari, solito gareggiare con un vistoso casco giallo. Così apparve per la prima volta nel 1964 in un salone automobilistico a Parigi, la 275 GTB gialla, grazie proprio al suggerimento di Fiamma Breschi . Quindi non avrebbe potuto essere una macchina diversa quella che portava in pista Robert Kubica. Il primo polacco a vincere la 24 Ore di Le Mans, la gara che il Commendator dal vivo non ha mai visto, ma alla quale ambiva da vero appassionato di competizioni automobilistiche. Il primo pilota polacco in F1 e il primo polacco adottato dal nostro Motorsport: Robert Josef Kubica. Il suo giro di rientro ai box, dopo aver tagliato il traguardo con la sua Ferrari gialla a Le Mans deve essere stato un turbinio di emozioni. Lo si vedeva dagli occhi lucidi nascosti dalla visiera del casco e lo si percepiva lungo tutti i 13 chilometri e 6 della Sarthe. Un giro lunghissimo con, possiamo scommetterci, un flusso infinito di ricordi passionali, affievoliti momentaneamente dalla 499 Gialla ferma sul rettilineo, con il campione che nel suo… colorito linguaggio chiedeva a voce alta: “ma dove sono i miei due compagni di squadra?”. Robert che non si smentisce mai e porta nell’olimpo i due giovani compagni Louis Delétraz e Ye Yifei per la storia di questa gara e di questo campione.

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Robert Kubica senza freni… Anche a Le Mans

Biagio Maglienti