I Clippers per il sesto anno consecutivo hanno salutato troppo presto la corsa al titolo e il mercato promette grandi cambiamenti. Per molti, ma non per coach Doc Rivers: “Peserà sulle loro scelte la legacy che hanno creato qui a Los Angeles, io credo in loro”
La stagione dei Clippers è finita da quattro giorni, ma quella di Doc Rivers sembra essere appena iniziata a guardare la mole di lavoro che lo attende nelle prossime settimane. A Los Angeles infatti sembra si sia giunti al momento dei saluti, dopo anni di tentativi e cavalcate playoff tutte miseramente fallite. Il coach e presidente delle operazioni dei Clippers però, ha altre sensazioni riguardo i possibili addii di Paul e Griffin: “Non posso prevedere quello che succederà. Penso che sia Blake che Chris meritino qualche altra possibilità per provare a vincere. Hanno costruito da zero la legacy di questa franchigia e credo che questo conti molto. Comunque vadano le cose, non cambierò idea: continuerò a credere in loro. Sono il motivo per cui è nato tutto quello che adesso qui ai Clippers viene quasi dato per scontato. Sono ormai legati a questa squadra, a questi colori… Spero che si lascino guidare da questi sentimenti. Ancora è presto per stabilire come andranno a finire le cose, ma spero che loro ragionino tenendone conto”. Sia il numero 3 che il 32 dei losangelini infatti usciranno dal loro contratto a fine giugno, prima di sondare il mercato vagliando concretamente l’ipotesi di cambiare aria dopo i sei anni trascorsi assieme. In quel caso toccherà comunque a Rivers darsi da fare nel suo doppio ruolo per cercare di rimpiazzarli e rilanciare il progetto: “In molti si meravigliano del fatto che io ricopra questo doppio ruolo, senza rendersi conto che ad esempio anche Popovich lo ha fatto per anni a San Antonio. Ho assunto tantissime persone e di molte di quelle faccio ancora fatica a ricordarne il nome. Ho uno staff molto preparato che riesce a darmi una mano sia sotto l’aspetto tecnico che in quello dirigenziale. Nonostante non siamo ancora riusciti a vincere, resto convinto che sia l’assetto migliore per provarci”.
“Un vincente vuole essere l’anima della festa”
I problemi per i losangelini infatti restano sempre gli stessi, incapaci di allungare una rotazione che quando si arriva alle delicate sfide playoff diventa sempre troppo corta. La serie persa contro i Jazz non è altro che l’ennesima dimostrazione di questo assunto: “Abbiamo bisogno di profondità, di un roster più corposo e soprattutto di giocatori in grado di essere efficaci su entrambi i lati del campo - commenta Rivers -. Come al solito, è facile a dirsi e molto più complesso a farsi. Con la nostra situazione attuale, bisognerà fare delle scelte rispetto ai contratti e ai rinnovi, in maniera tale eventualmente da garantirci un po’ di flessibilità”. Parole rivolte a J.J. Redick? Chissà, di certo si prospetta una off-season in cui cambieranno un sacco di cose: “Non sono preoccupato perché per vincere bisogna essere determinati e non essere uno dei tanti. Devi pensare di non voler essere uno che partecipa alla festa, devi puntare a diventarne l’anima. Come ho sempre detto ai miei giocatori, quando fissi molto in alto l’asticella per provare a essere il migliore, spesso succederà che ti ritroverai a dover ingoiare bocconi amari. Glielo dissi quattro anni fa e purtroppo fino a oggi ho sempre avuto ragione. Ma è l’unico modo per provare a diventare vincenti”. L'ex coach dei Celtics quindi si propone un po’ come il Jep Gambardella della NBA, il protagonista de “La grande bellezza” che avere il potere di far fallire le feste mondane a Roma a proprio piacimento. Peccato però che fino ad oggi a banchettare siano stati gli altri quando più contava, senza preoccuparsi dell’assenza dei Clippers.