"Sono sorpreso", ammette il n°23 di Cleveland alla notizia di non essere tra i tre finalisti al premio di MVP. Ma se il diretto interessato la prende con filosofia, i suoi compagni e coach Lue hanno qualcosa in più da ridire...
E così, prima del via di gara-2 – una partita che LeBron James chiude non a caso facendo registrare il plus/minus più alto della sua carriera (stagione regolare o playoff) – arriva la notizia: il n°23 dei Cavs non è nella lista dei tre finalisti comunicata dalla lega per il premio di MVP 2017. A giocarsela saranno James Harden, Russell Westbrook e Kawhi Leonard. La sua risposta James l’affida innanzitutto al campo, con l’ennesima prestazione-monstre (30 punti, 7 assist, 4 rimbalzi, 4 recuperi, 3 stoppate) ma ovviamente non può bastare, perché nel post-partita tutti vogliono sapere sentire cos’ha da dire il diretto interessato riguardo all’esclusione: “Non me l’aspettavo – ammette – ma alla fine della fiera che cosa ci posso fare? Il mio compito è quello di essere l’MVP per la mia squadra ogni volta che scendo in campo, sera dopo sera, per mettere questa franchigia nella miglior posizione possibile per vincere il titolo”. Come se in fondo a lui queste cose neppure interessino: “Io so quello che sono in grado di fare ogni sera. La lega lo sa. Queste discussioni spettano a voi giornalisti, io non me ne devo preoccupare”. Una reazione matura, misurata, di classe, di un uomo impegnato a raggiungere un obiettivo ben più importante di un premio individuale peraltro già vinto 4 volte in carriera. Nello spogliatoio di Cleveland, però, ovviamente la notizia fa parlare e a difesa del proprio leader si alza infatti un coro di repliche tra il divertito, l’offeso e il sorpreso, a partire dalla scrollata di spalle incredula con cui Tyronn Lue accoglie la notizia. “E chi sono i tre finalisti?”, si informa. “Beh, quando giocatori come James Harden, Russell Westbrook e Kawhi Leonard hanno stagioni incredibili come quelle di cui si sono resi protagonisti è anche giusto dargli credito: ogni tanto è necessario dare il premio a qualcuno di diverso. Per me oggi LeBron è come Shaq qualche anno fa: il premio di MVP potrebbe tranquillamente essere suo ogni singola stagione”.
Cosa ne pensano i compagni di squadra
Un po’ più colorite le reazioni dei compagni di squadra, a partire da quelle di Tristan Thompson: “Qualcuno non sta bene, qui”, il primo commento a caldo, condiviso immediatamente da J.R. Smith: “Davvero, la gente sta male. Ognuno può avere la propria opinione, ci mancherebbe, ma davvero non vedo come si possa escluderlo dai primi tre. Ok se magari non lo vince, ma neppure sul podio? Pazzesco, ma va bene uguale. Anzi, mi piace che sia così, un’altra motivazione a nostro favore. Quello che ispira LeBron sono sfide di tutt’altro peso: sta inseguendo un fantasma [quello di Michael Jordan, come dichiarato dallo stesso James, ndr] e quel tipo di paragone è l’unica cosa che può veramente stimolarlo. Sta giocando davvero a un altro livello, con estrema fiducia in ogni aspetto del suo gioco, quasi fosse un’entità sovrannaturale: abbiamo bisogno di questo giocatore, se vogliamo vincere”. E vincere è proprio l’obiettivo su cui punta gli occhi anche lo scudiero storico del n°23, James Jones: “LeBron non sarà definito dal numero di MVP che finirà per vincere o da altri premi individuali. Per lui quel che conta il successo dei suoi compagni, l’unica cosa che davvero gli interessa”.