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NBA, la nuova vita di Bosh: “Mi sento alla grande”

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Il lungo dei Miami Heat è stato ospite in TV, ma non ha dato indicazioni sul suo futuro in NBA: "Mi sto allenando e mi faccio trovare pronto"

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Tra i tanti protagonisti di questa stagione, ce n’è uno che pur avendo un contratto con una franchigia ieri sera si è ritrovato a commentare la NBA in uno studio televisivo insieme ad altri giocatori con un passato nella lega — come se fosse da considerarsi un ex pure lui. Stiamo parlando di Chris Bosh, che è tornato a farsi vedere in pubblico dopo che le visite mediche sostenute a fine settembre avevano impedito il suo ritorno in campo per i Miami Heat. “La mia salute va alla grande” — ha detto il due volte campione NBA al programma “Players Only” su TNT, in cui parteciperà per i prossimo quattro lunedì insieme a Chris Webber, Isiah Thomas e Baron Davis — “mi sento bene, mi alleno ancora e cerco solamente di farmi trovare pronto”. Bosh non ha rivelato se la sua intenzione è ancora quella di tornare in campo, ma ha semplicemente scherzato sul fatto che anche i suoi figli continuano a metterlo sotto pressione per un ritorno sui parquet della NBA.

Un anno senza basket — È passato ormai più di un anno dall’ultima gara di Bosh, risalente al 9 febbraio 2016, prima che in occasione del viaggio verso l’All-Star Game di Toronto (l’undicesimo della sua carriera) si ripresentassero i coaguli di sangue che già avevano chiuso anticipatamente la sua stagione 2014-15. Il lungo degli Heat ha rivelato che la cosa più difficile è stato affrontare mentalmente tutto il processo:“Una delle cose più interessanti e che non mi aspettavo è stata la mia salute mentale. È una cosa che noi atleti dovremmo prendere in considerazione perché siamo fin troppo abituati a una certa routine e a un certo tipo di mondo. Ho dovuto lavorare davvero molto per tornare a sentirmi bene”. Chris Webber, che per la serata fungeva da conduttore del programma senza giornalisti o uomini di tv classici, ha solamente aggiunto che non poteva “neanche immaginare come ci si potesse sentire”, ma nessuno ha avuto il coraggio di chiedere a Bosh quando e se è in previsione un suo rientro in campo — anche se, dalle parole di CB, l’idea non è stata accantonata.

La situazione contrattuale — Proprio il fatto che siano passati più di dodici mesi dalla sua ultima gara permette ai Miami Heat di “cancellare” dal proprio salary cap il suo contratto (i soldi invece rimangono garantiti) e guadagnare così ulteriori 25 milioni di spazio salariale. Non è ancora chiaro quando gli Heat intendano avvalersi di questa possibilità — pare che comunque succederà nel mese di marzo — e soprattutto chi sarà il medico scelto congiuntamente da NBA e associazione giocatori che dovrà decretare se la situazione fisica di Bosh gli impedirà di tornare in campo per il resto della sua carriera. Un verdetto che agli Heat appare chiaro, ma che invece Bosh — almeno inizialmente — aveva respinto ai tempi del test fisico fallito a fine settembre. Se il medico darà il suo parere negativo, Miami potrà avere circa 38 milioni di dollari in spazio salariale da spendere quest’estate, ma se Bosh dovesse tornare in campo e disputare almeno 25 partite con un’altra squadra (anche se al momento non ci sono state indicazioni di franchigie interessate) allora i 52 milioni previsti dal suo contratto per i prossimi due anni tornerebbero a pesare sul monte salari di Miami, mettendoli in una posizione difficile dal punto di vista del cap.

Gli Heat visti da lontano — Quando gli è stato chiesto di commentare la stagione dei suoi compagni, partiti con un record di 11-30 e ora vicini alla zona playoff, il quasi 33enne Bosh non ha avuto altro che parole di elogio: “Sono combattivi. Se c’è una cosa che fanno è prepararsi sempre. Giocano duro ogni singola sera… Il sistema [di Spoelstra] rimane sempre lo stesso, loro lo eseguono e vanno fino in fondo con i loro ragazzi”. Bosh continua ad avere un armadietto nello spogliatoio e ha dichiarato di essere in contatto con alcuni membri della squadra “di tanto in tanto”, ma non si è fatto vedere al campo di allenamento e pare che i rapporti con la franchigia siano limitati ai soli medici, senza parlare con Pat Riley che a fine settembre definì i giorni di Bosh in maglia Heat come “probabilmente finiti”. Viene da chiedersi se sarà lo stesso anche per quelli con le altre 29 franchigie della NBA.