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NBA, una gara-1 d'altri tempi: Manu Ginobili è davvero immortale

NBA

Aveva iniziato male i playoff. Era tornato ai suoi livelli. Aveva deciso gara-5 contro i Rockets. Ora, alla prima partita di finale di conference, Manu Ginobili si è confermato una volta di  più vero campione di razza. Ma il primo a non essere contento è lui

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Manu Ginobili aveva iniziato i 14esimi playoff della sua carriera come peggio sembrava impossibile fare, almeno in fase realizzativa: 0/15 dopo le prime quattro gare di primo turno contro Memphis, un dato che aveva portato qualcuno a chiedersi quanto e come il 39enne argentino potesse ancora avere un impatto positivo sui suoi Spurs nelle gare più importanti della stagione. La riposta migliore l’ha fornita lo stesso argentino, in gara-5 della serie successiva, contro Houston. Se non è (ovviamente) più l’uomo capace di viaggiare oltre i 20 punti di media nei playoff – come gli è riuscito di fare nel 2005 (sulle 23 partite della cavalcata di San Antonio verso il titolo) ma anche nel 2011 (su solo 5 gare) – Ginobili sa benissimo come rendersi utile in mille altri aspetti del gioco. Può essere la sua capacità di playmaking, la sua semplice quanto naturale leadership o può essere anche una giocata difensiva come uno sfondamento subìto o, appunto, una stoppata. Quella rifilata a James Harden sull’ultimo tiro di gara-5 è diventata immediatamente un highlight della sua carriera, ma al mancino di Bahia Blanca evidentemente non è bastata. 

Una gara-1 da macchina del tempo

Gara-1 contro Golden State, infatti, ha visto tornare nuovamente alla ribalta un Ginobili ancherealizzatore. Era dai 19 punti messi a segno in 28 minuti dalla panchina in gara-5 di finale NBA 2014 contro i Miami Heat (fondamentali nel regalare a San Antonio il quinto anello della storia) che il n°20 nero-argento non segnava così tanto in una gara di postseason. Al termine del primo match contro Golden State, infatti, sul tabellino accanto alla voce Ginobili si legge 17 punti, con un eccellente 7/10 al tiro ma anche 3 recuperi in 26 minuti di gioco, la sua miglior prestazione realizzativa nelle ultime 30 gare di playoff. Eppure, visto il risultato finale, l’argentino è tutt’altro che contento: “Difficile reagire a una sconfitta del genere. Avrei senza dubbio preferito perdere di 20 piuttosto che in questo modo, perché se perdi in maniera netta magari approfitti del fatto che gli avversari si rilassano un po’, compiaciuti di quello che sono stati capaci di fare, mentre tu sfrutti la rabbia e l’umiliazione accumulate. Invece è successo l’esatto contrario”, le sue parole a caldo. Al danno della sconfitta, poi, ecco aggiungersi anche la beffa dell’infortunio alla caviglia di Kawhi Leonard: “Come non bastasse abbiamo perso il nostro giocatore migliore – fa notare infatti Ginobili – che già era in campo su una caviglia un po’ malconcia. Difficile vedere qualcosa di positivo, dopo questa gara-1 – anche se a un certo punto eravamo sopra di 20 e passa punti. Il finale è quello che conta”.

La schiacciata di Ginobili

Di positivo, in casa Spurs, c’è la certezza di poter anche per quest’anno contare sull’ex giocatore di Reggio Calabria e Bologna, che soprattutto in un intervallo di due minuti sul finire del terzo quarto ha letteralmente preso in mano la partita. Per lui in 90 secondi circa sono arrivati due canestri, un recupero e uno sfondamento subìto su Durant che sembravano davvero aver riportato indietro le lancette dell’orologio, ai tempi in cui l’argentino era solito decidere in prima persona le sorti di una partita. Non ce l’ha fatta in gara-1, ma ha impreziosito una prestazione già notevole anche con una schiacciata sul finale di partita che – dopo quella messa a segno contro i Rockets in gara-5 – eguaglia il numero delle evoluzioni sopra al ferro messe a segno in tutta la stagione regolare. Manu Ginobili è tornato – ha scritto qualcuno – ma in realtà “El Contusion” non se n’era mai andato. Semplicemente perché Manu Ginobili è (o almeno sembra essere) immortale.