NBA, la rinascita dei Philadelphia 76ers
NBADopo tre anni di sconfitte, i Philadelphia 76ers hanno vinto sette delle nove partite disputate nel 2017. Un successo che nasce dalla difesa di squadra, ma ha soprattutto un nome, un cognome e un soprannome: Joel Embiid, "The Process"
Se per le precedenti sei vittorie si poteva parlare di un po’ di fortuna e di scarsa competitività degli avversari (tutti sotto il 50% di vittorie), il settimo successo nelle ultime nove partite dei Philadelphia 76ers porta lo scalpo di una squadra di élite della NBA, quello dei Toronto Raptors secondi nella Eastern Conference. Per di più tenendo quello che prima di ieri sera era il miglior attacco della lega a soli 89 punti segnati e a un rating offensivo di 93.6, interrompendo una striscia di 14 sconfitte consecutive contro i canadesi, che non perdevano con Philadelphia dal 2013. Lo stesso anno in cui Sam Hinkie è stato assunto per dare vita a “The Process”, il lungo percorso di tanking & sconfitte che negli ultimi tre anni ha diviso i tifosi e gli appassionati di NBA in genere, ma che adesso sta finalmente dando i suoi frutti. Principalmente grazie a colui che ha abbracciato il Process a tal punto da farlo diventare il suo soprannome: Joel Embiid.
Embiid da All-Star Game? — Nella vittoria coi Raptors il centro dei Sixers ha raggiunto la decima partita consecutiva sopra quota 20, portandosi solamente a una dal record di franchigia da rookie di un tale di nome Allen Iverson. Per essere un giocatore che ha disputato solamente 29 partite in NBA, la sua maturità e il modo in cui riesce ad avere un impatto positivo sulla squadra ha dell’incredibile. Basti considerare questo dato: con Embiid in campo in questa stagione Philadelphia batte gli avversari di 68 punti totali (+3.5 il net rating su 100 possessi), mentre quando è fuori i Sixers tornano a essere la derelitta squadra delle ultime tre stagioni con un impensabile -292 (-11.7 su 100 possessi). Un impatto da vero e proprio All-Star, di quelle in grado non solo di produrre le proprie cifre sera dopo sera, ma di migliorare i propri compagni, per di più su entrambi i lati del campo. La presenza di Embiid cambia in meglio i Sixers non solo in attacco (+5.8 su 100 possessi), ma soprattutto in difesa, dove sono quasi 10 i punti su 100 possessi concessi in meno agli avversari. Per dirla in un altro modo: con Embiid i Sixers hanno il margine realizzativo di una squadra da 56 vittorie; senza, quello di uno da undici. Un dato ancora più esasperato dalla striscia delle ultime 9 partite: con lui in campo i Sixers sono +18.9, senza -16.7. Come dire: l’intera squadra è effettivamente sulle sue spalle.
Young Shaq — “La cosa spaventosa è che può ancora migliorare in tantissime cose”, ha dichiarato il compagno Gerald Henderson, che ha aggiunto: “Quello che più mi impressiona è la sua continuità pur essendo un rookie. Deve affrontare difensori diversi, e ogni squadra prepara la partita in modo diverso su di lui. Eppure ogni sera ne segna 20 o più. È quello che ti rende un grande realizzatore in questa lega. È come DeRozan - qualsiasi cosa gli tiri addosso, lui ne mette comunque 25”. Anche l’allenatore dei Raptors, Dwane Casey, si è iscritto alla lunga lista di ammiratori del centro camerunense: “È fisico, ha stazza, capacità atletiche, assomiglia al giovane Shaq quando è entrato nella lega. Solo che Shaq non tirava come questo giovanotto”, ha dichiarato prima ancora di vedersene segnare 26 in faccia, tra cui 12 nell’ultimo quarto. “Il suo atletismo e la sua velocità, unite all’abilità di andare dove vuole con il palleggio, lo rendono un’enorme problema su entrambi i lati del campo, perché anche in difesa muove bene i piedi per proteggere il ferro. Eppure è la sua capacità di tirare che mi sorprende di più: il suo range da tre punti e la sua capacità di mixare il tutto con le finte e le penetrazioni è impressionante”.
Il segreto è nella difesa — Il segreto del cambio di marcia del 2017 di Philadelphia sta nella propria metà campo: nelle ultime nove partite, i Sixers vantano la seconda miglior difesa dell’intera NBA con 100.7 punti concessi su 100 possessi (dietro solo ai Pelicans), e per quanto l’attacco continui a stentare (solo 102 realizzati, quart’ultimi), la capacità di fermare gli avversari basta e avanza per vincere alcune partite di regular season. In particolare, i Sixers sono riusciti a proteggere molto bene l’ultimo metro di campo (57% nella “restricted area”, terzo miglior dato della NBA) e il resto del pitturato (36.2%, quarti), confermando che la loro - al di là del record comunque perdente - su base stagionale rimane la decima miglior difesa della lega, e che i problemi sono da ricercare piuttosto nell’attacco, dove anche in questo periodo hanno tirato male (48.8% di percentuale effettiva, il terzo peggior dato della NBA). Il dato positivo però è quello della voglia di passarsi il pallone, perché due canestri su tre segnati da loro provengono da assist - un numero secondo solamente agli imprendibili Golden State Warriors nelle ultime nove partite.
Aspettando Ben Simmons — La buona notizia per i tifosi dei Sixers (che sono tornati ad affollare il Wells Fargo Center, riempito da 17.223 nuovi adepti del Process ieri notte) è che la prima scelta assoluta dell’ultimo Draft Ben Simmons ha iniziato a prendere parte ai primi esercizi 5-contro-5, con la possibilità di scendere in campo dopo l’All-Star Weekend, verso fine febbraio o inizio marzo. La franchigia procederà coi piedi di piombo con il suo ritorno - l’ultimo posto buono per i playoff è distante 5 partite e mezza, ma non avrebbe senso affrettare il suo debutto per dare l’assalto -, ma i tifosi hanno già iniziato a fantasticare sulla coppia formata da Simmons ed Embiid. E, guardando un po’ più in là, anche sulle scelte che arriveranno dalla prossima lottery, almeno due. “Riuscire a vincere partite del genere quando ancora non abbiamo Ben… mi fa pensare che siamo più vicini di quanto la gente creda”, ha dichiarato ieri Embiid. “Non stiamo avendo successo per coincidenza. Siamo competitivi, vinciamo partite e difendiamo bene. Abbiamo trovato quello che cercavamo ad inizio stagione, quando nessuno - compreso me - sapeva cosa potevamo diventare”. Il Process è passato allo stadio successivo?